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domenica 14 novembre 2021

L’Europa comincia a pagare la transizione energetica

Il caro energia è qui per restare, luce, benzina e gas, e anzi si accentuerà, via via col passaggio accelerato alle fonti non fossili. Con effetti gravosi sul caro-bolletta, e di più sulla competitività economica.
Le aree come l’Italia e l’Europa, impegnate per un passaggio accelerato alle fonti di energia rinnovabili, perderanno ulteriore terreno, nell’ambito della globalizzazione, a favore delle produzioni asiatiche, che si sono riservate una transizione molto più a lungo respiro – a un orizzonte di quaranta e anche cinquant’anni, e non di dieci, come l’Europa.
Il conto è semplice. La produzione di idrocarburi, petrolio e gas (la fonte prevalente dei combustibili fossili, insieme col carbone) era stata incentivata fino alla metà degli anni 2010  da investimenti robusti, nell’ordine di 800-900 miliardi di dollari l’anno. Effetto della domanda in crescita abnorme, specie in Asia, e di prezzi elevati. Quando il mercato ha trovato un nuovo equilibrio tra domanda e offerta, gli investimenti si sono più che dimezzati, a 300-400 miliardi di dollari l’anno. La saturazione della domanda, con la compressione dei prezzi, e le politiche di decarbonizzazione, con gli accordi di Parigi sul clima, hanno indirizzato gli investimenti verso le fonti alternative. Che però sono di sviluppo lento.
Il blocco dell’attività produttiva per quasi un anno e mezzo a causa del covid ha ulteriormente compresso gli investimenti. La ripresa della domanda, sia domestica che industriale, resta quindi parzialmenrte scoperta. E più lo sarà nel futuro prossimo – gli anni della transizione accelerata alla neutralità delle emissioni zero di anidride carbonica.
Si può dire solo iniziato, con le nuove bollette, il salasso che il ministro della Transizione Ecologica Cingolani ha spiegato, in conseguenza del piano europeo di arrivare alle emissioni zero nel 2030.
Ne resteranno esclusi i grandi paesi industriali asiatici, Cina e India sopra tutti, che si sono riservati di ampliare il ricorso al carbone di cui abbondano. E in questo modo anche – non dichiaratamente – l’Australia e il Nord America, il Canada e gli stessi Stati Uniti. E la Germania, in parte. I paesi del carbone, l’inquinatore per eccellenza.

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