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martedì 17 luglio 2012

Il mondo com'è - 102

astolfo

Capitale - Il suo meccanismo è forse impensabile per essere semplice: accumulare spendendo. Creare ricchezza dissipandola. Già dal tempo di Crasso e i pubblicani. I quali erano capaci, dalla Spagna alla Licia, quando arrivava l’imperatore, di erigergli un tempio, un teatro, una biblioteca, un ginnasio, un arco di trionfo. Veri, di pietra e marmo e non di cartapesta. Ben più cari di una Carnegie Hall, che poi è un investimento e non un monumento. Facendo tutti contenti, l’imperatore, i cavatori, i sacerdoti nei templi e le vestali, nonché i costruttori edili. E questo per le virtù moltiplicative del denaro, che non è il nummus e non è l’oro o l’argento del conio, né il biglietto di banca, il certificato del governatore dell’istituto d’emissione, ma un principio attivo. Che la penuria rende produttiva, di reddito e ingegno applicato, di tecniche, salute, piaceri.
Per il resto si scimmiotta la religione del capitale: Lafargue, il genero ozioso di Marx, il Tirteo francese Rouget de Lisle, il conte Saint-Simon. Che Büchner trovò all’osteria a Strasburgo, accanto al Duomo, in testa un berretto rosso, al collo una sciarpa di cashemere, in giubba corta tedesca e pantaloni aderenti, sul panciotto un Rousseau ricamato. Non il conte, un suo seguace: i sansimonisti, avendo avuto nel conte il père, spiega Büchner ai suoi, erano alla ricerca della mère, nella forma più generica di femme, e per essa s’addobbavano. Anche nella femme, luogo laico, c’è una forte origine del capitale.

Federico il Grande 3 - Fece della Prussia il centro della Germania, il cuore del Volkstum, una terra che è per un quarto polacca, un quarto calvinista francese, un quarto calvinista di Salisburgo, e per il resto anche un po’ russa. Federico II fu a lungo indeciso se fare della Prussia, e quindi della sua Germania, un paese di lingua francese. Berlino è città solo per metà tedesca. Anche Berlino per metà è francese: Federico Guglielmo rimpolpò con cinquemila ugonotti di Francia, dono dell’improvvido Luigi XIV, i diecimila berlinesi. La Slesia divenne tedesca solo nel 1741, alla prima di una serie di fortunate battaglie, vinte quando credeva di averle perse, che fece Grande Federico di Prussia.
L’erede del Re Sergente, quello che educava i figli a calci e frustate, raddoppiò l’eredità del padre, che pure era stato avidissimo, nella prima delle sue tante guerre contro Maria Teresa, odiata per essere donna oltre che padrona di vasti territori. Maria Teresa aspettava il terzo dei suoi sedici figli, che sarà Giuseppe II – alla “Resel” piaceva farlo, in armonia col detto della casa,“Tu, Felix Austria, nube”, che invita al coniugio, e pure al marito evidentemente, Francesco di Lorena duca di Toscana, non altrimenti noto. Come tutto, anche la Germania è nelle origini, là dove un codice genetico o mentale si forma. Benché Federico sia stato a un passo dal francesizzare la Prussia, e quindi la Germania, pur in battaglia perpetua con la Francia, tanto disprezzava i tedeschi.
Il Re Sergente Federico Guglielmo, che gli storici illude con la teoria della sovranità al servizio dei sudditi, era un mangione con un girovita d’un paio di metri, un violento e un avaro. Acquistava a prezzo vile le terre dei suoi nobili, e il poco che a loro magnanimo lasciava se lo riprendeva a rate con le imposte di consumo. I suoi esattori erano anche giudici. Fece pagare tasse sulla selvaggina e il taglio della legna. A ogni nascita pretendeva un regalo. Ma non lasciò molto al figlio Federico, che non riuscirà a pagare la collezione di pittura dal padre ordinata per mettersi alla pari con le corti europee, 225 quadri. Glieli rilevò, al momento di saldare il conto, Caterina di Anhalt-Zerbst, una principessa vecchia Germania, intelligente, spiritosa, divenuta nel frattempo, per migliorare la razza, zarina a San Pietroburgo, dove già aveva creato una Biblioteca Russa, ricca dei manoscritti ben pagati di Diderot e Voltaire.

