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giovedì 9 marzo 2017

Secondi pensieri - 298

zeulig

Arte – È “la natura del’uomo” (Burke): la capacità di fare. La perfettibilità. Non l’adattabilità: l’uomo è qualcosa in più della natura, del caos ordinato.

Crisi - La critica non avvince se non da un punto fermo. Se non afferma una cosa: una forza, un partito, un gruppo, un’idea condivisa.
Il discorso sul declino della civiltà genera una reazione conservatrice, di rigetto: la decadenza vuole potersi compiangere, o resistere, sia pure all’ultimo sangue.
Una storia di crisi in una società in crisi, è possibile? Cioè, si fa credere?

Etimologia – Porta inevitabilmente a radici comuni, ma con l’effetto – lo scopo? – di diversificare nel processo, di una “irreductio ad unum”. Anzi, di esaltare la diversità, al fine di primeggiare: la lingua corrobora, e in molti modi sostanzia, la singolarità, unicità, della comunità.

Gelosia – È il possesso, si sa per più scritture. E l’invidia, come vogliono la Bibbia (“Perché Io, il, Signore Dio tuo, sono un Dio geloso”, “Esodo” 20,5) e Erodoto (“l’invidia degli dei”). Ma è passione della delusione – nasce dalla delusione. Si vede dai femminicidi improvvisamente frequenti – “si vede” all’ingrosso, perché la socio psicologia ancora latita in materia, benché il fenomeno sia invadente. Un rapporto  e una maniera di porsi e d’essere intimi e intensi, spesso con figli, si tramuta in guerra. Il nemico di lui, di lei, è come se avesse sottratto una parte di sé. E quindi la gelosia è una manifestazione di possesso, ma come si può avere nei confronti di un ladro.
La delusione, oggettivata nell’altro, è di fatto una mancanza di sé. Una perdita, di anni, energie, desideri,realizzazioni, costruzioni – l’uomo è costruttore.     

È la zelotypìa, il cui conio è stranamente di Aristofane, “Pluto”, quindi in un contesto comico: la donna in età tradita dal marito giovane ricorda come questi la difendesse dalla malignità delle donne magnificandone l’ira, la collera - lo zelos da cui gelosia deriva. Come tale resta, più o meno surrettiziamente, vista dagli altri. Ma era già stata, seppure sotto forma di “ira”, passione violenta di Achille – “ira” è la prima parola dell’“Iliade” . E di molte donne in vario modo celebri, e anzi mitiche: Deianira, Clitennestra, Medea.  
È dunque all’origine maschile e femminile, ma di più femminile. La pratica del femminicidio va quindi letta come una femminilizzazione dell’uomo, del partner maschile della coppia? Ma la sua pratica, se non i suoi effetti, sono di vendetta, e la vendetta usa pensarsi maschile, in antico perfino eroica.

Giallo – Eco ne ribadisce l’ affinità” con la filosofia e la scienza, nella presentazione a Giovannoli, “Elementare, Wittgenstein!”, e nella recensione che ne fa, “”Lo spazio in forma di cavatappi” (in “Pape Satàn Aleppe”).. Giovannoli lega Dashiell Hammett alla teoria della relatività e alla topologia, e Eco lo prende sul serio. Oppure no? È filosofica non solo la deduzione, la “Grande Catena dell’Essere”, di rapporti disciplinati e quasi obbligati causa-effetto in un mondo ordinato, ma anche il “paradigma «pragmatista» in cui il detective, più che risalire alle cause, provoca effetti” – non pensa ma fa: una logica dell’azione?

