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lunedì 19 aprile 2021

Come collassa l'Italia

Nel primo anno della pandemia l’Europa ha visto il monte salari ridursi dell’1,9 per cento. Malgrado il peso negativo dell’Italia, dove invece la riduzione è stata del 7,47 per cento. Sette punti e mezzo, una valanga. Pari in valore a 39 miliardi di euro. A una decurtazione del reddito distribuito che, nella forma del salario, è pari pari una decurtazione del consumo.
Il monte salari italiano è passato da 526 miliardi nel 2019 a 486 nel 2020. Muoiono così le economie. Quella italiana con ogni evidenza.
I raffronti con i singoli paesi europei sono già dimostrativi. In Germania la flessione è stata di meno dell’1 per  cento, di appena 13 miliardi su oltre 1.500 miliardi di monte salari. In Francia del 3,4 per cento, ma poco in cifra tonda, essendosi il monte salari ridotto da 930 a 898 miliardi. In Italia invece la riduzione è stata talmente forte da riportare i salari al di sotto del livello del 2016 (491 miliardi).
È l’ultimo passo di una riduzione dei redditi da lavoro ormai trentennale in Italia – un sistema produttivo che collassa, come una (piccola) stella, un “buco nero”. Outsourcing o lavoro esterno (partite Iva, contratti a termine, appalti, subappalti) e delocalizzazione dequalificano, rispettivamente, e rimpiccioliscono l’Italia: la indeboliscono, sono un moltiplicatore di debolezza. Arricchiscono nel breve periodo qualcuno, di più fra i ceti improduttivi (intermediari di varia risma), che poi mette il fieno in cascina a Montecarlo o alle Bahamas, ma senza futuro, per l’ambiente che lo circonda, e anche per quello a lui più vicino: l’economia è un gioco di squadra.

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