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martedì 9 dicembre 2025

Il governo si fa il primo gruppo bancario nazionale, senza opposizione

Il governo è entrato come un bulldozer nel mondo bancario e del risparmio, nel silenzio, anche delle opposizioni. Con Mps-Bpm-Mediobanca ha già il terzo gruppo bancario nazionale, e con l’assorbimento in corso di Generali si farà il primo. Per bancassurance, che è il settore più redditizio, e per attivi. Nel silenzio delle opposizioni, che pure su ogni altra quisquilia sono in armi ogni giorno e ogni momento del giorno.
Il Parlamento discute e vota il nuovo Testo unico di finanza. Il cui punto focale è rendere impossibile l’accertamento giudiziario del proibitissimo “concerto” tra soggetti impegnati in raid finanziari. E uno sussidiario, ma non meno importane nella fattispecie, di prendere il controllo di una società quotata, Generali nel caso,  col 40 per cento senza obbligo di opa generalizzata sul flottante, di obbligo di acquisto, cambiando la natura della società acquisita. Un mezzo terremoto, per un fine ben preciso - prendersi Generali per poco. E niente, anche qui silenzio, nessuna protesta.
L’opposizione non sa? “Non sapeva” nulla neanche quando il governo ha usato abusivamente il golden power – il potere di divieto - contro il progetto Unicredit di acquisire Bpm, di cui era informato dal presidente stesso di Unicredit, Padoan, per anni ministro del Tesoro e deputato Dem.
Il governo in banca è terribile, C’è stato, ma col filtro dell’Iri. E per la necessaria decantazione dallo statalismo fascista – essendo nato peraltro, anche sotto Mussolini, solo per causa di forza maggiore, per salvare il risparmio e il credito nel Grande Crac del 1929-1931. Più grave oggi è che il governo intervenga per via surrettizia, e perfino contro la legge.

Ammuìna sui fondi russi

È tema obbligato, da mesi, l’utilizzo delle riserve finanziarie e monetarie russe in Occidente, e degli investimenti di soggetti russi in titoli del Tesoro sempre in Occidente. Che non si può fare in base al diritto internazionale privato. E a lume di logica: il mondo disinvestirebbe dal debito occidentale.  
È tema obbligato praticamente solo in Italia. Sulla base di una ipotesi della Commissione di Bruxelles. Che però è una parte dei servizi finanziari della Commissione. Ed è stata avanzata a titolo dissuasivo nei confronti di Mosca.
Una ammuìna finanziaria – faciti ‘a faccia feroci. Come quella degli aiuti militari all’Ucraina, che di mese in mese si rinnovano, con processione di Zelensky in ogni capitale, ma non si vedono sul campo.

L’amore per caso

Una gradevole commedia all’americana, con poca suspense, e lieto fine assicurato. Un maturo ma giovane uomo d’affari è irresistibilmente attratto da un’aspirante ballerina un po’ sventata, conoscenza occasionale di aeroporto – da cui iltitolo. Che convive con una coetanea incinta, di uno che non ne vuole sapere, nemmeno di lei. E con un farfallone servizievole, il “devoto delle donne” -  a tempo perso toyboy della padrona di casa cinquantottenne, per farsi ridurre l’affitto. L’aspirante ballerina è ovviamene anche lei attratta, ma non ne vuole sapere: non vuole protezioni né raccomandazioni.
Una tramina leggera. In una Napoli perfetta, senza traffico, senza rumori, gentile e colorata. Un racconto che si anima da solo, anch’esso senza spinte, né artifici né sorprese - sapendo il finale, si gode di più (vediamo come ci si arriva)? O per l’aderenza degli interpreti ai personaggi, un casting curato: Denise Tantucci e Francesco Arca nei ruoli principali, i debuttanti Erasmo Genzini e Anna Lisa Pierro compagni di casa, e di contorno grandi professionisti, Beppe Servillo vecchio zio che ha ballato con Nureyev e Vassiliev, Mauro Graiani  omo-immagine, che scombina e combina i piani, Rosalia Porcaro cui basta la sola presenza per dare corpo alla suocera che non ne vuole sapere. Manfredonia, il regista dei Cetto La Qualunque, qui torna alle radici familiari, dei Comencini. Della misura, nell’introspezione e nel ridicolo. 
Giulio Manfredonia, Hotspot, amore senza rete, Sky Cinema

