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sabato 11 marzo 2017

Il populismo si combatte col populismo

Si può dire dei populisti, di destra  di sinistra o solo arrabbiati, quello che Benedetto Croce diceva dei radicali che scalpitavano all’interno del suo partito Liberale: “Non sanno quello che vogliono, ma lo vogliono subito”. Questo non esime dall’occuparsene. Tanto più che, pur non sapendo quello che vogliono e poco di altro, sono al governo negli Usa, nientedimeno, e in Polonia, e potrebbero esserlo a breve in mezza Europa, a partire dalla Francia fra un mese o dall’Olanda, o dall’Italia fra un anno. Il fenomeno qui studiato è già imponente, anche elettoralmente.  
Uno studio econometrico della politica non è agevole – chi vive a Roma potrebbe anche dirlo presuntuoso: il populismo è un’infatuazione, superficiale. Le banche dati compulsate per questo studio offrono una serie rilevantissima di indicazioni: orientamento politico, propensione al voto, fiducia nei aprtiti, reddito, occupazione, livello degli studi. Ma è difficile metterli in rapporto col voto populista  di protesta, che è per o più istintuale. Trovare loro delle costanti, delle determinanti.  Ma qualche regolarità i quattro studiosi riscono a individuarla.
Tutte le offerte politiche populiste sono centrate sull’immediato, evitando di prospettare i costi di lungo periodo, o nascondendoli. È un fenomeno che attrae chi ha studiato di meno: più sono gli anni di studio, minore è il richiamo populista. Il populismo appare quando l’insicurezza economica e la sfiducia nei partiti si combinano: l’esito è l’astensione dal voto e\o la scelta delle “soluzioni semplici”, che lo studio sintetizza come “politiche protettive di breve termine senza riguardo per i costi a lungo termine”. L’astensione mitiga la deriva populista - fino a un certo punto, poi la diga si rompe.
Dal punto di vista dell’“offerta”, questa si rafforza quando la politica si frammenta, e dove le istituzioni sono deboli. D’altra parte, nell’immediato, s’instaura una dialettica che favorisce l’allargamento del populismo: la risposta dei partiti tradizionali non può che fare propri anche i richiami populisti, “per ciò stesso ingigantendo l’offerta aggregata di politiche populiste”.
Come dire: il populismo è un morbo, ma quando si è installato non è possibile evitarlo – ci si può vaccinare prendendone a piccole dosi.
Uno studio originato e svolto per il romano Cepr, Center for Economic Policy Research, da quattro economisti: Luigi Guiso dell’Einaudi Institute for Economics and Finance di Roma (Eief), e del Cepr, studioso dell’impatto econmico dei fatti culturali, Helios Herrera dell’università di Warwick, Massimo Morelli (Bocconi e Cepr) e Tommaso Sonno (Cattolica di Lovanio).

L.Guiso, H.Herrera, M.Morelli, T.Sonno, Demand and supply of populism, free online

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