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domenica 16 aprile 2023

Gli artisti fascisti, e non

Più che del consenso di massa, del popolino, questo capitolo finale della storia di Gentile evidenzia indirettamente il consenso di una vasta fascia intellettuale. Anche di nomn fascisti, anzi specie di non fascisti: urbanisti, architetti, grafici, registi di cinema, autori e registi di teatro. Per quel tratto di novità che negli anni 1920 e 1930 il regime favorì e finanziò.
Il progetto corporativo nacque morto, si può dire. Ci sono scioperi, per ilcrac del 1929 e dopo, protestano le donne, a vario titolo, la corporazione si riduce all’assistenzialismo, scuole reali, colonie marine, sostegni alla demografia. Mentre gli anni si rivelano fertili per una sorta di illuminato (aperto) dirigismo artistico.
Lo storico si sofferma su Roma, ma molto si fece nell’urbanistica e l’architettura altrove. Nelle città lombarde, Brescia soprattutto, in Romagna, nelle ex paludi pontine, e molto si costruì, con indirizzo modernista, case del fascio e scuole elementari, asili, municipi, nei paesi.
Alla Mostra della Rivoluzione Fascista, per il decennale della presa del potere, a Roma nel 1932, “collaborarono i maggiori artisti italiani del tempo, con Enrico Prampolini, Giuseppe Terragni, Leo Longanesi, Antonio Valente, Achille Funi, Domenico Rambelli, Mino Maccari, Marino Marini” e Sironi. Roma, per il bene e per il male, ebbe un primo assetto urbanistico moderno, con l’apertura di alcune vie di comunicazione nel centro storico – la più importante, e più discussa, quella dei Fori Imperiali. “Era dai tempi dei grandi pontefici costruttori come Giulio II”, scrive Gentile, “che non si radunavano a Roma tanti talenti di artisti e architetti, molti dei quali giovani, chiamati dal duce a compiere trasformazioni urbanistiche e a innalzare costruzioni ornamentali”. Erano “creatori e interpreti dei miti totalitari del fascismo quanto lo era Mussolini, e forse, per mlti aspetti, lo erano molto più del duce stesso” – l’artista ha una sola visione, si sa, la sua: “Erano i più originali architetti e artisti dell’epoca, dal più anziano classicheggiante Marcello Piacentini, potente e prolifico architetto del duce, ai giovani modenisti Enrico Del Debbio, Gaetano Minnucci, Giuseppe Pagano, Mario De Renzi, Adalberto Libera, Mario Ridolfi, Luigi Moretti”.
Si conclude una storia del fascismo come movimento, dalla guerra civile agli anni del consenso. Senza l’impero, l’isolamento (le sanzioni), l’Asse e la guerra. Un movimento mussoliniano, un partito del capo, ma mirato al consenso, in queso senso politico, ad ampio spettro. Un approccio originale. Ma mirato soprattutto a penerare i pregiudizi, i giudizi somari. Dall’anonimo antifascista che nel 1944 pubblicava l’opuscolo “Il fascismo non è mai esistito”, dice Gentile nellanora editoriale all’edizione originale Laterza, all’“illustre intelletuale antifascista” che nel 1994 dichiarava “il fascismo è eterno” – Umberto Eco? nel 1995.
Emilio Gentile, Storia del fascismo – 14. Masse e regime, pp. 156, ill. € 14,90

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