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mercoledì 18 luglio 2012

Il giudice stregone

La questione è semplice: il presidente della Repubblica non può essere intercettato, se non in eccezionali circostanze, scritte nella Costituzione. Ma la Procura di Palermo non lo ha intercettato. Ha solo raccolto alcune sue parole durante una telefonata con Mancino, che invece è intercettato: ”L’addetto coglieva anche la voce del Presidente interlocutore…”. L’“addetto” non sa che telefona il Quirinale, e all’improvviso sente una voce nota. Così l’insigne giurista. Il quale poi assicura che nulla della telefonata è stato reso pubblico. Non gli viene in mente che dare la notizia dell’intercettazione è già un “avviso di reato”. E che questa notizia solo la Procura di Palermo può averla data.
Cupio dissolvi non raro in Italia, ma con questo avvocato-professore-scrittore di una speciale natura. Mancino è ex ministro dell’Interno, ex presidente del Senato, e ex vice-presidente del Csm. Cordero non si chiede con chi altro un presidente della Repubblica può parlare. D’altra parte, Cordero non è nessuno. È lui che ha ispirato “Il Caimano” a Nanni Moretti. E ha in genere due pagine su “Repubblica”, articoli di sedici-venti cartelle a botta. Prolisse e arzigogolate, ma si vede che piace – “Repubblica” ha licenziato gli altri ottantenni, pure di gran lustro, Citati, Arbasino, Turani.
Il nome incute terrore, per via di quel “Gli osservanti”, sul diritto nato dalla nevrosi e la morte, con cui irruppe sulla scena nel 1970, facendosi licenziare dalla Cattolica dove, da buon praticante, insegnava. E anche l’aspetto s’immagina come i suoi revenants. Mentre è un ottantaquattrenne ben conservato. Ma sempre arzigogolato. E minaccioso. Così dev’essere apparso a Maria Antonietta Calabrò, la quale, intervistandolo per il “Correre della sera” sulle intercettazioni di Napolitano, non può esimersi dal suo linguaggio. Oscuro, e quindi minaccioso: “Nefas”, “il conversante da Monte Cavallo”, “definire tabù le parole dell’altro è gesto esclamativo d’esiguo valore dialettico”. Dopo essersi esercitato nell’“ermeneutica” di “norme (che) dicono l’opposto a lettori informati ed equanimi”,di norme cioè chiarissime – e allora che bisogno c’è di ermeneutica? Puro bullismo, da bello-e-buono della Repubblica, ma Cordero in questo non è solo, e non vale parlarne. È puro Settecento: quest’uomo si vuole un esorcizzatore ma è chiaramente afflitto dalla sindrome stregonesca che l’autore del manuale di Procedura Penale delle nostre università si supporrebbe combattere.

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