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domenica 18 ottobre 2015

Dio torna misericordioso

Papa Francesco è “un conservatore”, non “un sovversivo”, e uno dell’“incontro” in un mondo che affetta lo scontro. Ma è “un conservatore intelligente, che sa, proprio come Giovanni XXIII, che si può conservare l’eredità della tradizione solo comprendendola, non come moneta morta che passa di mano in mano fino a essere consumata, o come un bel pezzo da museo, conservato sotto vetro”. Il cardinale Kasper, presidente emerito del Consiglio per l’unità dei cristiani, tedesco di Svevia, ha giudizio certo. Anche se il cammino intrapreso dal papa argentino il suo interlocutore laico, il vaticanista Raffaele Luise, bergogliano professo, dice “complesso e, a dispetto di quanto appare, non immediatamente decodificabile”. Se proprio si vuole parlare di rivoluzione, aggiunge il cardinale, autore di “Misericordia”, il testo di cui il papa ha fatto il suo programma nel primo “Angelus” dopo l’elezione, tema che reitera pubblicando contemporaneamente a questa lunga intervista una “Sfida della misericordia”, “la sua è la rivoluzione della misericordia, una rivoluzione della rivoluzione”.
Di che stiamo parlando in questo tanto parlare del giubileo della misericordia? Con linguaggio spedito, normale e non curiale, non da giaculatoria, sia esso del cardinale oppure di Luise, il teologo forse più vicino al papa ne spiega il senso. Come di una doppia rivoluzione, accompagnandosi la misericordia al decentramento, alla chiesa sinodale – pastorale, locale. Lo stesso Kasper Luise definisce, oltre che “l’ispiratore del tema della misericordia che è il fulcro dell’intero magistero di Bergoglio”, anche o di conseguenza l’“ispiratore di quel percorso sinodale sulla famiglia che è il banco di prova dell’intero pontificato”. Con uno snodo decisivo in questi giorni. Percorso sinodale e non ex cathedra, d’autorità.
La chiesa sinodale Luise dice  “La rivoluzione più grande a cui ha messo mano in questi due anni il papa riformatore”. Con la misericordia fa di più: “Sta cercando di riportare il cristianesimo alla sua sorgente originaria, riaprendo nell’età secolare la questione di Dio”. La misericordia Kasper dice al centro dell’Antico e del Nuovo Testamento. Una centralità consacrata da Tommaso d‘Aquino, “genio teologico”, e ripresa da Giovanni XXIII e dai suoi successori. Non “la benevolenza a buon mercato”, Kasper ammonisce, “la misericordia non è buonismo”, anzi “confondere misericordia con buonismo è non aver capito niente. Il buonismo è ingenuo, menrre la misericordia vede e riconosce i problemi”. La misericordia “è la rachamim, deriva da rachem, il nome ebraico per utero” – è fonte di vita, sperare con Dio per gli uomini. Un affidamento che il Vangelo ha proposto con la parabola del Buon Samaritano.
Sembra semplice, ne parla anche Camus – la giustizia può essere crudele senza il perdono -  ma la misericordia va oltre il perdono, insiste il cardinale. È un modo di vivere. È tolleranza, ma è anche di più. È generosità, ma è di più. È “un altro volto di Dio” – un altro Dio. Non più colui che giudica e condanna, “una visione piuttosto veterotestamentaria”. Che il cardinale vede confluire in Nietzsche: “Il dio geloso, cattivo e pericoloso di Nietzsche, considerato spesso come il precursore del postmodernismo, che lo accusa di conculcare la libertà dell’uomo e di opprimerlo al punto da sottrargli la felicità”.