lunedì 8 dicembre 2025

Secondi pensieri - 574

zeulig


Consapevolezza – Un lusso, Dostoevskij lo fa dire dal memorialista delle sue “Memorie del sottosuolo”, a inizio racconto. E una condanna, dopo un certo punto: la consapevolezza ci vuole, dice il narratore di Dostoevskij, ma fino a un certo punto. Quella, p.es., “di cui vivono tutte le cosiddette persone spontanee e gli uomini d’azione”. Quanto basta per (soprav)vivere e agire, modestamente. “Sì, perché l’autentico, diretto, immediato frutto della consapevolezza è precisamente l’inerzia”.
L’attivismo in particolare è stolido: “Lo ripeto, con forza anzi lo ripeto tutte le persone spontanee e gli uomini d’azione sono tali appunto perché sono ottusi e limitati”.
La filosofia allora? Come dire che la conoscenza (qui chiamata consapevolezza) non ha senso né valore. Non buono. Una negazione inattuabile, se non che, successivamente – successivamente a Dostoevskij - c’è stata la conoscenza in forma di psicanalisi. E l’analisi, la psicoanalisi, non farà più danni di quanti benefici (terapeutici) possa comportare? Dostoevskij – il suo narratore - sapeva già di sì: “Forse che la persona consapevole può avere il benché minimo rispetto di sé?”
P.es.: “La consapevolezza del torto subito tramutandosi in spirito di vendetta riduce l’uomo a un vendicativo isolamento”.
Dostoevskij, certo, potrebbe parlare per sé, della tentazione, o del beneficio, di isolarsi dopo l’ingiusto confino?
 
Intercultura
– S’intende, più o meno scopertamente, accettazione, se non pratica, di fedi diverse – fedi religiose. Di religioni cioè, che invece sono patrimoni molto caratterizzati, quasi esclusivi, per impianto e, soprattutto, per concezione storica, di molteplici eventi, accaduti o procurati, azioni e reazioni. Come dialogare non nel senso di conoscere ma di appropriarsi, fare proprie, realtà che sono per natura, per conformazione e sviluppo, diverse e anche antitetiche, e molto spesso dichiaratamente ostili, nei propositi o nella conformazione.
 
Irrazionale – S’intende tutto ciò che non è scientifico. Mentre è “nativamente”, in radice, inizialmente, illogico, inconseguente, assurdo, e anche volontaristico - voler uscire dal consequenzialismo, anche soltanto dall’abitudine, dal modo di essere. Una conformazione che fa della razionalità non l’innervazione del mondo, ma un cantuccio, o un circoletto, dentro una grande nuvola, una meteora, una galassia.
 
Male – “Unde malum”, l’eterna questione di chi crede in un Dio creatore-salvatore, può risolversi come la scrittrice Flannery O’Connor argomenta nei suoi racconti – e nella corrispondenza: il male è il mondo, da cui ci si salva per la grazia di Dio.  Il male come un sostrato, un campo, o un mezzo divino per essere benedetti da Dio, prescelti, folgorati dalla sua grazia – dal suol arbitrio.
Che spiega il male (ne dà una spiegazione), ma annienta Dio, la creazione.
Il male resta l’anti-creazione.
 
Stupidità –  È il nostro substrato, della psiche e dell’esistenza, giacché si procede per trials and errors.
Il libero arbitrio è farcito di (è la voce della) stupidità.
 
“Signori, poniamo che l’uomo non sia stupido” – Dostoevskij, Memorie del sottosuolo”, § VIII – “e in effetti, che egli sia stupido non lo si può proprio dire, se non altro per l’unica ragione che, se fosse stupido lui, chi rimarrebbe più da potersi dire intelligente?” (ed. Oscar, p. 44).
 
Verità – Resta -residua – dalle religioni. Ma anche lì con dubbi.
È il contrario della confusione (mentale, emotiva), o della furbizia, per quanto introiettata, e quindi indismissibile. Accertabile (esistente) benché latitante, in dipendenza da “ordinamenti” storici.
   
Volontà - È per natura incerta – volubile. “Se davvero si riuscisse un giorno a scoprire la formula di tutti i nostri desideri e i nostri capricci, ovvero ciò da cui essi dipendono, e le leggi precise per le quali essi si producono, e il modo in cui essi effettivamente si appagano, e ciò a cui tendono nella tale e nella tal’altra occasione, ecc. ecc., se si riuscisse cioè a scoprire la loro vera formula matematica, magari allora l’uomo potrebbe anche smettere di volere, e anzi, smetterebbe di certo” - F. Dostoevskij, “Memorie del sottosuolo”, § VIII, Oscar p. 40.

