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mercoledì 17 novembre 2021

Dio avido, del Male

La cena delle bombe c’è, ma non finisce lì. Il ricchissimo dottor Fischer riunisce periodicamente una banda di persone alle quali infligge una cena disgustosa, godendosene l’avidità: tutti fanno finta di nulla perché sanno che saranno premiati con un regalo di gran valore. Un’idea di commedia realizzata poi in racconto.
Un racconto iterativo, ma non senza sorprese. Il dottor Fischer è un ricco misantropo, spregiatore del genere umano. Nel quale ha però incluso la moglie, per una piccola passione che lei aveva, da lui non condivisa, per Mozart, per la musica: un astio che l’ha uccisa. È dunque persona astiosa,  ma ha generato, con la moglie, una figlia. Che è in tutto uguale alla moglie, e in più decide ora di sposare un inglese spiantato, con un piccolo lavoro di traduttore a Ginevra, ha più del doppio della sua, ed è monco di una mano. E non c’è salvezza – questo si può dire, anche se della bomba all’ultima cena non è opportuno. Se una felicità si schiude, una morte sopraggiunge quasi annunciata – una offesa al lettore, un suo lutto personale.
Una storia di fatto di sadismo e masochismo, volendo chiamare le cose col loro nome. Anche nei personaggi buoni e bene intenzionati. Ma una proposta al solito penetrante del fatto religioso, del Dio soprannumerario. Fino al Dio malato di avidità: “Mi piace pensare che la mia avidità è un po’ come quella di Dio”, può argomentare il dr. Fischer: “I credenti e i sentimentalisti dicono che è avido del nostro amore. Preferisco penasare che, a giudicare dal mondo che è supposto avere creato, può essere avido solo della nostra umiliazione, e quella avidità come si può mai esaudire? È senza fondo”.
Uno dei racconti di Greene inflessibile: il Male c’è. Ma una storia di fede, malgrado  tutto, la preghiera è ancora salvifica, benché disperata.
Graham Greene,
Il dottor Fischer a Ginevra, ovvero la cena delle bombe

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