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domenica 3 novembre 2013

Il mondo com'è (151)

astolfo

Contratti matrimoniali – Già consueti, dispersi nei due secoli dell’amore romantico, ritornano col mercato e la globalizzazione. L’amore lascia i sensi per tornare al contratto. O è delectatio di nuovo genere, il piacere vuole novità. Potrebbe essere la copula a distanza che Alice Stockham un secolo fa inventò chiamandola karezza, compitando male l’italiano, a orgasmo sospeso: gli amanti si uniscono, spiega la dottoressa, quinta donna medico americana, “leggendo insieme e immergendosi nella meditazione che innalza lo spirito, ponendo il corpo in seconda linea”, e anzi lasciandosi quando l’uomo sente montare l’eiaculazione. Mettendo a frutto quel genio di Paracelso: “Un uomo adirato non è adirato solo nella testa o nei pugni, ma dappertutto; una persona che a-ma non ama solo con l'occhio, ma con tutto il suo essere; in breve, tutti gli organi del corpo, e il corpo stesso, sono forme di stati mentali”.

Facebook - È il libro d’oro contemporaneo, delle genealogie – che forzatamente nobilitano? Anche qui bisogna spendere.

Femminismo - È preoccupante, ma è impossibile non andare d’accordo con Camille Paglia. Che fa i conti con mezzo femminismo – quello dell’identità-non identità, del sesso come “discorso” – in questi termini (in un’intervista con Alessandra Farkas su “Lettura” di oggi), beninteso da lesbica: “Non è un caso se non ci sono mai stai tanti uomini gay come oggi… Se è vero che alla nascita siamo tutti bisessuali, in questa cultura è molto meglio essere gay”. Non la gaytudine in sé, dunque, ma quella maschile, di uomini confrontarti col “canone femminista”.:
Con Judith Butler, “era una mia mediocre studentessa al Bennington College”, Paglia ha sicuramente torto. La teoria butleriana del sesso come discorso era uno sviluppo inevitabile. Ma che ne avrebbe detto Foucault?

Internet - Ha ancora una faccia amichevole, disinteressata. Ma la pubblicità l’assedia. Era inevitabile: la rete non si può dire nata per questo, ma ogni spazio aperto è subito occupato. Da chi ha e sa vendere per primo.

Islam – E se fosse una religione femminista? Sotto il maschilismo, anche protervo, della legge e della pratica sociale: un mondo sottomesso alla donna che non nomina - come Dio. È indubbio che le donne ci hanno rimesso con le primavere arabe, come già col khomeinismo. Nei diritti legali e nella pratica sociale e politica. E tuttavia ne sono la grande difesa. 

S’identifica, “da sempre”, con l’area di più costante radicale instabilità. In tutte le società che conforma, dal Senegal all’Indonesia. Ma ne è l’unica forza, l’unica forza residua. E l’unico collante, l’unico residuo, malgrado l’instabilità che fomenta.
Si può quindi vederlo, politicamente, come un’infezione, da cui le società contagiate non si riprendono. Oppure come l’unica consolazione di quella popolazioni. Di cui si può pensare che vivano l’islam come l’ultimo – unico – orizzonte. Di rabbia, se non di riscatto e di liberazione.
Ma è anche indubbio, e costante, anche se in forme oggi molto modernizzate, sofisticate, per esempio nella feudalissima penisola arabica, un assetto reazionaria che esso impone, o in suo nome si impone, in tutto il mondo che all’islam si ispira.
Ciò si è detto a suo titolo di merito, di religione acefala, seppure ancorata a una dottrina e a un cerimoniale. Non sacerdotale. Ma questo non è il caso della repubblica islamica dell’Iran molto rigidamente gerarchizzata. Come lo era quella talebana del mullah Omar.
Non resta che il vecchio “discorso” del fatalismo. Ma non è detto che sia sbagliato – coloniale, etnocentrico.

La Cattedrale era un riferimento centrale a Algeri ancora negli anni Settanta, oggi è come se non esistesse: l’islam si chiude su se stesso. Malgrado l’emigrazione di massa, l’espansione in Africa e il terrorismo, l’islam non è un’invasione che minaccia ma un’implosione. L’incapacità di gestire la politica di massa all’era dell’informazione. L’incapacità di adeguarsi alla globalizzazione, unica area al mondo. L’incapacità naturalmente di elaborare e proporre suoi propri modelli, in qualsiasi campo: non c’è un’area di eccellenza per la quale il mondo debba fare ricorso all’islam. Ha il petrolio e il gas, ma sono risorse naturali, la cui gestione riesce meglio fuori dal perimetro islamico, in Russia e perfino in Canada.

Metternich – Sarà lo statista di cui meno si capisce la grandezza. Anche recente, solo cinquant’anni fa Kissinger lo celebrava come l’artefice dell’equilibrio europeo, e quindi della pace, per cinquant’anni. Come se fosse interesse dell’Austria avere una Francia sempre potente, anche dopo la sconfitta della Rivoluzione e di Napoleone.
È solo un reazionario. Non dei più avveduti. Ancora nel 1847 diceva l’Italia “un’espressione geografica”, anzi letteraria. E si apprestava a lasciare il suo grande impero asservito alla Germania di Bismarck, e anzi fagocitato.

Multiculturalismo – Londra si celebra per un illuminato multiculturalismo. Ma un ragazzo italiano è stato bastonato a Londra da una “ronda islamica”: beveva una birra in strada.
Il multiculturalismo c’è sempre stato nella storia, ha usato chiamarlo per qualche decennio meticciato culturale. E non sempre governato dall’alto, dalla “Graecia capta” al cristianesimo levantino. Ha degenerato come imposizione (assimilazione) nel colonialismo. E nell’eurocentrismo borghese di fine Ottocento, peraltro suicidario, gravido di violenza. Ora si conforma come sadomasochismo, in un gioco non lieve di sacrificio-vendetta. Che c’entra l’islam con la birra?   

Russia – Fu cristianizzata nel 989. Mille anni dopo cadde il Muro di Berlino: una nuova cristianizzazione?

astolfo@antiit.eu

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