Millenarismo . Rinasce con Heidegger - Heidegger “pensava per secoli”, Hannah Arendt? La
ripubblicazione nel 2000 del “Discorso del rettorato”, insieme con altri testi apertamente nazisti,  
tomo16 delle “Opere”, è stata calcolata per far cadere al 2300, “fra tre secoli” come già profetato,
la fine dell’“americanismo”? L’avvento dello “spirito” è atteso nell’intervista-testamento, “Solo un Dio ci può salvare”: l’alba deve ancora venire, il cammino è solo interrotto, non terminato.
Ci si interroga pure sul 2014, l’anno scelto da Heidegger per la pubblicazione dei “Quaderni neri”.
Che non celebri il 2014, l’inizio della fine cui Heidegger, e la grande destra conservatrice tedesca, se  non nazista, erano “nati” per reagire, diciotto-ventenni alla prova della fine delle illusioni? E il colore dei quaderni – non il colore delle copertine, uniforme all’epoca, ma la scelta del colore come titolo?
Il risentimento è il dato ricorrente del pensiero di Heidegger, è stato detto. Ed è vero, a rileggerlo.
Heidegger profetava. Questo si coglie a ogni parola, e più negli appunti che ha voluto pubblicati, i “Quaderni neri”.

Un Heidegger cabalista è quello che mancava. Vero è che molte etichette gli si possono attaccare, come ai santi, nessuna non coerente per quanto stramba, ma a condizione di avere la fede.

Nazismo –  Decadenza è parola tedesca, ha cioè senso in tedesco. Quando Nietzsche la incontrò nel saggio di Bourget su Baudelaire la disse subito migliore del tedesco Verfall, e d’allora in poi la trovò in ogni piega del suo discorso.
La Entartung, degenerazione dell’arte, era da quarant’anni prima di Hitler in due grossi volumi così titolati di Max Nordau, il fondatore del sionismo con Herzl. Che si basava su Lombroso. Ma con argomenti che Lukáks celebrerà ancora nel 1954, dopo Hitler e dopo Stalin, ne “La distruzione della ragione”. Hitler insomma c’era prima, e continua a prosperare.

Storia – Nasce dalla politica, nella sintesi di Joseph de Maistre (“Stato di natura. Contro Rousseau”). Ed è vero – tanto più detto da un reazionario, un tradizionalista: “La storia è la politica sperimentale; è la migliore o piuttosto la sola buona”.  

Vergogna – È una delle parole chiave della riflessione contemporanea - che si centra su parole chiave: “silenzio”, “gelosia”, “invidia”, vergogna” etc. (dopo il postmoderno nulla, un po’ di retorica?). Eco, riferendosi al saggio di Esposito, “La vergogna perduta”, e ai libri di Belpoliti, “Senza vergogna”, e di Turnaturi, “Vergogna. Metamorfosi di un’emozione”, la trovava da ultimo  scomparsa, e legava l’evento al nuovo bisogno della “visibilità” o “reputazione”. Quello per cui, invece che avere vergogna, bisogna apparire e spendersi, specie se si ha poco in riserva.
In un certo senso concorda l’antichista, forte di una spessa tradizione: “La vergogna è una passione sociale” ingiunge Giulia Sissa dall’alto della sua familiarità con i classici. Ma anche “una repressione culturale di massa”. Ma allora auto inflitta: è una difesa. Non dall’esterno, che comunque colpisce dove vuole, ma da se stessi. Una sorta di paratia che blocca deliqui, degenerescenze, sensi di colpa. Anche preventivamente, bloccando le manifestazioni che possano nuocere.
La vergogna previene il peggio, secondo la Rochefoucauld: “Le sofferenze della vergogna e della gelosia sono così acute perché la verità non può aiutarsi a sopportarle”. Ma non in senso euristico: in senso patologico, passionale.

Viaggio - È la vita per Annemarie Schwarzenbach, (“Viaggio a Kabul..”:  «La nostra vita somiglia a un viaggio…. E piuttosto che un’avventura o un’escursione in regione in abituali, il viaggio mi sembra essere un simbolo della nostra esistenza”. Nel suo caso, di una che sempre, quasi disperatamente, viaggiò, è un fuga. Anche una sorta di speranza, o scommessa nel meglio. Ma anzitutto un rifiuto di sé.

zeulig@antiit.eu

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