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giovedì 22 ottobre 2015

Secondi pensieri - 236

zeulig

Culto – I luoghi di culto per chi non crede si moltiplicano, in Europa (Inghilterra, Francia, Belgio, Germania, Irlanda), negli Usa, in Africa, in Asia. Costruzioni anche imponenti, che richiedono un’organizzazione: per la raccolta dei fondi, la committenza, il mantenimento. Senza contare in Brasile e altrove in America Latina il revival dei culti stregoneschi – in proporzione inversa all’abbandono degli stessi in Africa. Con riti, anche formalizzati. È il desiderio di una messa? Di un culto di gruppo. Senza chiesa. Senza Dio?

Deserto – A fine 1973, sull’euforia del boom del greggio, triplicato di prezzo nella guerra del petrolio e la guerra del Kippur, i Nahyan di Abu Dhabi progettarono grattacieli e centri direzionali  per un’economia che non c’era, avendo confusamente percepito, da sedentarizzati recenti, che la fabbrica della ricchezza è la rendita urbana. Una idea poi reolicata in multipli nelle sabbie della penisola arabica, Dubai, Qatar, Arabia Saudita, Oman.
L’idea di una rendita sul deserto è perfino filosofica. Il deserto ha esaurito il tempo, è lo spazio senza tempo. Talvolta senza ricordi, che comunque ha abraso, qualsiasi traccia di costruzione o altre storie. Alimenta la religione, coi profeti e i santi, ma non ne ha colpa: è rasserenante, malgrado la mancanza di punti di riferimento: alla fine della giornata, nella quale non c’è nulla da fare, non c’è senso di colpa. E ora ha l’economia-non economia più ricca della terra.

Morte - L’“amor-te” è neologismo del protagonista occulto del nuovo romanzo di Magris, “Non luogo a procedere”. Che “la morte non esiste, spiegava, è solo un invertitore, una macchina che rovescia semplicemente la vita come un guanto, ma basta far scorrere il tempo in senso inverso e si recupera tutto”. Come nel “Libro dei morti” egiziano: “Ciò che è ricordato vive”.

Multipolarismo – È stato politico, poi anche culturale, e ora è teologico.
È la dottrina politica, o “ordine mondiale”, che Henry Kissinger ha proposto quarant’anni fa in un documento del suo Dipartimento di Stato, dopo la prima “guerra del petrolio” e la sua personale apertura a Pechino, nel cruciale 1973. Un concetto all’origine in effetti tedesco, che Kissinger potrebbe aver mediato da Romano Guardini alla sua prima opera, “La contraddizione”: il mondo consiste di molteplici polarità, di cui è impossibile la sintesi o sistematizzazione che Hegel voleva. La realtà è multipolare.
Il concetto è ora fatto proprio dalla chiesa cattolica, che vuole essa stessa adeguarsi a uno “scenario multipolare”: con le diverse culture e religioni, col pensiero tecnicoscientifico, con le culture anche più ostili – il fondamentalismo islamico, l’ateismo – e anche con diverse etiche.

