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lunedì 30 novembre 2009

L'altra lingua dei libri in Calabria

Un linguaggio diverso emerge, timidamente, come già in “Italian Sud-Est” e poi in “Baarìa”, sotto la cappa ambrosiana (giustizialista, leghista, berlusconiana, morattiana) che l’Italia omologa al preteso genere international dell’amorfismo. Col recupero occasionale del voi, tanto più socievole del lei, il rito del caffè, la conversazione come esplorazione (l’ignoranza temperata dalla curiosità), il tempo lento. E soprattutto con l’ironia che da sempre, da Swift, s’inocula nel rifiutato. Anche, purtroppo, con la filosofia, che in provincia è il primo passo verso la misantropia – di cui Reggio Calabria ha esempi illustri, dalla “Chanson d'Aspremont” a Diego Vitrioli. Questo “Odore dei libri” vuol essere molte cose, ma alla fine è un “libro della città”, di una città del Sud, al volgere del millennio.
È il libro di un libraio. Non sui libri, sulla libreria. Attraverso i libri certo, e i clienti affezionati. Materia della narrazione sono i personaggi dei libri, le trame, di più quelle “segrete”, la piccola vita di una libreria. Una “letteraturizzazione della vita”, che l’ironia però alleggerisce e anima, con le illustrazioni “infantili” di Alice Caccamo, e situa dentro le cose. Fulminante l’apertura, il sogno del cane Pallino di Bulgakov, “Cuore di cane”, con le “Uova fatali” della rivoluzione, da cui escono mostri. Una o due riletture sono prolisse. “La metamorfosi” è una, che pure rivede con Kafka i fatti reali della vita, quelli che accadono comunque, la malattia, la separazione. Ma più spesso i libri rivivono con brio, con gusto, gli “Antenati” di Calvino, il Mattia Pascal ovviamente, l’Ivan Il’ic tolstojano, il Dostoevskij delle “Notti Bianche”. Dove emerge incognito il personaggio più sorprendente, tanto è dimenticato: Schiller, lo scrittore delle tragedie - “Schiller aveva rovinato la gioventù dell’epoca preparandola all’anarchia”. O col passeggiatore Robert Walser, ma per entrare nel mondo e non per prepararsi a uscirne, per la buona ragione, s’impenna il narratore, che “mio padre mi ha lasciato in eredità dei pensieri” - una chiusa che Flaiano o Campanile avrebbero invidiato.
Un apologo. Divertito, sotto le allucinazioni di superficie. Divertente. È un classico. Canetti immagina Kien, il suo bibliomane, ascoltare i libri parlare fra loro di notte. Roversi pure, in una recente intervista, il poeta-librario bolognese oggi quasi novantenne: E cosa vuole che facciano i libri di notte? Immagini la biblioteca dell'Archiginnasio, in inverno, gelo e neve fuori, buio dentro, i libri disposti in ordine bizzarro, per altezza e dimensione, magari si trovano fianco a fianco due volumi incompatibili, si parlano, litigano, si sfidano a duello... Poi, la mattina, quando torna il bibliotecario, tutto è di nuovo in ordine”. Caccamo li distare parlandoci.
Il libraio apre la mattina inchinandosi ai libri, grandi maestri. Li odora. E ci parla, sdoppiandosi in varie persone: il Sognatore, il Maestro scultore, lo psichiatra Savio Gentile. Con il quale, nella malattia, muta l’animo – il narratore dice l’anima. Si costruisce in breve multiplo, con la stessa acribia filologica di Pessoa – il suo più proprio alter ego, anche nell’esistenza minima, quotidiana, ma uno scrittore col quale invece paradossalmente non dialoga. Uscendo indenne dalla sua stessa figura camaleontesca, che s’immagina tormentosa per un negoziante che l’occhio del cliente vuole confuso col negozio, ed è rischiosa per il lettore del suo libro. Forse perché dotato di forte, incontenibile, capacità aforistica – benché pericolosa: “In una società iniqua un innocente non ha speranza”, è “uno scandalo, un pericolo e un crimine”.
Sregolato, “L’odore dei libri” è del genere disusato della satyra, che raggruppa e trapassa i generi, narrazione dell’esistente più che di una storia. È un libro anche risarcitorio, si sente, un “libro degli amici” familiare. Caccamo è il libraio di Culture, la libreria di Reggio Calabria, dove “la gente non entra in libreria”. Dietro la villa Genoese Zerbi, che ospita le mostre della città, cui migliaia di persone si affollano. Ma più che dalla disattenzione minacciato dall’acedia, provinciale, meridionale, sottile, invadente, che finisce nel rifiuto della città e del mondo, tanto forte quanto lo è – lo è stato – il disegno adolescenziale - solitario – di conquistare il mondo, tutto, subito. E tuttavia il libro è sempre vivo. La storia visionaria scorre naturale, più Savinio che Kafka, nel senso della lievità e dell’apparente inconguità dell’approccio: la storia che si propone ai limiti dell’assurdo e invece si scioglie nel verosimile e perfino nell’ordinario. È lo scarto che origina qui l’umorismo.
Caccamo, “libraio di Reggio Calabria”, ha pubblicato in autoedizione il libro più promettente e, con poco editing, forse più riuscito del 2008.
Vincenzo Caccamo, L’odore dei libri, Libreria Culture, pp.145, € 18

1 commento:

Unknown ha detto...

Gentile professore Leuzzi

Una recensione splendida che ha illuminato questa giornata.
La ringrazio di cuore per come ha sviscerato il libro. Spero di poterne parlare con Lei di persona per evidenziare un punto su cui ci tengo moltissimo: che è quella Bibbia, sulla quale Elio si addormenta. Per adesso, la saluto cordialmente.
Vincenzo Caccamo