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venerdì 19 novembre 2021

Graham Greene si confessa – o dell’Europa masochista in Africa

Il racconto di due viaggi in Africa, nel Congo ex Belga a gennaio del 1959, e in Africa Occidentale nel 1\941, il secondo nella regione, il primo era stato nel 1934. Del Congo Greene ha tenuto il diario (“di solito non tengo diari, questa è un’eccezione”) , dell’Africa Occidentale, da Lagos a Monrovia no, per ragioni di sicurezza.
La breve introduzione, anche questa un’eccezione, dà buone  indicazioni su Greene stesso, sulle sue opere. Dal primo viaggio nasce “Il cuore della questione”, e nello scriverlo molto ha risentito la mancanza di un diario: “Sono stato a Freetown troppo a lungo, finendo per dare troppe cose per scontate”, mente tenere un diario avrebbe aiutato la composizione del romanzo, “perché ho poca immaginazione visiva e solo una corta memoria”. Non solo, “con l’età la memoria peggiora” – “ho dovuto fare quattro visite di tre mesi ciascuna in Indocina per «Il tranquillo americano”.
In Sierra Leone la lettura di una detective story del genere fantastico di Michael Innes “mi ha messo in moto nella direzione del “Ministero della paura”, “un divertimento che ho scritto nel tempo libero dal lavoro che potevo permettermi a Freetown”.
Nel diario del Congo il 22 febbraio spiega il problema di limitare i personaggi alla scelta dell’iniziale invece del nome - bisogna cercare il carattere, il senso, di quella scelta. “Ci sono poche lettere che si possono usare invece di un nome: K appartiene a Kafka, D l’ho già usato, X è di disagio. Rimane la C…”.Qua e là molte perle. “L’economia del romanziere è un po’ come quella di una attenta padrona di casa, che non vuole buttare nulla”. I bambini piangono a messa, in chiesa un ordine fra i più ascoltati è: “Metti il. bambino al seno”. Col “tragico spreco delle piccole vite eroiche”. Contro Julien Green, autore peraltro presto dimenticato, allora in auge, e le sue giaculatorie contro Dio: “Dio non preferirebbe una bestemmia - ma da Villon?” L’Africa, la rivoluzione, incomprensibili – a proposito di lebbrosi (all’epoca c’era la lebbra): “Un uomo che L. ha curato ha scritto una lettera alla sorela ancora nel lebbrosario augurandosi la morte di L.e vantandosi di quello che aveva fatto a Leopoldville nei tumulti” contro gli europei. I viaggi: “Quando si viaggia lontano si viaggia anche in tempo”. La suora bellissima ma freddissima, senza sentimento. I missionari: né ingenuità, né durezza né tensione: “Persone che hanno troppo da fare per occuparsi dei motivi”.
E una veduta sicuramente anticonformista del colonialismo, dell’imperialismo: “Il masochismo dell’Europa”, che si attribuisce tutte le colpe - siamo nel diario del Congo, quindi nel 1955: “La discriminazione è girata dall’altra parte. Il bianco paga più del nero per la licenza radio; nei tribunali, se non ci sono testimoni, la parola di un nero, che dica per esempio che un bianco lo ha colpito, è sempre presa per buona, il che porta a una sorta di ricatto. Il masochismo dell’Europa (nel Congo già preda delle guerre civili, n.d.r.): “Lo abbiamo provocato noi. Nessuna comprensione del lavoro disinteressatamente fatto per gli africani”. Con la constatazione delle “stragi indiscriminate, che succedono ai tropici”. E quando qualcuno, il vice-governatore con vent’anni di Africa, agli inizi del diario del Congo dice che bisogna rompere il quadro tribale e dare a questo scopo anche incentivi materiali, Greene obietta: “Ma questo non porta dritti al mondo a premi degli Stati Uniti? Parla della necessità di una mistica, ma c’è una qualche mistica in America oggi, anche dentro la chiesa cattolica?”.
Graham Greene, In search of a character

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