zeulig@antiit.eu



Ombre – edizione speciale

“L’EUROPA  SOTTO ASSEDIO”
“Mosca si allinea all’attacco di Trump: «Condividiamo la sua visione sul Vecchio Continente»

“Musk ancora contro la Ue: Quarto Reich”
Cohn-Bendit: “Vogliono eliminarci, è un nuovo patto Molotov-Ribbentrop” (Cohn come Coen, non il con francese).
(la Repubblica”)

Amore e morte nella topaia

Una miniserie a forte impatto emotivo, con tentativi di stupro, adulteri, due assassinii e un suicidio. Un dramma, una serie di drammi, per niente, per nessun motivo e nessun obiettivo, se non la voglia da “piccolo-borghese provinciale”, come si sarebbe detto una volta (la solita Bovary, più che lady Macbeth), di andare a letto con chi vuole – insomma, amore e morte. Sopraffatto da una musica debordante, come nelle cavalcate dei film – Šostakóvič fu fertile autore di musiche da film, all’opera è arrivato praticando da ragazzo questa arte: mai una pausa, un idillio, un sospiro.
Chailly, l’orchestra e il coro della Scala esaltano il ritmo della scrittura musicale. La messinscena e gli interpreti l’appannano. L’appiattiscono in una sorta di commedia all’italiana. No, di attardato, o neo (v. il cinema coreano)  neorealismo: troppi corpi sfatti, di cinquanta-sessantenni, per una regia che li vuole preferibilmente in canottiera sudaticcia alla Bossi, e anche nudi. E la poesia si perde. Anche il dramma, lo scontro degli opposti egotismi. Si salvano i personaggi di contorno, per voce, intonazione e gestualità: il basso Alexander Roslavets, suocero di Lady Macbeth, Ekaterina Sannikova, brillante “operaia”, concupita dagli omaccioni, il baritono-basso Ivan Shcherbatykh, il capo-reparto che la palpeggia. Le voci principali, Sara Jakubiak e Najmiddin Mavlyano, la Lady e  l’amante Sergej, sono incolori. Per effetto della scena, dei costumi, dei debordanti poignets d’amour? Lei ha un giustificativo: deve lavorare molto, per tutt’e quattro gli atti, su più di un registro.
Si vuole “Lady Macbeth” un’opera femminista, ma non lo è. Lei difende, sì, una serva da un tentativo di violenza sessuale. Ma è, si sente, colpevole, perfino di fronte a una polizia corrottissima. E muore per i dispetti di un’avida e furba compagna di sventura in Siberia. Semmai, un’opera libertina. Sarebbe, con altro approccio registico che non questo alla Scala.
Una critica della “Pravda”, il temibile giornale del partito Comunista Sovietico, alla prima stagione dell’opera, nel 1936, che si vuole scritta o dettata da Stalin, una stroncatura senza appello, ne ha fatto un oggetto di culto. E per molti aspetti lo è ancora. Per il soggetto: non si è osato nulla di dremmaticamente così ardito. E per la tensione sonora, che è costante. Ma, si direbbe, da vera “musica da film”, su una partitura a un solo tempo, se ci fosse, l’“incalzante”. Qui peraltro su fondo ammosciante.
La regia, molto vantata, di Vassily Barkhatov (lui, sì,
personaggio da “Lady Macbeth”, con un gigantesco ciuffo biondo a volute molto curate – ogni “uscita” gli deve prendere molta cura), ambienta il dramma in una topaia. Anche nelle scene in cui, per dire l’affluenza che circonda la Lady, si sta dentro un ristorante apparecchiato, di molti tavoli. Un fondale grigiotopo. Per lo più di luci spente. E costumi marroncino.

Undici minuti di applausi, ma alla Scala alla prima sono ormai obbligati. Pochi alla tv, pochissimi per Rai1, meno di un milione.
Dmítrij Dmítrievič Šostakóvič, Lady Macbeth del distretto di Mcensk, Teatro alla Scala

domenica 7 dicembre 2025

Ombre - 802

Ci sono due posizioni che ci concernono nel nuovo documento americano di difesa nazionale, distinte e chiare. Una è che l’Europa della Nato deve avere un potenziale e una strategia di difesa, , non possono – non devono, non vogliono, le priorità americane sono altre - garantirgliela gli Stati Uniti. L’altro è politico, e riflette l’attuale amministrazione: l’irritazione verso un’Europa illiberale per essere troppo liberal – di sinistra all’americana, woke nel gergo attuale: per il primato delle minoranze.  
 
