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domenica 4 giugno 2017

Il mondo gh’è minga di Bignami

In memoria di Giovanni “Nanni” Bignami, astrofisico, riproduciamo questa pagina del romanzo di Astolfo, “Non c’è anarchico felice” – Bignami diceva di “conoscere” solo il 4 per cento dell’universo, non  il 5, per il resto concordava.
“Il professor Giovanni Bignami a Pavia ha trovato una stella a cui ha dato nome Gemina. Poliglotta per gh’è minga, la stella che non c’è. Per questo motivo forse non ha potuto vederla, ma sa che è fatta di neutroni, che non è distante, solo cinquecento anni luce dal sole, e che è veloce, va a centoventi chilometri al secondo. Ora, come fa a vederla, dato che è vicina? Il professore non fa in tempo a rialzare il capo che la stella che non c’è, è già passata. Ma non ne ha colpa, in un universo in cui tutto va veloce - il diametro della sola galassia della Terra è di centomila anni luce – fa vedere al telescopio il 5 per cento di sé, il Bignami si pone al centro della metafisica, cosa sono le cose, gli esseri, il mondo, che col tempo si scopre vuoto. È il problema posto da Alexius Meinong da Graz. Che Lord Russell vorrebbe sminuire opponendogli il buonsenso: per un 51 per cento la realtà è effettuale. Ma comprendendovi i cavalli alati. E il 49?
“C’è un realismo al fondo della nostra concezione nel mondo. Anzi, prima che della nostra concezione, del modo di essere del mondo. La fisica odierna, quantistica e del caos, lo riconosce, di non poter veni-re a capo dei processi più semplici della materia, pur essendo arrivata all’infinitamente piccolo. La fisica è teistica, l’infinito, piccolo o grande, è fuori dalla pretesa moderna di sperimentazione, è la non fisica. E il tempo che senso ha, che peso? A parte l’ansia del prima e dopo, e della fine. Se un secondo può valere più di una giornata. E i dinosauri, animali a tut-ti gli effetti fantastici, sono realmente esistiti milioni di anni fa. Il tempo si misura in milioni, miliardi di anni. Quanti ne richiede la mutazione minima. È il tempo dei tempi, misura senza metro. Ammassi globulari, grumi di centinaia di migliaia di vecchie stelle, hanno venti miliardi di anni.
“Cinquanta miliardi di galassie, o cinquantamila miliardi, a 186 mila miglia al secondo, mandano informazioni vecchie di eoni. Di due, cinque, dieci miliardi di anni fa, di quando il mondo ebbe origine. Se ebbe origine. Le stelle, un tedesco le ha contate, sono sette con nove zeri – un settilione, dice lo scopritore stupito, e non sa che dice sette per suggestione della Bibbia, quale numero incalcolabile. E tuttavia il messaggio è flebile, non arriva quasi nulla dallo spazio se non questa luce che non illumina, fredda. Un secolo fa c’era la Via Lattea, con miliardi di stelle e nuvole di gas. Ora ci sono galassie come polvere nell’universo. Che potrebbe non essere solo, ma uno di un multiverso. Lo scientismo, che sempre regna, non riesce a capirlo: la scienza non conduce in nessun posto, sempre ferma davanti al mistero della creazione, della stessa scienza. L’universo osservabile è profondo solo quattordici miliardi di anni luce. Forse per questo non se ne hanno notizie, la luce è veloce, il suono lento.
“Mille miliardi di anni luce sono un tempo infinito. Che è un ossimoro, il tempo è breve. È giovane, la scoperta del tempo è recente, si contava per genealogie, e in alcuni posti deve ancora nascere. L’infinito è indistinto, come le galassie e i “vuoti” intergalattici, e non ha tempo. Che è lì ma inerte, non trascorre. Il mondo è il prodotto di una nebulosa primitiva, non intelligente benché complessa. “E dunque che ci facciamo? L’uomo in quanto esere vivente non esiste, non in teoria: ognuno è cento miliardi di neuroni, ancora da sistemare. E una sogliola senza spessore, secca. A due dimensioni o undici, come vuole il mattacchione Gödel, o a un milione: ogni fantasia è possibile, non predeterminata – compresa la memoria ma non la storia. Quantitativamente l’uomo sarebbe una virgola nella storia, se la storia ci fosse – la storia umana, si legge nei sussidiari Usa, occupa pochi secondi se la storia dell’universo si comprime in un giorno. Ma non c’è storia in cielo, non nel senso del progresso, il mondo muta per caso, e si può solo misurare, quantità, massa, velocità. Rusell, Meinong e il mondo lavorano per dare ragione a Campanile, il cui solido fondamento è: “Si è vivi per un minuto, si è morti per l’eternità”.
Astolfo, Non c’è anarchico felice (Anamorfosi 2), Lampi di Stampa, pp. 678 € 21
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