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mercoledì 14 maggio 2014

Il mondo com'è (173)

astolfo

Egemonia – La carta da visita di Gramsci rischia di appiattirlo là dove, tra Londra e gli Usa, e in Francia, è diventato riferimento comune, giornalistico. A Parigi un dossier di venti pagine del “Magazine Littéraire” ne fa la diga contro il “populismo”, con insistenza, ripetutamente, contro il populismo “di destra e di sinistra”, senza mai avvedersi che l’egemonia culturale è ora della rivolta antiliberale. Non illiberale: è la rivolta delle vittime del “mercatone”, che sono i più.
C’è stata, c’è, la recessione del secolo, la peggiore crisi che si ricordi, anche peggio del 1929, ma  i curiali del rito egemonico non se ne rendono conto.

Esilio –È, seppure non volendo, l’incubatore di ogni nazionalismo: un senso di deprivazione. Edward W. Said, “The Mind of Winter”, dice il rapporto della stessa natura della dialettica hegeliana tra servo e padrone, degli “opposti che si formano e si costituiscono l’un l’altro”. Ma tutti i nazionalismi nascono come reazione a una forma – reale o solo sentita – di deprivazione: dal passato, dal territorio, dall’etnia, dalla lingua, oggi dalla mentalità.


Femminismo – C’è già tutto nei Vangeli, in effetti. Il problema residuo è fare Cristo donna – ma forse non interessa: è uno che si sacrifica.
 
Giornalista – Come investigatore non dà fiducia. È “viveur, superuomo, professionista incorruttibile, ma non detective”, secondo una breve indagine di “Inpgi Comunicazione”, il periodico della previdenza dei giornalisti. Anche se “incorruttibile” sembra esagerato. Su ottantadue giallisti che hanno utilizzato un detective per una produzione seriale, a partire dal Dupin di Poe, 1841, fino al Blomkvist di Stieg Larsson, 2007, solo due lo hanno fatto giornalista, Larsson e Leroux, quello del “Fantasma dell’opera”.  

Guerra mondiale – Se ne celebra il centenario con velature nostalgiche: fu la “guerra di troia” dell’Europa. Di tutti combattenti (di massa), di tutti morti, vinti e vincitori, di distruzioni ilimitate.
L’Italia l’ha combattuta per Trento e Trieste, con un sacrifico, in vite umane e in materiali, probabilmente non minore delle potenze che invece si combattevano per l’egemonia continentale, su tutta l’Europa. Si fanno le guerre per molti motivi. La stessa guerra può essere combattuta dai belligeranti per motivazioni diverse. Così la prima guerra mondiale. Che forse fu voluta dal kaiser per bucare l’“accerchiamento”, a suo modo i vedere, della Gran Bretagna con la flotta. Oppure – ma meno persuasivamente - al contrario: la guerra la Gran Bretagna combatté volentieri per prevenire  la potenza tedesca sui mari. Resta il fatto che fu la Germania ad occupare la Francia e non viceversa: aveva dei piani in tal senso e li ha messi in opera. Insomma, si discute – seppure non ci siano molti bianchi da riempire. Dell’Italia invece no: si sa che combatté la guerra per irredentismo, per riportare nei confini città e luoghi di lingua e storia italiane. Per questo spendendo tante vite quante probabilmente andarono perse nella gara per la potenza continentale tra Germania, Francia e Gran Bretagna.
Il fatto appare abnorme oggi che l’unità del paese non è più un gran bene, ma lo era anche prima.

Indocibility – Anglicismo, si dice, ma ineducabilità ne rende pieno il senso. L’amathia greca, l’impossibilità di imparare. È caratteriale naturalmente (individuale), ma anche etnica e storica: ci sono popolazioni più o meno refrattarie a imparare, e il fenomeno varia con le epoche.