È generale, ma curiosa, l’indignazione per l’aggiornamento della National Security americana – che al solito si imputa al “tycoon”. Curiosa perché il documento dice la verità. Oggi forse in maniera più rude (non nel contest o), ma lo dice da tre decenni, più o meno. L’Europa era famosa per le “scoperte”, ogni tanto scopriva un’altra parte del mondo. Adesso che dovrebbe scoprire che è nuda ha rigurgiti di pudore – cattivo Trump, cattivi americani.0
Ma, poi, si dice Europa ma è l’Italia: nei media transalpini tanto sdegno – o è paura – non si trova. L’informazione in Italia è sempre al tempo del Pci, dell’anti-americanismo.
 
L’Italia è andata ai sorteggi per il Mondale americano di calcio nel “quarto pot” (potenziale) o “ovr” (valutazione complessiva) della Fifa, l’ultimo, in questa fascia: Capo Verde, Curaçao, Giordania, Ghana, Haiti e Nuova Zelanda. E ha problemi a vendere in tv la serie A.
 
Dopo anto battage contro, l’editore di estrema destra alla fiera del libro di Roma può vantare di avere venduto tutto nei primi due giorni, e di avere la fila dei visitatoti-curiosi. Magari non è vero. Ma: 1) sicuramente è passato dall’anonimità di provincia, a San Casciano Val di Pesa, a editore d’area di primo piano, e 2) difficile pensare che  anti neofascisti abbiano pagato il biglietto, 10 euro, e si siano sbobbati una fila per solidarietà: Oppure: c’è una solidarietà di destra, da perseguitati? Ahi, ahi!
 
La separazione delle carriere in magistratura, tra inquirenti e giudicanti, è attiva in Portogallo da mezzo secolo, dalla “rivoluzione dei garofani”, e funziona. Tanto che la riforma Nordio viene detta a Montecitorio “alla portoghese”. Però il sindacato degli inquirenti portoghese fa comunicati per dire che la in Italia è “un pericolo per la democrazia”. I giudici deludono non tanto per non sapere o volere amministrate la giustizia ma per la rozzezza.
 
La giudice Albano, che a Roma ha presieduto il sinedrio delle giudici incaricate di bloccare il progetto Meloni di tenere fuori d’Italia gli immigrati irregolari in attesa del riconoscimento del diritto d’asilo (senza la possibilità, cioè, di eclissarsi nelle more dell’accertamento, che è la chiave della tratta mediterranea dell’immigrazione: metti piede in qualche posto in Italia ed è fatta) va al festival Meloni, Atreju. È la “dialettica politica”, spiega. Che i migranti si affidino ai mercanti, strapagandoli, anche se ogni tanto muoiono, a decine, a centinaia. La politica del cinismo? Albano ha già fatto carriera – presiede lo speciale Tribunale anti-Meloni – ma evidentemente non le basta.
 
Il presidente cinese Xi siede a una manifestazione all’aperto con cappotto ad alti revers – la Cina ha clima continentale, il freddo d’inverno è duro. Accanto a lui il presidente francese Macron sorride in giacchetta e camicia aperta. L’immagine dell’Europa, frilli e autocelebrazioni.
 
Il giornale di Xi, il “Quotidiano del popolo”, la “Pravda” cinese, del partito Comunista Cinese, fa la prima pagina con Macron in varie pose, tre o quattro fotografie. Nelle pagine interne comunica in piccolo, comunica lo sguinzagliamento della flotta cinese in tutte le aree contese, col Giappone, con le Filippine, e con la Russia – con la quale fa congiuntamente esercitazioni navali.
 
“Non tutti sano che tra gli anni Cinquanta e i Novata non era permesso agli emigrati di ospitare i propri figli in casa, in territorio elvetico”, Andrea Biavardi, il direttore di “Oggi”. I genitori di Biavardi erano emigrati in Svizzera, ma sua madre per partorire dovette spostarsi a Varese. Biavardi è del 1958.
 
Retromarcia del Pd su tutti i fronti, Torino, Napoli, Firenze, Bari, Reggio Emilia, Bologna, che aveva eletto Albanese loro concittadina ad onore, con le “chiavi della città”. Quelli di Jesi e di Fabriano invece tengono duro, non si fanno restituire le chiavi. Tutti sindaci Pd di matrice ex Pci. Che quindi non ha finito di fare danni? O è sempre il “partito dei sindaci”, che invece che amministrare pensano a pazzo Chigi? Albanese, di che eroismo è portatrice, giusto perché è un personaggio tv?  
 