Un libro rivoluzionario, senza proclami né eccessi, anche se di una rivoluzione più che altro interiore. Sotto forma purtroppo di intervistona a ruota libera, che scandita invece per temi avrebbe riposato e facilitato la lettura. Con molti rimandi lasciati in sospeso, a Panikar, Dupuis, Teilhard de Chardin, Foucauld. Ma è la spiegazione più serena e chiara di cosa sta succedendo a Roma in queste settimane, sotto il susseguirsi quotidiano di moniti e esortazioni papali, A fine mese sono attese le conclusioni del sinodo, che forse si sottovaluta. “Un piccolo concilio”, lo dice Luise, lungo ormai diciotto mesi, “su un tema di etica sessuale” – su più temi di etica sessuale. Aprendo il quale, un anno fa,  papa Francesco ha spiegato, quasi sprezzante, che Dio non è il Dio della legge ma “delle sorprese”. Ammonendo i vescovi a non frustarne i disegni, ad aprirsi ai “segni dei tempi”. E questo è controvertibile. Kasper stesso lo dice: “La tentazione di essere subalterna ai tempi esiste sempre per la Chiesa”.,  
Kasper è rispettoso della gerarchia pontificia. Ma è quello del “teorema Kasper”, divisato dai suoi oppositori non senza fondamento: di un nuovo approccio, pastorale se non dottrinale, alla famiglia e alla sessualità. Che il papa ha fatto suo come “conversione pastorale”. Si devono a lui frasi poi famose: “La Chiesa non è un reperto fossile”, e “la Chiesa non è un museo”. Luise, vaticanista molto colto, in dottrina e in storia della chiesa, lo stimola su temi sempre rilevanti. Il papa va più in là. In linea “con un’ecclesiologia particolare”, dice Kasper, quella della «teologia del popolo» argentina”. Rielaborata, col contributo dello stesso Bergoglio, a partire dalla “teologia della liberazione” latinoamericana - e poi adottata dal populismo neo peronista. Consacrata a Roma nell’incontro con i Movimenti Popolari del mondo, poi ripetuto in Bolivia..
Kasper non si stanca di ripetere che Francesco è un gesuita, che si muove “nella spiritualità ignaziana”, della volontà che tutto muove. Per esempio nella politica? Luise richiama “il volto severo del papa durante l’udienza al presidente Obama”, dopo aver lungamente argomentato con Kasper che il papa non vuole immischiarsi nella politica - il papa che ha la sua da dire ogni giorno su tutto. O nella collegialità, l’ordinamento decentrato che il papa vuole per la chiesa? I cardinali però esclusi, ai quali per gli auguri di Natale ha diagnosticato almeno quindici malattie, tutte gravi e anche insultanti.
L’ottantaduenne  cardinale sa che “la Chiesa costantiniana è stata sconfitta dalla società postsecolare e dallo Stato laico”. Ma non ha ricette, confida in un ossimoro: “La forza della Chiesa si mostra nella sua debolezza”. Nella prudenza: “Il fondamento di tutte le virtù è la prudenza, - diceva già  Tommaso d’Aquino”. Il lettore lasciando alla “metafora del poliedro”, anch’essa del papa. Il cardinale s’è informato sulle proprietà di questa figura che non conosceva, e ora, dice, “ho capito la bellezza della metafora”. Il cui senso è: mettere “in crisi la razionalità cartesiana”. 
C’è da stare allegri? Il poliedro significa che il papa non vuole “omologare e spegnere le diversità delle culture e delle religioni”. Anzi: “Sa che tutto non si può collocare in un sistema perfetto, perché questo non corrisponde alla creazione come Dio l’ha sognata né al peccato che ha creato caos né alla pluriformità dei carismi dello Spirito”. Salvo abolire la Chiesa Uniate, la chiesa greco-cattolica. In Europa orientale, così come nel Medio Oriente e in Africa, queste chiese locali e insieme latine, chiosa Kasper, “nate nel Cinquecento”, creano “molti problemi” al dialogo. Niente biodiversità, qui, da proteggere, solo accortezza politica. Con uno Spirito Santo, che questo papato sempre invoca, molto vicino al caos, benché peccaminoso. Lo stesso “dialogo” non si capisce alla fine se debba accettare le diversità culturali oppure sopprimerle: un “autentico dialogo”, chiede Luise, “non consiste nella purificazione delle diverse fedi dalle incrostazioni storico-etniche?”, e il cardinale risponde “sì, è urgente liberare Dio dalle gabbie culturali”. Lo “Spiritus” tanto citato “ubi vult spirat”, come voleva l’evangelista Giovanni?
Walter Kasper, Raffaele Luise, Testimone della misericordia, Garzanti, pp. 175 € 14

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