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mercoledì 10 ottobre 2018

Miglior soporifero è la poesia

Il rimedio supremo è l’undicesimo, l’ultimo della prima serie: poetare, “raccontarsi una storia qualsiasi, in forma di versi, nei metri sillabici più liberi” – “con la storia di Giuseppe biblico abitualmente” lui ci ha passato “ben sette”, numero eccellente, “talvolta dodici, notti” (Th. Mann si sarà ispirato a Jean Paul?).
Sono rimedi veri che il bonario Voltaire tedesco – ma lui si ispirava a Rousseau, in onore del quale si francesizzò nel nome (di suo faceva Johann Paul Richter) - consiglia nel trattattello. Ben undici. Che rielaborerà in quattordici riutilizzando il saggetto in appendice al romanzo “Viaggio balneare del dottor Katzenberger”.
Il secondo miglior rimedio è il dodicesimo, il primo dei tre aggiunti alla prima serie: “sillabare le parole estese” della burocrazia, “le cancellerie del Reichstag, del Bundestag, tutte quelle viennesi” e delle “capitanerie marittime dei porti più importanti”. L’arte di prender sonno è sopratutto l’arte di non pensare. L’arte di ri-addormentarsi, più propriamente – “L’addormentarsi è l’unico bel suicidio”: capita a chi si sveglia nel sonno, e capita a tutti, di non riaddormentarsi perché, “dopo un primo assopimento”, allo statista viene l’idea risolutiva, e allo scrittore “improvvisamente risplende una luce”. La soluzione si riassume “nell’arte di saper tediare se stessi”, che “coincide con l’arte, priva di ogni logica, di non pensare”. Il tutto sommandosi nella poesia?
Il primo rimedio dell’elenco è “contare”, lo faceva già Leibniz. Una manualetto pratico e sorridente, come si voleva Jean Paul. “In realtà una critica radicale, «nichilistica»”, dice bene la nota editoriale, “al luciferino tentativo del pensiero moderno di porre il soggetto umano al centro dell’universo”.
Gli altri due testi sono dello stesso tenore, di pensoso umorismo, dark. “  È l’immagine che l’autore del primo nichilismo, il “Compianto del Cristo morto”, dava di se stesso, faceto e quasi barzellettiere, vagabondo, salottiero, amabile. Nietzsche, che ne visse il tormento sull’altra sponda, della combattività invece che della remissività, per quanto alla fine disarmato e sconfitto, lo diceva “una fatalità in veste da camera”.
“La fortuna di essere sordo dall’orecchio sinistro” ha molto facilitato la vita di Jean Paul, spiega nel secondo testo sotto questo titolo. Che, semisordo dalla nascita, può dormire con poco sforzo ai concerti, in teatro, nei salotti, e la notte a letto. Ma più di tutti aiuta il ligio massone, che con un solo tappo nell’orecchio può non ascoltare i segreti della loggia quando vi è iniziato - il modo migliore per non “venir meno al giuramento”.  
“L’annientamento”, il terzo racconto, trascorre di colpo dalla bonarietà all’horror. È un sogno-visione di cadaveri, febbri e gas.Un’apocalisse mai altrove raccontata, della paura interminabile e del disgusto. Ma è una febbre. Poi “l’amore universale si avvolse nuovamente nell’universo”. La morale è all’inizio: “Ogni amore crede in una doppia immortalità, nella propria e in quella altrui”. Ma “se arriva a temere che possa un giorno finire, è già finito”. È come dice oggi il papa Francesco: senza l’amore l’universo è vuoto.

Jean Paul, L’arte di prender sonno  

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