Sinner in vacanza non ha trovato un minuto o un social per dire una parola in morte di Pietrangeli. Non per sbadataggine, è coadiuvato da un esercito di collaboratori, all’immagine, alla pubblicità, ai social stessi. Non è disattenzione. Come tutti i sudtirolesi, italiani ormai da un secolo, Sinner accetta l’Italia perché lo arricchisce – chiedere a tutti gli altri tedescofoni, dei tirolesi del Sud. Ma senza gratitudine, povere vittime.
 
Ilary Blasi, dopo avere tradito Totti, suo marito, prende a perseguitarlo quando lui si fa un’altra vita. Tra le tante sue iniziative, una denuncia per abbandono di minore. Solo perché una sera Totti è uscito a cena con la sua nuova compagna. La bambina lasciando accudita da baby-sitter – come i Carabinieri hanno accertato, che la Blasi aveva allertato. Su denuncia della Blasi si fa un processo. E non per ridere. Poi si dice che si fanno leggi contro i giudici. Iù che una legge ci vorrebbe un codice decenza nella giustizia.
 
Lo scrittore curdo di Turchia Burhan Sönmez, presidente del Pen International, denuncia la mostra romana “Più libri, più liberi”: “La situazione degli scrittori nel mondo” è in netto peggioramento, ”molti nostri membri sono attualmente in carcere”. Con un innuendo come se fossero in carcere in Occidente. Mentre sono tutti in carcere nei paesi mussulmani, la Turchia soprattutto, l’Algeria – e qualcuno in Venezuela e in Cina.
 
Dopo il siluramento, obbligato, di Yermak, l’alter ego di Zelensky, si fanno lunghe liste di affaristi e affari sporchi in questi anni di guerra, e quasi sempre con le forniture belliche. Prima non si sapevano o non dicevano? Si sapevano, se le ricostruzioni sono così accurate, dettagliate.
 
Non ha trovato molti cristiani il papa in Libano, dove erano i più numerosi dopo gli islamici -come un tempo in Palestina, in Iraq, in Siria, in Turchia. Gente pacifica, ma lo stesso invisa a islamici ed ebrei, anche non integralisti – in Egitto ci hanno provato, ma i Copti si sono difesi, col potere non con la chiesa.
 
È sempre record di occupati, e di occupati a tempo indeterminato. Con lo spread sotto quota 70. Sono numeri importanti per l’Italia – soprattutto se messi in rapporto con l’abbandono della siderurgia e dell’automotive, del settore metalmeccanico nell’insieme. Ma nessun commento positivo. Ragioni di opportunità politica? Cioè, i media importanti sono per il Pd? Che però appartengono a ricchi e riccastri, Elkann, Caltagirone, Cairo. Il Pd è la scelta dei ricchi e riccastri?
Né si può dire che gli editori ricchi e riccastri navighino “a sinistra” perché è di sinistra il p0bblico dei lettori. Dato che i lettori sono in calo costante. È solo opportunismo: l’opinione pubblica è infetta.
 
Vincono tutti le elezioni, un po’ a destra, un po’ a sinistra. Ma prendono meno voti, a destra e a sinistra. Vincono le percentuali.

Capodanno con Topolino

“Una cena speciale” è quella di San Silvestro per Montalbano, di una superinventiva che è tenuto a escogitare per passarlo da solo in casa di Adelina pea mangiarsi “otto suplì”, come una corsa a ostacolì per evitare tutti coloro che lo vorrebbero al “veglione”. Finisce male, nel senso che finisce a un veglione in maschera, di maschere di Topolino, il peggio del peggio, perché Livia  si materialzza all’improvviso e, non invitata da Adelina, “siccome che Adelina e Silvia non si facivano sange”, si è impuntata. Ma lì ha una sorpresa che gli risolve molti problemi. Anche con gli arancini.
È l’aneddoto migliore… Testi un po’ annacquati – a Capodanno siamo tutti buoni?
Si riedita la raccolta del 2012 con grafica attraente, ma di rilettura stanca.  
Aa.vv., Capodanno in giallo, Sellerio, pp. 280, € 12

