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venerdì 21 aprile 2023

La guerra "italiana" di Orwell in Spagna

Ian McEwan, che pubblica un saggio su Orwell, “Lo spazio dell’immaginazione”, dice a Cristina Taglietti su “La Lettura”: “Non ho dubbi che oggi combatterebbe in Ucraina”. Improbabile. Volontario entusiasta, Orwell fu presto deluso dalla guerra, anche minacciato dai suoi stessi compagni, gli stalinista, o marxisti-leninisti, nel maggio catalano che segnò l’eliminazione degli anarchici (tanti) e dei (pochi) “trockisti” del Poum, nel quale si era inquadrato, e segnò l’inizio della fine della Repubblica. Non fece un anno di guerra. E ne scrisse subito criticamente: l’“Omaggio” fu pubblicato, nel 1938, un anno dopo il ritorno a Londra, con la guerra civile ancora in corso. E scrisse con levità di tratto, che fa la lettura ancora interessante. Ma la verità del suo racconto è nel ritorno in patria: “E finalmente l’Inghilterra: l’Inghilterra meridionale, forse il più mite paesaggio del mondo. È difficile, quando la si attraversi, soprattutto mentre ci si riprende dal mal di mare, col velluto di un treno internazionale sotto la testa, credere che qualcosa stia accadendo nel mondo… L’Inghilterra della mia infanzia: la linea ferroviaria scavata nella parete rocciosa e nascosta dai fiori di campo, i prati profondi dove i grandi cavalli lustri pascolano meditabondi, i lenti rivi orlati di salici, i verdi seni degli olmi, le peonie nei giardini dei cottages; e poi l’immensa desolazione tranquilla della Londra suburbana, le chiatte sul fiume limaccioso, le strade familiari, i cartelloni che annunciano gare di cricket e nozze regali, gli uomini in cappello duro, i colombi di Trafalgar Square, gli autobus rossi, i policemen in blu: tutto dormiente del profondo, profondo sonno dell’Inghilterra, dal quale temo a volte che non ci sveglieremo fino a quando non ne saremo tratti in sussulto dallo scoppio delle bombe”.
Appena tornato aveva pubblicato un articolo disilluso, “Sono stato testimone a Barcellona”, sulla rivista “Controversy” in agosto.
In questo “Omaggio alla Catalogna” la partecipazione di Orwell si condensa nella prima pagina, nell’incontro col volontario italiano, ignoto ma dalla stretta di mano generosa, confidente, che dà un senso alla guerra. Questo “soldato italiano” ritornerà negli appunti successivi, “Looking back on the Spanish War”, 1943, come una delle due immagini che la guerra automaticamente genera in Orwell. Una è l’ospedale di Merida, “l’altro ricordo è del miliziano italiano che mi strinse la mano al corpo di guardia, il giorno in cui mi arruolai nella milizia. Ho scritto di quest’uomo all’inizio del mio libro sulla guerra di Spagna (“Omaggio ala Catalogna”, n.d.r.) e non voglio ripetermi. Quando ricordo – oh, quanto vividamente! – la sua uniforme trasandata e la sua faccia fiera, patetica, innocente, le complesse questioni della guerra sembrano svanire e vedo chiaramente che non c’era comunque alcun dubbio su chi aveva ragione. Malgrado i giochetti politici e le bugie giornalistiche, il punto centrale della guerra era il tentativo di gente come lui di guadagnarsi una vita innocente che sapevano essere loro diritto per nascita. È difficile pensare alla probabile fine di questo specifico essere umano senza varie dosi di amarezza. Quando l’ho incontrato alla caserma Lenin era probabilmente un trockista o un anarchico, e nelle speciali condizioni di questi anni le persone come lui quando non sono uccise dalla Gestapo sono di solito uccise dalla Gpu”, la polizia politica staliniana.
Un lamento per i caduti senza storia della guerra di Spagna, sul fronte giusto, repubblicano, democratico, nel quale Orwell aveva militato, che è anche un lamento contro la guerra, ogni guerra. L’omaggio è a una guerra inutile, anche se combattuta per un ideale. Tanto idealismo, tanta generosità, che la stretta di mano del proletario italiano volontario trasmettono, non meritano la morte, la sfida della morte. L’immagine del volontario italiano ritornerà anche in un poemetto, nove quartine, “The Italian Soldier shook my Hand”:  uno che “era nato sapendo già quello che io avevo imparato\ dai libri, e lentamente”. Una stretta che è iniezione di coraggio, di vita: “Al tuono dei cannoni\  oh, che pace ho conosciuto in quei giorni!”. Il tardo poemetto restò sommerso nel rifiuto di Orwell antibolscevico. Anche se storicamente fondato: nella guerra di Spagna i comunisti di Togliatti andavano al fronte contro le forze reazionarie come contro gli “altri” socialisti. Orwell era fiducioso che la poesia avrebbe superato questo rifiuto: “La faccia di quest’uomo, che ho visto per uno-due minuti, mi rimane come una sorta di promemoria visivo di per che cosa la guerra si faceva. Simbolizza per me il fiore della classe lavoratrice europea, tormentata dalle polizie di tutti i paesi, gli stessi che riempiono le fosse comuni dei campi di battaglia in Spagna e imputridiscono ora, a milioni, nei campi di lavoro forzati”. Non lo dice, ma la guerra da volontario ha vissuto come un incubo.
Il “miliziano italiano” che apre questo “Omaggio alla Catalogna” ha segnato Orwell a vita per la carica di umanità e di speranza. La guerra poi, nelle prime pagine, è come avrebbe potuto vederla un italiano. Si capisce da altri “Ricordi della guerra di Spagna”, prose variamente sparse. Pagine di fame, freddo, paura, non come ci hanno abituati a vedere la guerra i film di guerra, di soldati scattanti, con le scarpe lucide e armi tuonanti. Che ammoniscono, giova ricordarlo leggendo “Omaggio alla Catalogna”, contro le rappresentazioni che della guerra danno i media, i quali, spiega Orwell, scrivono ciò che “devono” scrivere, ognuno secondo le proprie “fonti”. Una lezione, si vede, ancora da imparare.
La riedizione è curata da Andrea Bonelli, specialista di inglese e traduzione.
L’edizione Newton Compton è ritradotta e presentata da Francesco Laurenti, accademico di Teoria e Prassi della Traduzione.
George Orwell, Omaggio alla Catalogna, Feltrinelli, pp.336 € 13
Oscar, pp. 280 € 19
Newton Compton, pp. 320 € 5

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