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lunedì 17 aprile 2023

Le radici dell’Olocausto in Polonia e Ucraina

“I pogrom in Ucraina e Polonia alle origini del genocidio degli ebrei” è il sottotitolo. Di un volume di ricerca documentaria. Che potrebbe – dovrebbe – riaprire la questione delle origini dell’Olocausto, prima di Hitler.
Il genocidio prima di Hitler era caduto in desuetudine, dopo lo “scandalo” Nolte, lo storico che attribuiva al massacro turco degli armeni una prima idea di genocidio, di annientamento di un popolo, poi germogliata nella mente di Hitler contro gli ebrei. Veidlinger, professore di storia e studi giudaici all’università del Michigan, non ha i limiti di Nolte – il sospetto, o la tentazione, di revisionismo: non fa ipotesi, esamina numeri, eventi, modalità operative. La didascalia al sottotitolo ne proclama il metodo: “Analisi dettagliate dei massacri avvenuti in Ucraina e Polonia nel 1941”, nei paesi occupati dai tedeschi, ma a opera degli autoctoni. I massacri sono del tipo che si è prodotto nella ex Jugoslavia alla dissoluzione della federazione, ma di ampiezza e crudezza molto più ampia, scrive Veidlinger nella sintesi introduttiva alle sue ricerche: “Circa un terzo delle vittime dell’Olocausto furono uccise a distanza ravvicinata, vicine alle loro case, con la collaborazione di persone che conoscevano, prima ancora che gran prte dei campi di sterminio entrassero in funzione nel 1942”.
“I sopravvissuti a questi massacri li chiamavano pogrom”, continua lo studioso. Collegavano l’improvvisa recrudescenza dell’antisemitismo a un modello noto da gener azioni, di furie improvvise antieb aiche, e soprattutto alle persecuzioni di cui avevano più fresca memoria, del 1918-1921. Ma i pogrom di vent’anni prima erano già stati di tipo particolare: non soltanto furie improvvise di masse caotiche, “anche di azioni militari perpetrate da soldati addestrati”, sia in Ucraina che in Polonia. I prototipi degli Einsatzkommandos o Einsatzgruppen, per lo più composti anche sotto Hitler da baltici, ucraini e polacchi, che decimavano gli ebrei ammassati nele piazze con armi dabraccio a ripetizione.
I pogrom postbellici vengono solitamente spiegati con la paura del bolscevismo, continua Veidlinger, con gli “eccessi del bolscevismo: la requisizione forzata dei beni di proprietà privata, la guerra alla religione, gli arresti e le esecuzioni degli oppositori politici”. Una sorta di transfert in realtà, una falsa giustificazione, anche storica, di un odio immotivato. Di intensità ed effetti duraturi, lo storico prova, al contrario: “Quanto è accaduto agli ebrei in Ucraina durante la seconda guerra mondiale ha radici in ciò che era accaduto agli ebrei nella stessa regione appena due decenni prima”.
Le Einsatzgruppen che aprirono nel 1941 la caccia agli ebrei, nei paesi baltici, in Polona e in Ucraina, vi trovarono modalità e attitudini già provate: “Quando arrivarono, carichi di odio antibolscevico e ideologia antisemita”, a metà 1941, “i tedeschi trovarono un terreno di caccia  vecchio di decenni, dove l’uccisione di massa di ebrei innocenti era impressa nella memoria collettiva, dove l’inimmaginabile era già diventato realtà”. Veidlinger cita a questo proposito il monito di un demografo, Jacob Lestschinsky, alla vigilia dell’invasione tedesca dell’Urss: “Il «patrimonio di atrocità» lasciato dagli «orrori ucraini» del 1918-1921 non si è ancora del tutto rimarginato”.
Jeffrey Veidlinger, L’Olocausto prima di Hitler
, 1918-1921, Rizzoli, pp. 480  € 25
 

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