Italiano – La mamma, la pastasciutta, la pennichella, l’espresso, il cappuccino, il catenaccio in campo (primo: non prenderle), il pane a tavola, la frutta a tavola, il contatto fisico (la fisicità), l’amore dei bambini, la libertà (il rispetto) dei bambini, la cura di sé, la casa, la famiglia, la moderazione del bere, il bere buono (il buon bicchiere), l’estetismo, l’università, la pedagogia, l’alimentazione, il modo di vita, la sociopsicologia fanno trendy l’Italia nel mondo. Anche la corruzione, è molto imitata. Non in Italia, però, non per i media italiani, che si danno il compito di demolire il paese. E anzi lamentano che non si pieghi, che si attaccia a questi “passatismi”. Tutti moderni nei media italiani: fanno vacanza ne resort, mangiano vegano, e nelle pause del jogging guardano il monto con l’occhiale virtuale.
L’unico bene italiano per i media è il sistema giudiziario, dai Carabinieri alla Cassazione. Che è anche l’unica cosa italiana che non trova estimatori.

LibertàNegli Usa, che ne sono la patria, è possibile acquistare liberamente un mitra a ogni angolo di strada. Ma fumare no, neppure una sola sigaretta.

Pugnalata alla schiena - Nelle celebrazioni della Grande Guerra ricorre – in omaggio alla rinnovata egemonia tedesca? – la vecchia teoria che la Germania non perse la guerra sul campo di battaglia ma sul “fronte” interno, politico, sindacale. La teoria, già ampiamente squalificata, dei reduci e dei mestatori che prepararono Hitler, della “pugnalata alla schiena”. Le protesta ci furono, ma in altre occasioni erano state represse senza conseguenze. Quelle del novembre 1918 andarono a effetto perché lo Stato Maggiore tedesco era già da mesi per l’armistizio, se non per la resa, non avendo più la capacità di vincere la guerra.
Gli Usa in Vietnam si sono arresi al fronte interno o ai Vietcong? La guerra del Vietnam fu contestata fin dal primo minuto sul fronte interno. Con diserzioni di massa – uno dei disertori fu il futuro presidente Clinton. E tuttavia la guerra durò dodici anni. Kissinger si risolse a ritirarsi nel 1973, avviando negoziati a Ginevra, perché, come lo Stato Maggiore tedesco, aveva concluso, lui con tutti i generaloni americani, che la guerra gli Usa non potevano vincerla.

Rete – È una rete, giusto il nome, una veronica invisibile stesa davanti alle frogi eccitate di pesci e pesciolini, benché in forma umana. Yahoo promette “la foto di Rihanna nuda che Instagram ha censurato”, e invece la mostra vestita. E forse voleva solo fare pubblicità a Instagram. Che è concorrente di Facebook. Dove tutte le foto sono ritoccate o false. La rete è, giusto il nome, una gigantesco trappolone, per quanto lasco, oceanico, dove prendere tutti i pesciolini. Ignari anche se non innocenti – basta leggere le sciocchezze di cui riempiono le “nuvolette” che il gestore apre per loro, per vendere loro qualcosa.
Perché alla rete viene dato credito? Perché è il veicolo più sopraffino di pubblicità, dichiarata e occulta. Ma perché le viene dato credito politico? Per la depressione, che porta all’isolamento, e quindi al frazionamento dell’informazione, all’atomizzazione sociale.
Obama ha la rete con sé, come ce l’aveva prima, ma adesso non funziona, e allora? O si pensa che Grillo prenda tanti voti per il suo blog, e non per quello che dice, accuse e promesse? In politica la rete è un diversivo, il mezzo resta sempre il messaggio – “il mezzo è il messaggio” di McLuhan é vero in realtà all’inverso, un “mezzo” senza un messaggio valido (utile, tempestivo, stimolatore, solleticatore… ) è inerte.
Occupa il privato, e lo oblitera, sotto la pretese di moltiplicarlo e affrancarlo. In realtà assottiglia l’individuo, lavorandolo  carezzevolmente, di cui elimina il riserbo, la sfera personale, e ogni altra difesa – la sensibilità, l’idealità, gli affetti perfino.

astolfo@antiit.eu

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