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giovedì 22 ottobre 2015

Decamerone a Vigata - 2

Il seguito delle storie sollazzevoli di cui Camilleri è maestro, più forse che di Montalbano. Storie di corna perlopiù, o di vergini assatanate. Niente di che, un piccolo decamerone vigatese dove solo si pensa a quello, declinandolo sullo scherzo.
Scorretto anche, molto. Sia politicamente: l’“opposizione” mai non quaglia, anzi sempre viene messa nel sacco, qui anche da parrini e piscopi. Sia sessualmente: il femminismo è di vecchia maniera, da galantuomini al circolo, che ne pensano una più del diavolo – che pensano le donne più che diaboliche, avendone incrollabile paura sotto la necessaria ammirazione.
L’affabulazione viene meglio a Camilleri in dialetto, rispetto a quella su temi analoghi finora esercitata in lingua nei romanzetti di costume. Con un effetto doppio. Il rinvio indiretto, il dialetto risuonando come un arcaismo, al Tre-Quattrocento, quando la narrazione non aveva messo le mutande, e il toscano-volgare era ancora dialettale. E la costituzione, attorno all’aneddoto lubrico, di un piccolo mondo chiuso, di caratteri diversi e quindi interessanti benché di vite inutili.
Andrea Camilleri, Le vichinghe volanti e altre storie d’amore a Vigata, Sellerio, pp. 311 € 14

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