L’eredità del creatore della Germania era insomma avvelenata anche dove appariva vantaggiosa. Solo i reggimenti contavano, anche di statura normale, e l’addestramento formale, l’andare su e giù in caserma all’unisono, l’obbedienza per l’obbedienza. Una volta la regina, rimasta incinta senza che nessuno per mesi la guardasse, figliò sola, assistita da una cameriera. Il re si fece convincere dai cortigiani che essa, a quarant’anni, e dopo sei o sette parti, l’avesse tradito. Di Federico, primogenito maschio, che la sorella maggiore Guglielmina, poi margravia di Bayreuth, ricorda ragazzo lieto e intraprendente, completò l’addestramento decretando l’impiccagione del suo migliore amico e imponendogliene lo spettacolo. A Wust una cripta lo ricorda, nei pressi di Stendal.
Ricorda Hans Hermann Katte, figlio di un bravo generale, stirpe di militari, compagno di Federico in una fuga sfortunata dalla casa-caserma paterna. Terzo nella fuga era un giovane di nome Keith, già sposato, genero della baronessa Kniphausen. La baronessa, la vedova più ricca di Berlino, sarà ricattata da Federico Guglielmo con l’accusa d’avere avuto un figlio al primo anno di vedovanza: per evitare lo scandalo dovrà pagargli trentamila sterline, un debito che la rovinerà. Ritrovati i fuggitivi, il re tentò di strangolare il figlio, sull’esempio di Ivan il Terribile, ma un generale glielo impedì. Non si privò però di prendere a calci Gugliemina, che la madre protesse, ma un’abrasione le restò indelebile sotto la mammella sinistra - Voltaire ebbe l’onore di vederla. Federico fu rinchiuso nel castello di Küstrin, tra le paludi, per sei mesi, dopodiché dovette assistere alla decapitazione di Katte. La corte militare aveva deciso l’ergastolo, ma il re lo volle morto. Federico aveva diciott’anni, Katte ventisei.

The Kings”, dirà Stendhal, “loro se ne fottono”. Ma la Germania è nata da un corpo sterile, si può capire l’urgenza di migliorare la razza. Oltre che imbolsita alla vanga sui campi, o in città gonfia di birra, col triplo mento, carica di ori tintinnanti come le vedove ebree, la razza imperiale è nata tarata dai calci.
Federico II fu anche il primo purtroppo, prima di Hölderlin. A inventarsi per la Prussia una genealogia greca. Ma quando Maupertuis volle selezionare una razza nella quale intelligenza e rettitudine fossero ereditarie, Federico glielo impedì, non finanziando il progetto del presidente della sua Accademia delle scienze.
Federico di Prussia sarà stato grande pure in questo, che, invitato ad ascoltare una cantante tedesca, rispose che preferiva il nitrito del cavallo – il gran re ebbe orecchio assoluto e ideò apprezzati strumenti, il dottor Burney ne vide uno a Venezia, donato al conte Torre e Taxi, “simile a un grande clavicembalo”, che suonava come clavicembalo, arpa, liuto e fortepiano.

Feudalesimo – Condannava l’avidità e garantiva dalla paura, che saranno la molla del mercato. In questo senso è antimoderno (antiproduttivo), ma non antisociale. Se non in quanto, nel ristagno, non riduceva la povertà. Il misto di povertà, ingiustizia e rapina con cui si caratterizza la parola è invece da connettere al più recente fedecommesso, per cui larghe estensioni e comunità passavano di mano tra proprietari , usualmente banchieri, remoti e assenti – come “collaterali”.

Intellettuali - La rivoluzione di De Maistre è, nei disegni della Provvidenza, un vaccino contro gli eccessi. Manzoni, ottimo storico, non indulge alle antifrasi, ma condivide col conte il richiamo al peccato originale. È un fatto: l’uomo è in peccato.
Gli intellettuali italiani riflettono questa dicotomia. Hanno il culto di Stendhal, della curiosità cioè, e della libertà, del randagismo perfino. Ma Manzoni li ossessiona, il micragnoso gioco al massacro di tutti contro tutti dell’uomo lasciato a se stesso – non c’è il sacro nei “Promessi Sposi”, come in Italia, con tante giaculatorie. E anche la società è combattuta, non sa liberarsi dalla trappola innescata dal Grande Pessimista. Governa a volta a volta chi seduce gli istinti peggiori. Con effetto cumulativo che si avvita a spirale: la borghesia virtuosa s’incarognisce sempre più. L’esito non può essere, a lume di logica, una rivoluzione antiborghese. Una rivoluzione è l’irruzione di uomini e leggi diverse e contrarie a quelle al potere. Ma questa borghesia si nega. Né la rivoluzione è immaginabile quale sostituzione dei furbi, se questi sono la totalità della popolazione.
Ci sarà quindi sempre un’Italia intraprendente e illiberale.

Scienza - È l’attività nella si perpetrano le peggiori infamie, l’assassinio escluso: trucchi, menzogne, rivalità, sopraffazioni, gerarchismo. Nelle università, nei centri di ricerca, nei gruppi d specializzazione, nelle pubblicazioni specializzate. Minime (a fini minimi: una promozione, una citazione, un grant) ma perciò più turpi: lo scienziato si danna per niente.

I retroscena delle candidature ai Nobel sono infinitamente più tortuosi per i fisici e i medici che per i letterati. Ma anche in passato la scienza era squallidamente competitiva, ai tempi di Newton, di Copernico, e chissà di Talete.

astolfo@antiit.eu

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