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mercoledì 21 ottobre 2015

Il mondo com'è (235)

astolfo

Guerra – La fa chi si difende, argomenta Clausewitz, “Della guerra”, al libro VII, “Della difesa”, cap. 7. E alla fine del ragionamento non  è così bizzarro come sembra.
Si combatte meglio in difesa, aveva detto al libro IV, sulle “Forme della guerra”: “L’invincibilità sta nella difesa. La vulnerabilità sta nell’attacco. Se ti difendi sei più forte, se attacchi sei più debole”.
Al libro VI spiega il paradosso: “Finché l’attaccante non sa nulla dei piani dell’avversario, non ha motivo di agire, di applicare i suoi mezzi militari. Se li può portare dietro, cioè prendere possesso con le sue forze armate”, invece che con funzionari e proclami. Ma “spostare un apparato di guerra non è usarlo… Fin qui (l’attaccante) non ha commesso, propriamente parlando, un atto di guerra. Mentre il difensore che insieme mobilita il suo apparato bellico, e ordina di combattere, è il primo a esercitare un atto che realmente risponde al concetto di guerra”. L’invasione non è un atto di guerra?

Liberazione – Fu anche un teologia, sancita cinquant’anni fa in America Latina nel quadro della guerra fredda – ora fatta propria dalla Chiesa di Roma  col papa Francesco. Elaborata principalmente da Leonardo Boff, Camilo Torres, Gustavo Gutierrez, con Hélder Cámara, arcivescovo di Recife in Brasile,  e l’argentino Lucio Gera – uno dei maestri di papa Bergoglio. L’atto di nascita si pone nella conferenza tenutasi nel 1964 all’università teologica francescana di  Petropolis in Brasile, che riuniva la chiesa latinoamericana (Celam, consiglio episcopale latinoamericano). La consacrazione nella conferenza Celam di Medellìn in Colombia, nel 1968. Il termine teologia della liberazione sarà coniato dal peruviano Gutierrez nel 1973, col saggio dal titolo “Storia, politica e salvezza di una teologia della Liberazione”. La riflessione era cresciuta in opposizione alle dittature latinoamericane degli anni 1960, una deriva bonapartista patrocinata dagli Stati Uniti dopo l’avvento di Castro a Cuba e il tentativo fallito di rovesciarlo. A margine del Concilio Vaticano II. Durante il quale mons. Cámara promosse, con la gran parte dei vescovi e teologi latinoamericani presenti a Roma, il “Patto delle catacombe”: un impegno per i ceti sociali più emarginati.
Gera ne elaborerà in Argentina una forma non politicizzata, non connessa alla divisione dei mondi e alla guerra fredda. Come forma invece storica, tradizionale, della cultura popolare. Di recupero di essa e di piena assunzione nell’esercizio pastorale della religione.
In chiave più religiosa, la teologia della liberazione produsse il fenomeno ancora vivo delle comunità di base. Specialmente in America Latina: in Brasile se ne registrarono circa centomila. In chiave politica si illustrò in Nicaragua, dove le comunità cattoliche e molta parte del clero presero le armi contro la dittatura di Somoza. Due sacerdoti, Ernesto Cardenal e Miguel D’Escoto faranno parte del governo sandinista dopo il rovesciamento di Somoza. Cardenal se ne allontanerà nel 1994, non condividendo le misure autoritarie dell’allora, e tuttora, presidente Daniel Ortega. D’Escoto ha continuato l’impegno politico ed è stato spretato – ora ha scritto al papa la revoca della sospensione a divinis per poter “celebrare la comunione prima di morire”, e Francesco lo ha perdonato.

