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martedì 27 agosto 2019

Le collezioni sparite del Sud

“Un documentato esempio di committenza siciliana”, è il sottotitolo. Una testimonianza indiretta della non emarginazione, e anzi centralità, di Messina, della Sicilia, e del Sud in genere (la famiglia Ruffo è calabrese) ancora nel Seicento.
I Ruffo di Calabria, cioè di Scilla, e i Ruffo di Bagnara, quelli del cardinale sanfedista, furono eminenti collezionisti d’arte nel Sei-Settecento. Di raccolte soprattutto di quadri, di qualità. Disperse poi senza traccia nell’Ottocento per via dei terremoti, delle necessità familiari, e del carsismo della storia - i Ruffo legittimisti subirono un radicale ridimensionamento con l’unità. La cosa resta ignota, come le storie di altre grandi famiglie della regione, i Carafa, i Sanseverino, ma fu corposa.
Non che le cose non si sappiano. Qualche anno fa Ferdinando Ruffo ha tratto affascinanti tracce da una rapida “consultazione dell’imponente documentazione della famiglia, conservata all’Archivio Storico di Napoli, e di quella affidata al Sistema Bibliotecario Telematico di Bovalino”. Ma la cura non è molta, questa è un’eccezione.
Don Antonio Ruffo di Bagnara, di cui in questa corrispondenza, principe di Scaletta, sposato in Sicilia e in certo modo nell’isola adottato, fu committente tra gli altri di Rembrandt e Artemisia Gentileschi. Della quale fu pure “protettore negli ultimi e difficili anni di vita”. Nonché collezionista ricercato di Rubens, Breugel, Mattia Preti, Poussin, Borgognone, Salvator Rosa, Guercino. Il cardinale Tommaso, sempre del ramo di Bagnara, zio del cardinale sanfedista Fabrizio, fu committente appassionato tra Ferrara e Ravenna, legato da stretto rapporto di amicizia con Vivaldi.
I Ruffo di Calabria lasciarono a Scilla una collezione di oltre 1.500 tele. Con opere di Raffaello, Tiziano, Veronese, Tintoretto, Rubens, Guido Reni, Mattia Preti, Luca Giordano, Orazio Gentileschi. La collezione fu avviata tra il Sei e il Settecento dal principe Tiberio. O così è da arguire, poiché non si ha documentazione del suo avvio, mentre il lascito di Tiberio al figlio Guglielmo è dettagliato. Tiberio lasciava 650 tele. Alla morte di Guglielmo, nel 1748, la collezione era salita a 1.500 tele.
Federica Petralia, Le lettere di Guercino a don Antonio Ruffo, free online

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