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domenica 7 ottobre 2012

Secondi pensieri - 118

zeulig

Bellezza – Non c’è nel cristianesimo, nota Simone Weil con preoccupazione: “Si può dire che la bellezza del mondo è pressoché assente dalla tradizione cristiana, e ciò è strano. La causa di questo è difficile da capire. Si tratta di una lacuna terribile” (“Formes de l’amour implicite de Dieu”). La bellezza è del mondo, mentre alcune religiosità si vogliono non di questo mondo. Lo è malgrado il caso e la violenza che al mondo attentano costanti. Si potrebbe perciò identificarla con Dio. Ma allora bisognerebbe dire di queste religiosità che non sono divine.

Ermeneutica – È sempre alla seconda potenza: ermeneutica di ermeneutiche. Un esercizio allo specchio doppio, normalmente, interminabile. Si apprezza per il grado di sorpresa che introduce. Che può essere ingrediente costituivo della verità – la scoperta. Se non è tutta la verità, un esercizio di scoperta.

Imperialismo - Il vezzo è dei germanici, gli scandinavi in particolare e gli americani, cioè i più ricchi di tutti. Che terrorizzano il mondo con le loro crisi periodiche, la droga, l’alcol, l’obesità, il buco nell’ozono, e gli ogm, o gli anti-ogm. Si salvano la coscienza con problemi che loro stessi creano, le mine antiuomo, il colesterolo, l’iperconsumo, l’eugenetica, e anche questi ributtano sul resto del mondo. Sempre i ricchi si sono lamentati, ma ora esagerano. È ruttare sul mondo la sazietà, non c’è povertà nichilista.
L’imperialismo vero resta dell’Occidente sull’Occidente, una guerricciola endemica interna, magari per scongiuri. Gli altri non sono abbastanza ricchi da stimolare l’avidità. Ecco perché l’antimperialismo è brutto. Se è qualcosa, dovrebbe essere la libertà. Non può dare più case, più strade, più ospedali, più scuole, perché è meno ricco dell’imperialismo. Può e dovrebbe dare onestà e rispetto degli altri, della legge.

Ci sono dei criteri: non ci può essere antimperialismo contro antimperialismo. Né socialismo contro socialismo: hanno ragione quelli che, scampati alle forche del comunismo, a Cuba o in Cina, restano comunisti, c’è un solo comunismo. È diverso per le vie nazionali, lo era, eurocomunista, latina, lusitana, africana, afroshirazi, animista, panaraba, confuciana … Basta la parola, direbbe la pubblicità, socialismo come un abito, un profumo. Il senso del Terzo mondo è un platonico terzo regno di Frege: un mondo di petizioni di principio, per salvare l’anima nostra, non gli africani - Frege, barba bianca, modi semplici, non era preso sul serio a Iena nel 1917 all’università. L’Occidente, volendogli dare una colpa, ha prevenuto la decolonizzazione catturando gli animi: li ha sintonizzati sul possesso, furberia, sopruso, avidità, prima che sull’alcol, la cocaina e l’aids, e li gestisce con la crisi. L’Occidente è furbo, per questo Ulisse è popolare. Ma nessun indio, nessun africano, nessun arabo, nessun asiatico ha bisogno di lezioni in questo campo.

Multiculturalismo - Gli Usa ne sanno di più, essendo un crogiolo. E sono già al “Mumbo Jumbo”, il romanzo fusion di Ishmael Reed, ogni vigilia elettorale lo conferma. Un altro mondo, in cui i vecchi democratici, da Socrate a Marx, figureranno comparse, se figureranno, disadattate. In un paese effettivamente democratico, non al modo dei filosofi.

La democrazia è numero, che non necessita filosofia né storia. Sono forme di oppressione, l’insegnamento lo è, la cultura che s’impara. Dio stregone è la sovversione massima, come non averci pensato: tutto s’imbordellisce. Nel nome della democrazia. Presto, perché l’America va di corsa. La sigaretta americana si fuma lenta, il virginia è pressato, o mai abbastanza secco, per esercitare forse la mandibola, o ingurgitare tutta la nicotina, quando fa la storia l’America invece va di corsa.
Erano ben americani i nerissimi Du Bois, Garvey, Scott Joplin, Wright, Baldwin, al tempo della segregazione. “Henri” Heine salutò nell’assimilazione “il biglietto d’ingresso nella cultura europea”. Senghor rifece la scoperta che la civiltà è meticciato. I goti e gli altri presero Roma per avidamente cristianizzarsi. I sassoni devono ai franchi di Carlo Magno, che li batterono per battezzarli, se sono quello che sono – Carlo è Magno per aver latinizzato i franchi.

L’identità, se interiorizzata, implode. Per un fatto fisico. Anche di fisica sociale, nella tribù di Colin Turnbull, nei clan endogamici. Il meticciato di Senghor, o multiculturalismo, è ovviamente più produttivo, poiché s’impara qualcosa. S’impara pure guardando indietro, alla storia e la tradizione. Anche perché non si è se non si è stati. Sir Richard Turnbull, uno degli ultimi governatori di Aden, trovò che l’impero aveva di britannico solo il fuck off, o vaffanculo, e il football. Non il cricket, che è invece propriamente imperiale, giocandosi su tre, quattro, cinque giorni, e questo porta al quesito: è il cricket più inglese o più orientale, corfiota, indiano? O non saranno gli inglesi indiani sbiaditi, infrolliti?

Realismo – Sherlock Holmes avrebbe campeggiato nel dibattito, il critico (interprete-filosofo) come detective, che fiuta (intuisce, deduce, analizza) gli indizi, sfuggenti e tuttavia presenti. Di fatti alla fine incontrovertibili. Seppure non serializzabili – la sorpresa fa parte della realtà, la novità.
Gli indizi Sherlock Holmes propone alla maniera della mula del Berni, la quale sollevava sassi per inciamparvi. Per una conferma cioè della capacità di giudizio. E tuttavia sassi veri, non di comodo.
La filosofia che Holmes paziente espone al dotto Watson è centrata sul piano ontologico: esistono delle cose indipendentemente dal pensiero? Sherlock Holmes si sforza di circoscriverle, ma da Sisifo cosciente. E sul piano epistemologico: esistono verità inconoscibili? La verità è una battaglia per (contro) la verità, è il diletto-tormento del detective. Il suo “paradigma indiziario” è assiomatico e non paradigmatico: è un lavoro in progress, che si definisce (smentisce, conferma, aggiorna) a ogni prova.

Verità – Si cerca. La ricerca è il suo fondamento, la scoperta i suoi contenuti. Che è sempre un esito di cui si sono disposti i presupposti, sia pure combinandoli a sorpresa – variamente, innovativamente, casualmente.

zeulig@antiit.eu

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