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domenica 21 novembre 2021

Letture - 473

letterautore

Africa – È sempre “l’Africa dell’atlante vittoriano”, di cui in Graham Greene, “In search of a character” (“Congo Diary”, 1955), “il vuoto continente inesplorato, a forma del cuore umano”.

Bach – Erano una tribù, tutti musicisti. Gian Mario Benzing conta su “La Lettura” “almeno 83 Bach musicisti (51 dei quali si chiamano Johann-qualcosa)”. Partendo “dal mugnaio Veit Bach, la cui discendenza dissemina in tutta la Germania una favolosa quantità di «cittadini musicanti», organisti, strumentisti di corte, fino al Kapellmeister, fino al sommo in assoluto, Johann Sebastian”. Se ne contano 83 da Veit Bach incluso a Wilhelm Friedrich Ernst, 1749-1845.
Notevoli le famiglie di musica anche in Italia. Nella strumentazione: i liutai del Sei-Settecento furono dinastie, gli Amati, i Guarneri, gli Stradivari. Anche i musicisti: la più numerosa, esecutori e compositori, è quella degli Scarlatti – Alessandro, i fratelli, le sorelle, i figli, tra essi Domenico, e discendenti.

Balzac – Collezionava quadri vuoti: appendeva le cornici e dentro scriveva a carboncino, su un cartello: “Qui uno splendido Raffaello”, “In questo posto il mio bel Giorgione”.

Dante – O della complessità: “Certo, un critico avrebbe molto a dire su un foglio dattiloscritto da una scimmia (le scimmie cui Borges voleva affidare le macchine da scrivere, n.d.r.); mentre un canto della Divina Commedia è infinitamente più complesso”, Giorgio Parisi a Cazzullo su “7” – “Eppure è fatto con le stesse lettere. È la ricombinazione della stessa cosa. Proprio come gli esseri viventi”.

Galileo – Ha unificato cielo e terra. Ha fatto scoperte e dimostrazioni, ma principalmente, “come fa notare lo storico della scienza Paolo Rossi, ha avuto al grande intuizione che il mondo terrestre e il mondo celeste fossero simili e che si potessero utilizzare le stesse leggi per entrambi”.  

H – Mancando in questa ripreso dopo il lockdown la carta per stampare i libri, e anche il cartone per imballarli (“se li è accaparrati la Cina in gran quantità”?), Giuliano Vigini evoca la guerra, “quando Bompiani pubblicava il suo «Dizionario letterario» omettendo l h nel verbo avere per risparmiare sulla carte”.
 
Italia –Un paese per lo più d’invenzione, esportato (importato). Da Shakespeare naturalmente, e da Stendhal. Ma già da Chaucer, e poi da innumerevoli romantici e post, per il genere gotico, Walpole, Radclyffe Hall, Vernon Lee, Mérimée, Hugo, Gautier, E.T.A.Hoffman, e per quello sentimentale.
È il paese da “Mille e una notte” europee. Per la novellistica, che ha sviluppato prima e con più vigore?
 
Metafora – Uno dei “ragionamenti intuitivi” la dice il Nobel Parisi  a proposito delle sue ricerche di fisica matematica-teorica (“In un volo di storni”), “che sono alla base del progresso scientifico”. Il principale, con l’analogia, il modello, il teorema, le derivazioni. Nonché la forma o vaso di comunicazione e identificazione di un periodo: “Le metafore hanno un ruolo decisivo nel trasferimento di immagini e di idee tra discipline diverse nello stesso periodo storico”. Sono il luogo e il mezzo della trasmissione dei concetti e della loro “convivenza”, prosegue: “Se esaminiamo con attenzione un periodo storico possiamo percepire l’esistenza di uno spirito del tempo: spesso siamo in grado di trovare corrispondenze e assonanze non solo fra discipline scientifiche diverse, come potrebbero essere la biologia, la fisica e così via, ma addirittura tra la musica, la letteratura, l’arte e la scienza. Basti pensare alla crisi di un certo razionalismo all’inizio del Novecento, ai cambiamenti simultanei che ci sono stati nella pittura, nella letteratura, nella musica, nella fisica, nella psicologia… Tutte queste discipline, molto lontane l’una dall’altra, comunicano tra loro  ed è ragionevole pensare che le metafore abbiano un ruolo importante nella formazione del sentire comune”.
 
Paesaggio – L’Italia ne è, ne è stata, il luogo d’elezione, il paesaggio per eccellenza – un fondale in realtà, ma era la sua realtà. Nel romanzo italianato “L’odalisca perduta”, Adrien Goetz così può far ricostituire a Corot vecchio il suo vagabondare  in gioventù per la campagna italiana: “«Cascatelle di Tivoli», «Templi della Minerva» e «Grotte di Posillipo»; erano cinquant’anni che non si faceva altro. Sulle rive del Tevere c’era anche una fabbrica chiamata «la casa di Poussin» perché già il grande maestro la metteva spesso nei paesaggi che componeva. Vi si esercitavano tutti, e l’Italia raccoglieva i mediocri di tutta Europa”, fino ai danesi e ai russi: “I pittori si mettevano negli stessi posti dei loro predecessori, senza nemmeno nutrire la speranza di poter fare meglio. Il fatto è che quella roba vendeva”.
Si facevano figurazioni “storiche” per lo più: “Il massimo era ovviamente il «paesaggio storico», Didone, Pan, Eros e Psiche, Scipione, “copiando alla bell’e meglio Poussin: in primo piano piccole sagome di cartapesta, più lontano montagne rese da una parte erano assemblate con qualche roccia copiata da un’altra parte, due o tre ciel a scelta a seconda delle ore del giorno”. O copiando dai manuali: alberi, sorgenti, edifici e templi, piccoli e grandi, “una falesia o un orrido roccioso tanto per cambiare”.
Ricordando quegli anni a Roma, il Corot di Goetz si dice felice: “Da nessun’altra parte si sarebbero trovati insieme inglesi, tedeschi, russi, francesi, nordici e americani. Tutti insieme eravamo un Congresso di Vienna del paesaggio”. Erano gli anni della Restaurazione, due secoli fa.
  
Post – È l’ingrediente più usato delle “parole macedonia” (Migliorini), o porte-manteau, del giorno, a sfogliare “La Lettura”, lo speciale Bookcity di Milano, la fiera del libro. Post-umano e postu-manismo, per dire l’ecologia. Oltre ai correnti post-crisi e post-pandemia. La post democrazia. La post Europa. C’era già la post-stampa – i social, le fake news. E prima ancora il postmoderno. E la post-scrittura?
 
Soratte – “Montagna logora come un vecchio filosofo”, Adrien Goetz, “L’odalisca perduta”.

Spie – “Si è spia per voler essere spia”, non per patriottismo, o per una sfida, nota Graham Greene in “Una specie di vita”, la prima parte della sua autobiografia, ricordando la sua attività nel Servizio Informazioni durante e dopo la seconda guerra – e anche prima, a ven t’anni, ma allora per ridere. Lo spionaggio di direbbe di moda nell’intellighentsia inglese del Novecento, tra scrittori e accademici. Ma senza lustro, forse per curiosità.

letterautore@antiit.eu

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