L’elaborazione del concetto al dipartimento di Stato coronava l’esperienza di Kissinger consigliere di Nixon, dal 1968. Il dottor Kissinger, ancora consigliere segreto del presidente Nixon, perseguiva l’equilibrio delle forze, anche attraverso il mantenimento o la creazione di punti di forza all’interno dello schieramento avversario. È preferibile controllare il nemico dal di dentro, era suo principio. Meno furbo del “Gattopardo” (“Per il Re, certo, ma per quale Re? Se non ci siamo anche noi quelli ti combinano la repubblica”) e anzi onesto, cioè dichiarato, in saggi, libri, conferenze - il “dottor Kissinger” era “il Moralista” di Sordi, preciso, più che “il dottor Stranamore” di Kubrik e Peter Sellers. Ma sul presupposto che, se l’equilibrio è una strategia di pace, ci vogliono guerre per arrivarci.
Politicamente, il multipolarismo di Kissinger sostitutiva, anche se non formalmente, l’atlantismo - l’arroccamento dell’Occidente su se stesso – e prendeva atto del ruolo non più da protagonista dell’Europa. Il mondo era multipolare già in “1984”, il romanzo o distopia di Orwell, diviso in tre, Oceania, Eurasia, Asia Est – l’Oceania era la Nato. La storia si lega alla nemesi, insegnava il giovane Kissinger storico della Restaurazione, a una sorta di polizia mondiale. Il multipolarismo di Kissinger è in parte l’equilibrio delle potenze, della cui elaborazione ha fatto – e continua a fare – perno il congresso di Vienna di Metternich. Ma di più è quello di Carl Schmitt, delle proiezioni regionali di un centro unico.
L’impero Usa è tutto in Schmitt, su cui Kissinger teneva seminari nei primi anni Cinquanta, uscito appena il filosofo ex captivitate. Ignorandolo poi nella pubblicistica, anche nell’ultimo “Ordine mondiale”, dove preferisce il modello viennese, l’equilibrio delle potenze.

Il multipolarismo è diventato la dottrina del paese che ignora la geografia. Continentale e insulare. È il caso di un’idea che diventa politica e strategia. Elaborata e imposta solo con la forza delle idee.

Normalizzazione – Si fa ora attraverso la poesia. Attraverso il chiacchiericcio della rete, ma in particolare attraverso l’arte del verso: la poesia si può dire il veicolo della “normalizzazione”. Era un fatto intimo, che per definizione sfuggiva alla “normalizzazione dovuta alla logica razionale”, argomenta Peter Trawny nell’ultimo saggio, “Irrnisfuge: Heideggers Anarchie (fröliche Wissenschaft)”, su commissione dell’editrice francese Sylvie Crossman, che lo pubblica col titolo “La liberté d’errer, avec Heidegger”. Oggi invece il medium risolve la poesia in un fatto linguistico – “è per questo che ci sono oggi più poeti e poetesse che mai”. Parte della “normalizzazione”, di “un mondo che fa partecipare tutti e ognuno ai suoi disegni”.

Transgender – Segue, come per un gioco di bascula, all’unisex – non abolito purtroppo, con gravi sofferenze maschili. La moltiplicazione dei generi dopo l’unificazione. Con 23 generi legali in Australia e 56 proposti da facebook Usa.
Si potrebbe dirla una teoria neo gnostica, del dualismo fra corpo e anima. Così la propone Judith Butler nel recente “Fare e disfare il genere”: “Il sesso biologico esiste, eccome!”, ma necessita di “un linguaggio”, di “un quadro di comprensione”, di “ordini discorsivi”. Cioè dello spirito, di un’anima.
In questa forma è come se corresse alla sua fine, alla velocità cioè, e con l’illusorietà, della moda. Il firmamento Lgbt, lesbico, gay, bisessuale, transessuale, è già Lgbtq, con l’aggiunta del queer, l’indistinto, e anzi Lgbtqia, con l’aggiunta dell’intersessuale e dell’asessuato.
A fronte di questa neo gnosi, però, la chiesa cattolica riscopre il corpo che pervicacemente nega, almeno fino al Sinodo in corso. Evaporando (idealizzando) anche il rapporto di coppia. O della santità come annullamento dei sensi. La riscoperta del corpo è ciò che, al fondo, il papa Bergoglio ha chiesto al Sinodo. Fino al transgender “senza pregiudizi” di un saggio del cardinale Ravasi sull’ultima “Domenica” del “Sole 24 Ore”. Forse un po’ confuso (si sente affine a Judith Butler), il cardinale vuole integrare “il sesso biologico” col “genere socio-culturale”. Prendendo atto che l’essere umano ha natura corporea, oltre che sensibilità psichica, e entrambe vive e sviluppa in un rapporto interpersonale, promiscuo.

zeulig@antiit.eu 

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