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domenica 21 novembre 2021

L’autore da giovane, o la manomorta del passato

Un’analisi, più che un ricordo, o anche un ricordo analitico, dei primi vent’anni. Finiti a Oxford nell’alcol, e in numerosi “giochi” alla roulette russa, in solitario. Dopo essersi brutalizzato fisicamente, con tagli, cadute, fratture, da adolescente.  Dopo un’infanzia e un’adolescenza che non riesce a trovare triste, ultimo di sei fratelli e sorelle, compagni d giochi, inventivi, pazienti, il padre direttore-gestore di una scuola privata, severo ma molto presente, la madre prima cugina di Stevenson – che Greene apprezza. Di estesissima parentela. Un prozio fondatore di St.Kitt’s nei Caraibi. Un cugino, Ben, impiegato nella seconda guerra all’internamento degli elementi pacifisti o comunque contrari alla guerra contro la Germania. Il fratello del padre, omonimo dello scrittore, sottosegretario permanente all’Ammiragliato – morto di 93 anni dopo essere sopravvissuto a una serie di incidenti “mortali”. Un’incertezza, una svagatezza, insomma una inconsistenza, che dà ragione. Ma come il nonno paterno, lo scrittore constata a metà riflessione, incapace di una vita familiare tranquilla, che emigra due volte a St. Kitt’s, la prima a 14 anni per aiutare un fratello nella conduzione di una fattoria di canna da zucchero, la seconda da solo e senza conforti, dopo il rientro in patria, alla morte repentina del fratello. Un nonno che aveva “energetici fratelli”, oltre allo sfortunato imprenditore a St.Kitt’s: un governatore della Bank of England, un deputato Tory, un avvocato di successo. Tutti gli ingredienti di una vita, di un racconto, che si presenta amabile. E invece no, “l’infelicità è una pratica giornaliera”, lo scrittore constata a un certo punto, di sé naturalmente.
Graham Greene è allora sfuggito miracolosamente a un triste destino, che lui stesso in gioventù si era venuto creando. Per una sorta di introspezione acuta. Arriva qui ai vent’anni, quasi trenta, senza un’amicizia stretta, né maschile né femminile. Anche il debutto da scrittore è visto con pessimismo: “La prima tiratura del mio primo romanzo, nel 1929, fu di 2.500 copie (che non si vendettero n.d.r.), e quella del mio decimo romanzo, “Il potere e la gloria”, nel 1940, fu di 3.500 copie”. Del resto, sembra dire citando il grande successo di “New Magdalen”, il romanzo didascalico, quasi didattico, pedagogico, di Wilkie Collins sulla redenzione dalla prostituzione (ma qui sarebbe un dramma), di nessun libro si può dire fu vera gloria – “dov’è “The New Magdalen” adesso, e quanti ricordano il nome del suo autore?”.
In analisi da ragazzo da un Kenneth Richmond che ha ancora tutta la sua simpatia, un sorta di “musicista eccentrico”, con lui si trova a considerare il rimosso come “la manomorta del passato”. Si forma su Robert Browning e se ne nutre. Finirà per considerarsi maniaco depressivo, malgrado l’analisi. A Oxford le sperimenta tutte: la vita di ateo, i giornaletti, la roulette russa, il palco, il comunismo, e subito, a 19 anni, lo spionaggio, per i tedeschi contro la Francia – erano gli anni dell’occupazione francese della Ruhr, degli ultimatum a raffica di Parigi – ingaggiato da un conte von Bernstorff, gay e resistente antifrancese, poi anti-Hitler. La stessa irrequietezza  che lo spingerà in posti ingrati dell’Africa e dell’America Latina - “si è spia per voler essere spia”, non per patriottismo, o per una sfida. Lascia Oxford pieno di debiti.
Ricorda il suo primo romanzo, “Rumour at Nightfall”, sui fuoriusciti carlisti di Spagna a Londra – di cui nulla sapeva. E l’influenza di Conrad: “Conrad era l’influenza ora, e in particolare il più pericoloso dei suoi libri, ‘The Arrow of Gold’,  scritto quando era caduto lui stesso sotto la tutela di Henry James”. La conversione al cattolicesimo, in vista del matrimonio, alla Tommaso, l’apostolo incredulo. E il lavoro al “Times”, da capo redattore del settore opinioni. Il primo libro pubblicato, “The Man within”, dice “molto giovanile e molto sentimentale. Non ha senso per me oggi e non vedo la ragione del suo successo”. Autore, ricorda, di “molti romanzi non finiti”.
Una memoria tradotta da Mondadori all’uscita, cinquant’anni fa, e non più ripresa. Il narratore di avventure straordinarie-ordinarie, fa della sua normalissima giovinezza un’esistenza, come tutte, sfiorata dallo straordinario, dall’impensabile.
Graham Greene, A sort of life, Random, pp. 192 € 8,50

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