Pio XII – “Molto stimato in Germania”, lo dice il cardinale tedesco Kasper nel libro-intervista con Raffaele Luise, “Testimone della misericordia”. Si spiega che con papa Ratzinger la contestata causa di beatificazione abbia ripreso a marciare. In Germania ha anche servito da capro espiatorio nella questione della Colpa, col “Vicario” di Hochhuth.
Il dramma di Hochhuth, revanscista, in Italia fu assunto cinquant’anni fa a manifesto della sinistra anticlericale e comunista, Pio XII essendo nel frattempo passato nella schiera atlantista. Stalin dava al papa la colpa della guerra, e i comunisti ci credevano. Roger Vailland, lo scrittore del maquis, della Resistenza in Francia,  si fece a Roma nel ‘50 una vacanza per scrivere un libro sull’aggressione del papa alla pace, che il Partito in Francia gli aveva commissionato, su commissione del Cominform, l’organizzazione sovietica dei apriti comunisti nel mondo.
Papa Pacelli era tedescofono: era cresciuto con padre Lais, un prete sassone. E presto era stato  nunzio in Germania ovunque, in Baviera nella prima guerra, Baden, Prussia, Weimar. In una Germania reduce dalla guerra di religione imposta da Bismarck contro i cattolici. Ma un papa cui era apparsa la Madonna. Che nella prima enciclica chiese ai dittatori di “riportare lo Stato al servizio della società”. Dice: fece il concordato con Hitler. Ma ne era specialista: Serbia nel ‘14, Baviera ‘24, Prussia ‘29, Baden ‘32, Austria ‘32, Jugoslavia ‘35. Da segretario di Stato irrise Hitler in visita a Roma. Quando lo fecero papa, Hitler si arrabbiò, i suoi giornali lo scrissero. Pure Goebbels aveva commissionato un libro contro Pacelli, poi promosso porta a porta. Da segretario di Stato di Pio XI redasse l’enciclica antinazi Mit brennender Sorge, con angoscia cocente. E quando Hitler scese in Italia nel 1938, per fare “l’incontro della Storia” (Heidgger), lo fece ritirare a Castelgandolfo per non riceverlo, barrò i Musei vaticani e a Firenze Santa Croce, protestò contro le croci uncinate a Roma: è “fuori posto nel giorno della Santa Croce”, fece scrivere all’ “Osservatore Romano”, lo sventolio “di un’altra croce che non è la croce di Cristo”, una “profanazione”, contro cui il giornale invitava a “pregare, pregare, pregare”. In Baviera e Renania, quando si votava, Hitler non arrivò al quindici per cento, fu il Nord protestante a votarlo in massa: Ruhr, Prussia, Sassonia.
Pio XII temeva i comunisti, è vero: il 19 aprile ’19 fu preso in ostaggio dagli spartachisti nella legazione, pistola al petto. 
Hochhuth, amico e estimatore dello storico negazionista David Irving, poi scrisse un altro dramma, “Soldati”, in cui spiega che la colpa della guerra è di Churchill. Prima e durante – i bombardamenti a tappeto. Per lui l’Olocausto non c’è stato, e anche i campi sono inventati. Nel 1966, al tempo del “Vicario”, fu vezzeggiato pure da molti storici ebrei. E da Jaspers, il filosofo, che il problema della Colpa sentiva in modo acuto. Ha poi fatto lo sceneggiatore anche per registi impegnati, Andrzej Wajda e Costa-Gavras.

Riforma – Fu il fallimento di Lutero, Che voleva la riforma della chiesa e finì per creare una religione nazionale, anzi un modesto cesaropapismo, locale. Con la violòenza per di più.
Il cinquecentenario che si prepara non è per questo trionfalistico. Residua il vanto della cosiddetta “etica protestante”, che si rispecchia col “mercato”, col capitalismo.
Solo metà della metà non cattolica dei due miliardi duecento milioni di cristiani nel mondo è protestante. Anzi meno, 4-500 milioni, compresi gli anglicani - se i pentecostali sono 5-600 milioni, il cristianesimo dei poveri tra vudù e samba.

Roma – Ricorda e celebra le nefandezze. Non ne ha, comprese quelle del Vaticano, più di un’altra grande città, con molta storia, ma solo ricorda quelle: non ha un’altra storia, quelle  classiche comprese, di Arturo Graf e dei tanti tedeschi, Gregorovius in testa. È una città di bellezze uniche, naturali, storiche, artistiche, ed è la capitale della cristianità. Città per questo unica al mondo, potendo a questa funzione assommare quella di città più grande l’Italia, città capitale, turistica, commerciale, industriale, scientifica, burocratica, politica. Chiunque altro ci avrebbe costruito sopra potenza e splendori, Roma ci ambienta lo squallore. 
Anche della chiesa parla solo delle nefandezze. Non della miniera di intelligenze che accumula a Roma, teologi, filosofi, storici, latinisti, etc.. O della capacità di fare, soprattutto opere d’arte e del pensiero. Senza però essere una città perversa. È poco o niente sessuata, malgrado il gran parlare che ne fa – la “dolce vita” è un mito, ciò che non c’è. È perfino poco drogata, benché sia la città anche del cinema e dello spettacolo, il mondo che vi indulge. Non è nemmeno infelice, o triste – non drammatizza. Ma parla solo di porcate. Dei papi ora non più ma per secoli non c’è sordidezza clericale di cui non si sia compiaciuta. Come di ogni politico, dacché, è quasi un secolo e mezzo, è la capitale politica: non ce n’è no che non abbia sporcato – a parte, forse, DeGaseri (anche di Einaudi si parlava male).

Turchia – Ora che la Germania vuole la Turchia dentro l’Unione Europea e quindi la Turchia sarà in Europa (la Turchia sì, la Russia no), dopo averla rifiutata per anni e fino a dieci giorni fa, bisogna riconoscere che l’Europa era in antico “turca”. Per la guerra di Troia e per altre storie che si trascurano.
L’Italia indirettamente lo riconosceva già mezzo secolo fa, con l’Italia turrita nei francobollini al risparmio. Che si figurava con la corona di Artemide Efesia, la frigia Cibele, quella dei sacerdoti evirati, e di altre terribili amazzoni anatoliche, Sofia, Europa, Atena, Temis, Afrodite, Diana, la madre dell’Abisso - non del Grand Hotel di Lukàcs, che in realtà è di F. T.Marinetti, ma della gnosi -, Leto, Silene, Gaia, la Potnia Heren, madre di Euter, Demetra, Isis, Moira, Medea, Achamot. Di Euter, che ricorre nell’Iliade, 470, niente si sa: l’edizione Einaudi la dice, dopo uno sterminato catalogo di faticose elucubrazioni, “signora delle bestie”.

astolfo@antiit.eu

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