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lunedì 25 marzo 2013

La verità di Gadamer

Una rilettura oggi affascinante, in quanto espone l’equivoco in cui l’ermeneutica è stata indotta da letture affrettate nell’ultimo quarto del Novecento. Che Gadamer stesso sembra temere poiché se ne difende anticipatamente, precisando qui i limiti (la specificità) dell’ermeneutica. Un equivoco che ha dell’incredibile. Se non, forse, per un bisogno di verità alla caduta dell’ideologia più che per una lettura affrettata di Gadamer – un bisogno di appigli per un cultura che nell’ideologia si era sciolta (e non sa uscirne). Paradossale.
Il paradosso sembra peraltro legato a questa stagione dell’ermeneutica. Ci si richiama infatti, secondo la formulazione che Hans Robert Jauss a lungo ha elaborato venticinque anni fa (“Esperienza estetica ed ermeneutica”), “a Gadamer contro Gadamer”. Per ristabilire la “verità”.
L’ermeneutica riporta alla Bibbia e al diritto, a un’immagine casuistica, cioè, o poetica (ma più spesso è teologica, quindi essa pure casuistica). Prima e dopo Gadamer, che per i molti ha impersonato una sorta di verità materiale, seppure casuale – un incontro sul marciapiedi. Lo stesso Gadamer da ultimo fu costretto a difendersi senza perifrasi: il terzo degli scritti qui collazionati, “Dalla parola al concetto”, ha come sottotitolo “I compiti di un’ermeneutica filosofica”.
Il primo saggio è la voce “Ermeneutica” dell’Enciclopedia Treccani, 1977, ritradotta da Stefano Marino, che cura l’antologia. Il secondo, “Che cos’è la verità”, eco pilatesca e heideggeriana, ritradotto anch’esso, era uscito nella “Rivista di filosofia” nel 1956. Sull’alétheia come verità verità (non velamento o svelamento, senso letterale del termine) da tempo oggetto della grecità teutonica: già Humboldt, che la traccia fin da Omero, la proponeva come non-dissimulazione - da qui l’“autentico” di Heidegger, il “non falsificato”. È qui Gadamer sembra difendersi in anticipo dall’equivoco, anche se i suoi titoli, incluso “Verità e metodo”, il più celebre, sono fuorvianti. In particolare, in questo secondo saggio, di fronte alla pretesa tecno scientifica, cinquanta-sessant’anni fa, del cammino risolutivo, poi concluso nell’irresolutezza: “Ciò che noi chiamiamo scienza, science, sono scienze sperimentali… e le scienze sperimentali non possono rappresentare in alcun modo  un sapere assoluto”.
Marino gliene dà atto nella prefazione. Ciò di cui si tratta è la capacità, che Gadamer aveva, di leggere alcune storie-autori-opere, e alcune tradizioni, alla luce della storicità delle interpretazioni, e del sostrato linguistico delle esperienze – tutto il contrario della verità-verità.
Completa la raccolta un’intervista con Jean Grondin, sul tema della verità di “Verità e metodo” - “l’essere che può venire compreso è linguaggio”.
Hans-Georg Gadamer, Che cos’è la verità, Rubbettino, pp. 258 €10

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