sabato 6 dicembre 2025

Trump impone all’Europa la difesa comune

La vera novità della National Security Strategy americana che indigna l’Europa è che gli Stati Uniti vogliono che l’Europa impari a difendersi. Detto brutalmente, nello stile di Trump (ma forse nemmeno: nei media americani, pure attenti a ogni detto o fatto di Trump, non se ne parla), che però è anche l’unico linguaggio che l’Europa capisce.
A ottanta anni dalla fine della guerra l’Europa non ha una difesa: una organizzazione militare, armata adeguatamente, con piani strategici aggiornati. La difesa è anzi la cosa da cui finora più ha rifuggito.
Era stata la primissima idea di Europa, insieme con la Ceca (carbone e acciaio in comune). René Pleven, ministro della Difesa e poi presidente del consiglio a Parigi nel 1950, discutendosi della  riammissione della Germania alla spesa militare, propose di imbrigliarla in una Comunità europea di difesa (Ced): la Ced fu firmata, dai futuri fondatori della Comunità europea, ma la stessa Francia la bocciò nel 1954 con referendum. Poi se ne è molto parlato, ma per non farla.
La Ue che grida “al lupo, al lupo” contro Putin, che afferma che la Russia sta per invaderla, che si svena con ondate inutili di sanzioni, ne è il segno: l’Europa è imbelle. Spende molto in armi, ma a nessun effetto: armi da parata. Spende per cinque (o sono sei?) caccia diversi, otto (o dieci?) carri armati diversi, missili di ogni tipo e provenienza, e nessun piano strategico comune, o coordinamento, a parte le chiacchiere, e le scartoffie.

Cronache dell’altro mondo - migratorie (371)

“Il clero di San Diego offre sollievo agli immigrati – e uno scudo contro l’Ice (Immigration and Customs Enforcement – la polizia di frontiera, n.d.r.). In nessun’altra città la comunità religiosa si è mobilitata su così larga scala per difendere gli immigrati dal governo federale”.
Nel caso che si segnala si tratta della comunità cattolica. A iniziativa del primo vescovo nominato in America da Leone XIV, a maggio, Michael Pham, un vietnamita arrivato negli anni 1980 come rifugiato. Con l’ausilio del parroco di Nostra Signora di Guadalupe, nel Barrio Logan, Scott Santarosa. Che s’incrocia in abito talare, ma “è la versione statunitense di un teologo della liberazione”.
“All’inizio della guerra agli immigrati del Trump 2, il vescovo di San Diego, Michael Pham, scoprì che l’Ice era meno propenso ad arrestare in massa gli immigrati in presenza di membri del clero. Così decise che il clero si sarebbe recato in tribunale ogni giorno di sessione, e affidò a Santarosa la gestione del progetto – noto come Faith, “faithful accompaniment in trust and hoe”.
Santarosa ha creato un San Diego Organizing Project, al quale collaborano un centinaio di volontari. Che presidiano gli uffici dell’Ice e i tribunali.
(“The Nation”)

Toccherà rifare il “Viaggio” di Céline

L’amministratore delegato e direttore editoriale di Adelphi analizza “Londra”, il corposo inedito ricomparso “un po’ misteriosamente una sessantina di anni dopo la morte dell’autore”. Per cercare di datarne la scrittura. “Il coro degli studiosi, con rare eccezioni, è unanime: Guerra  e Londra”, due degli inediti fatti ritrovare tre anni fa e già pubblicati, “sono stati scritti tra il ’34 e il ‘35”. Tra i due grandi romanzi di Céline, dopo il “Viaggio al termine della notte” e prima di “Morte a credito”. Colajanni non ne è convinto. Basandosi sulla corrispondenza, e sulla mole del lavoro, spiega persuasivamente che i due testi dovevano fare parte del “Viaggio”, ma poi sono rimasti fuori. Per motivi che non sappiamo. Anche se con probabili rilavorazioni successive.
Un riesame che Colajanni basa sulla corrispondenza. Ci sarebbero altri elementi, si può aggiungere, stilistici e (orto)grafici, per una diversa, più probabile, datazione. Resta il fatto che  “Céline a quei manoscritti teneva moltissimo, e ha continuato a rimpiangerli per tutta la vita”.
Un saggio alla fine più complesso e ambizioso che la datazione degli inediti. L’intervento su “Londra” porta a un riesame del “Viaggio”, del progetto e della scrittura del “Viaggio”, l’opera prima (in realtà no, ma è questione complessa) e più importante di Céline. Colajanni ne avvia la rilettura. E individua, attorno al “Viaggio”, una sorta di “ciclo di Bardamu”, il nome diminutivo, ironicamente spregiativo, che lo scrittore si dà nel primo ciclo di narrazioni, nei primi anni 1930.
Roberto Colajanni, I castelli in aria di Céline, “La Lettura”  16 novembre 2025

venerdì 5 dicembre 2025

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (616)

Giuseppe Leuzzi


Si legge su Instagram una tabellina degli “espatriati” per regione, costruita all’inverso, dal meno al più:
10.Calabria 290.00
9. Puglia 300.000
8. Toscana 320.000
7. Emilia-Romagna 420.000  
6. Piemonte 470.000
5. Lazio 510.000
4. Campania 530.000
3. Veneto  614.000
2. Lombardia 690.000
1. Sicilia 844.000
Uno scherzo? Non è detto il periodo, né la fonte, né i motivi. Ma la migrazione dice una costante “normale”, un modo di essere e di vivere come un altro.
 
