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martedì 20 aprile 2021

Letture - 455

letterautore

Amore – Distingue l’uomo dalle bestie, secondo Beaumarchais - al “Matrimonio di Figaro”, alla scena seconda dell’atto secondo. Per un particolare: “Fare l’amore in ogni stagione, non c’è altro che ci distingua dalle bestie”.
 
Dante
–“Li tedeschi lurchi” dell’ “Inferno”, XVII, 21, non è spregiativo, come comunemente inteso, al modo del boche francese. Treccani, che lo recepisce, così come il “Dizionario della Divina Commedia” di Ernesto Malato, lo spiega bene: “lurco” viene dal latino lurco-onis, e sta per “ghiottone, mangione, beone, ingordo”
 
La “Commedia” Boccaccio dice “la moltitudine delle storie”. In effetti.
 
“Primo Levi si salvò da Auschwitz”, come si sa, ricorda Rumiz, “La leggenda dei monti naviganti”, 71, “recitando la Commedia. Serbare il verbo nel petto gli impedì di diventare un numero: il segreto della parola fece la differenza tra i vivi e i morti”.
 
Discorso indiretto
– Lo “stile indiretto libero”, che tanto angustiava-stimolava Pasolini, e un po’ tutta la letteratura italiana dopo Flaubert (per oltre un secolo, tra Otto e Novecento, le lettere italiane si sono commisurate su quelle francesi), era ritenuto un uso non francese, spiega Vittorio Lugli nel saggio “Lo stile indiretto libero in Flaubert e in Verga” (ora in “Dante e Balzac). Era ritenuto “un costrutto comune in tedesco e non raro nell’inglese”. Mentre era usato, con ottimi effetti, da La Fontaine, prima di diventare “forma usatissima” di Flaubert. Era uno dei “segreti” delle favole: “Questa singolare forma, tanto frequente in La Fontaine”, “questo alternare il discorso diretto, l’indiretto e il terzo modo”, era “uno dei sottili accorgimenti linguistici” che fanno animate le sue rappresentazioni. La scoperta, spiega Lugli, è recente, del linguista ginevrino Jean Bailly nel 1912, in chiave etnica, nazionale: per contestare lo studio del romanista tedesco Fritz Strohmeyer “Der Styl des französischen Sprache” (ancora valido, riedito di recente con pochi adattamenti di Hans.Wilhelm Klein, n.d.r.), secondo cui il discorso indiretto ripugnava al francese, alla lingua.
“Terzo modo” è l’inserimento del discorso indiretto senza subordinate: “Se qualche gatto faceva rumore,\ il gatto prendeva il denaro”, cioè lo rubava – il ciabattino arricchito de “Il ciabattino e il finanziere”, che ha paura di tutto, pensa che anche il gatto gli rubi il denaro.
 
Disney
– Disseminatore di violenza, a partire dai fanciulli, secondo Pasolini. Secondo il Pasolini del ritratto che ne fa Elsa de’ Giorgi, che gli fu sempre vicina, in “Ho visto partire il tuo treno”, 120: “Con meticolosità certosina, a lume di Marx, ripercorreva analizzandoli i frammenti della catastrofe”, la fine degli ideali della Resistenza subito dopo la guerra: “lo spostamento della violenza portato da Walt Disney, diceva, immagini di primordiale innocenza, come animali antropomorfizzati, si concretava nell’amabilità ambigua dei tre porcellini che altro non sono se non i petrolieri di Dallas”. Si radica in questa analisi anche la vena di “Petrolio”?
 
Film
– Una folgorazione lo voleva Kirk Douglas centenario: “Lo scopo fondamentale di un film è la folgorazione. Mostrare allo spettatore qualcosa che non ha altrimenti la possibilità di vedere”. Magari per sua oftalmia?
 
Forestiero – “Colui che esce dalla foresta”, è l’etimo persuasivo di Paolo Rumiz, “La leggenda dei monti naviganti”, 221. Treccani invece lo deriva dal provenzale forestier, derivato a sua volta dal latino foris, fuori.
 
Germania – “Non sa più chi è. Meglio” – Volker Schlöndorff a Cecilia Bressanelli, “La Lettura”. Precisamente: “É difficile parlarne, perché ha perso un po’ la sua identità. In  un certo senso è positivo. I tedeschi oggi, di fatto, non sanno chi sono”.
 
Influencer - Tutto è possibile, come no? Quando la marchesa di Coëtlogon partorì un bambino nero, questo fu perché, scrisse madame de Sevigné preoccupata alla figlia incinta, aveva bevuto in gravidanza una tazza di cioccolato.
La Marquise de Sévigné è ora un marchio celebre, di cioccolata. Di cui la vera marchesa fu personalmente ghiotta – oggi se ne direbbe ambasciatrice o testimonia. E la consigliava, come bevanda nutriente a pranzo, buona per le quaresime, e ottima per il buonumore - “fa simpatiche le peggiori compagnie”.
La Marquise de Sévigné è ora un marchio celebre, di cioccolata. Di cui la vera marchesa fu personalmente ghiotta – oggi se ne direbbe ambasciatrice o testimonia. E la consigliava, come bevanda nutriente a pranzo, buona per le quaresime, e ottima per il buonumore - “fa simpatiche le peggiori compagnie”.
 
Proust – Note ma non considerate le riserve di Gide su Proust. Ben esplicite nel “Diario”. Non solo per l’omosessualità - del tipo “uranista” che Gide non approvava – camuffata in “Sodoma e Gomorra”, a suo dire ipocritamente, nelle forme “del grottesco e del ripugnante”. Ma più per la scrittura, Gide avendo approfondito il classicismo, la litote. Nel gennaio 1914 scriveva a Proust entusiasta, per fare ammenda dell’incomprensione alla prima lettura di “Swann” – di un solo quaderno di “Swann” – rifiutandone la pubblicazione nella “Nouvelle Revue Française”. Nel 1929 annota una riserva più fondata: “La minuzia di Proust può divertire lo spirito, e fare di più: lo informa; ma mi rifiuto di vedervi più di un lavoro preliminare”. Tornandoci sopra dieci anni dopo, nel 1938, il 22 settembre: ammirato ma irritato per “il maniaco bisogno di analisi”. Che si risolve in una impalcatura, una “architettura”, che distrae l’occhio, gli impedisce di cogliere l’insieme.
 
Sogno – È perdita? E traviamento? “Perdere dei secoli in sogno, come Césaire d’Heisterbach” (Jünger, La capanna nella vigna”, 101). Césaire d’Heisterbach è un benedettino di cui la leggenda racconta che dimenticò il passaggio dei secoli ascoltando nella foresta un uccello nel quale s’era incarnata l’eternità (“versione tedesca di un racconto molto noto”, ib.). Ma nell’incoscienza l’attrazione dell’errore è più forte: “La svolta verso l’errore, nell’in
coscienza, è materia di quasi tutti i racconti di Poe” (ib.). La caduta è inavvertita.
 
Traviata
– Croce non ne apprezzava il soggetto originario, “La signora delle camelie”, il dramma di Dumas figlio, convinto che il personaggio – eroe, eroina - deve avere una moralità borghese.

letterautore@antiit.eu

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