Parla sul “Corriere della sera” Allegra Gucci, che a 14 anni ha perso il padre Maurizio, fatto assassinare dalla madre Reggiani, e per i sucessivi trenta si è occupata della mare assassina, in carcere e fuori. Sempre insolentita, da bambina e dopo, dalla stessa. E dalla madre di lei – “una dona malvagia”. Entrambe di Vignola, il cuore dell’Emilia tutta cuore. Che eprò non si dice: la malvagità non fa parte del “racconto” Emiliano.
 
“Data Center, 14 nuovi progetti, per un investimento da 2,5miliardi”. Tutti attorno a Milano. Ricchezza chiama ricchezza. Magari saranno serviti da tecnici meridionali, magari formati al Sud, ma il “processo di sviluppo” no si raddrizza, al meglio va per accumulo – chi più ha più ha.
 
Il “Sole 24 Ore” compila la graduatoria della “qualità della vita” in cu le ultime 25 posizioni sono di città meridionali. E nelle prime 40 c’è una sola, Cagliari - peraltro 39ma. Senza ironia. È una classifica dura, ma per Miano, per chi l’ha compilata.
 
La giustzia settentrionale
Dialogo sul “Corriere della sera” tra Giuseppe Guastella, corrispondente a Bruxelles, e Alessandra Moretti, eurodeputata del Pd, inquisita dall’apparato repressivo belga:
“Lei è sospettata di associazione criminale finalizzata alla corruzione”.
“Non mi viene imputato nessun passaggio di denaro. Non ho mai ricevuto benefici, regali e vantaggi da nessuno e tanto meno dal Marocco o dal Qatar”. 
“Le contestano viaggi in questi due Paesi”. 
“Smentiti documenti alla mano. Mi è stato contestato di aver viaggiato più volte in Marocco, dove non ho mai messo piede in vita mia, come ho dimostrato producendo i miei passaporti dai quali emerge chiaramente. Mi è stato contestato che sarei andata ad assistere a una partita di calcio durante i Mondiali in Qatar, e anche questo ho smentito. Mi è stato contestato di aver fatto dichiarazioni in favore del Qatar, che poi sarebbe un mio diritto, ma ho prodotto in commissione un video dal quale emerge che non è vero. Contestazioni tutte smaccatamente false”. 
Questo il giorno in cui il Belgio arrestava l’ex ministro degli Esteri Federica Mogherini, in qualità di rettrice del Collegio d’Europa, l’ambasciatore Stefano Sannino, direttore generale della Commissione per l’area Mena (Medio Oriente e Nord Africa), e un ex direttore del Collegio, Cesare Zegretti. Con sei imputazioni, tutte gravi: turbativa d’asta, frode in appalti pubblici, conflitto d’interessi, violazione del segreto professionale, violazione delle norme sulle gare d’appalto, e naturalmente corruzione. Poi i tre sono stati rilasciati senza nessuna restrizione. Ma dopo che la carcerazione aveva fatto la cronaca di tutto il mondo per tre o quattro giorni, che Mogherini si era dimessa, che Sannino se n’era andato in pensione. Un processo mediatico, di grande impatto. A carico di tutti italiani.
È il secondo. Il primo è quello detto “Qatargate” nel qale ha impattato Moretti. Anche qui arresti, tre anni fa. Di tutti ialiani – con la vice-presidente del Parlamento europeo, Eva Kaili, greca, perché moglie di un italiano. Il giudice di quel caso finì lui per primo malamente, e il processo dopo tre anni ancora non è stato istruito. Il Belgio non era il posto giusto per un’Europa che avesse avuto ambizioni. È razzista – lo è stato feroce con gli italiani quando aveva le miniere – ed è tribale. Non per nulla inviso ai franecsi, quando era francofono – anche ai francesi esuli, Victor Hugo, Baudelaire. Insomma, un Nord con molti limiti, conclamati. Ma si prende sul serio – viene preso sul serio dai media italiani. Il Nord ha sempre ragione - Nord, basta la parola.
Il “trattameto inumano” che Eva Kaili, la vicepresidente greca sposata con un italiano, subì a Natale del 2022 in carcere – sedici ore in camera di sicurezza, senza cappotto e senza coperta, con la luce accesa, con perdite copiose per il ciclo, senza potersi lavare – “è”, secondo i suoi avvocati, “estremamente rara, la si usa nei crimini di mafia”. Questa invece, se non fosse stata una tortura, si direbbe una vendetta: italiani tutti mafiosi, nel tutto è mafia – nel Qatargate e nel Collegiogate sono tutti settentrionali.   
 
Il Sud indigesto a Pasolini
Nelle molteplici celebrazioni di Pasolini si trascura la trascuratezza per il Meridione – quando non insorge per l’urgenza sessuale. Non c’è traccia nella sua straripante opera. Nemmeno quando per ragioni di location e di budget dovette lavorarvi, come nel “Vangelo secondo Matteo”. Ha vari accenni, specie nelle prose giornalistiche, a giovani napoletani, calabresi, africani, ma giusto per il bisogno sessuale, vissuto come vergogna e quindi rifiutato con tutti i comprimari – nulla al confronto con l’esasperato sentimentalismo di analoghe esperienze della prima mitizzata giovinezza, nel Friuli di pianura. Il rapporto speciale, “paterno”, che aveva instaurato con Ninetto Davoli, calabrese, ruppe quando Ninetto decise di sposarsi.
Qualche apprezzamento, ma locale, e sempre legato al sesso, giusto in “La lunga strada di sabbia”, il reportage delle coste d’Italia che fece nel tra il giugno e l’agosto del 1959, commissionato dal mensile “Successo”. Sembrerebbe di no, arrivato al Circeo annuncia: “Il cuore mi batte di gioia, di impazienza, di orgasmo. Solo, con la mia millecento e tutto il Sud davanti a me. L’avventura comincia”. Ma non sa che dirne, eccetto qualche luogo comune – come il viso scuro dei mafiosi… Giusto a Portopalo si emoziona: “La gente è tutta fuori, ed è la più bella gente d’Italia, razza purissima, elegante, forte e dolce”.
Nel poemetto “L’umile Italia”, della raccolta “Le ceneri di Gramsci”, 1957 (ma già pubblicato nel 1954, sulla rivista “Paragone-Letteratura”), mette a fronte il Meridione, nella fattispecie dell’Agro romano, di cupa tristezza, e la limpida luminosità del Settentrione. Il Nord, connotato dal volo delle rondini, è puro e umile, il Sud è “sporco e splendido” – l’antinomia del peccato. “È necessità il capire / e il fare: il credersi volti / al meglio”, cercando di lottare, pur soffrendo, senza lasciarsi andare alla “rassegnazione-furente marchio/ della servitù e del sesso -/ che il greco meridione fa/ decrepito e increato, sporco/ e splendido".
 
Reggio Calabria, o del sottosviluppo
Per il secondo o terzo anno consecutivo “Il Sole 24 Ore” mette Reggio Calabria all’ultimo posto per qualità della vita. Scandalo, proteste, il lungomare, lo Stretto, il museo, l’aria, l’università, i licei, l’ospedale etc. - e poi, non è la città cn il clima migliore a dicembre, 
“Mens Health” dixit? In buona fede, chi abita a Reggio fatica ad accettare la degradazione. Per chi vive nel reggino no, compresa la cintura di paesini che fanno la conurbazione di Reggio, da San Roberto e gli altri santi viciniori, a Fiumara, Villa San Giuseppe, e giù, per gli stessi ex paesi ora rioni periferici della città, Spirito Santo, Consolazione, Ravagnese, eccetera: lo stato di abbandono è visibile, fisico, nella viabilità, nella segnaletica, nel disordine edilizio, nel disordine. Come una putrefazione.

Dello stesso tipo è la percezione nelle tre grandi aree della provincia, di cui Reggio è la “città metropolitana”, che perciò dipendono da Reggio: la Piana di Gioia Tauro sul Tirreno, la Jonica che ora si vuole Locride sull’altro versante, e nel mezzo le pendici dell’Aspromonte. Di povertà in froma di degrado – in mezzo a consumi privati in stile lombardo, voyant.
Nonché lo sviluppo, al Sud, comunque a Reggio e dintorni, sarebbe più utile studiare il sottosviluppo, come si sperpera il capitale invece di metterlo a frutto. Bisognerebbe studiare il sottosviluppo perché delle tre province calabresi Reggio era in partenza, ancora nel secondo dopoguerra e per tutti gli anni 1960, la più ricca e la meglio organizzata. Poi, all’incirca con la rivolta “Reggio capitale”, si è abbandonata. La città non si è amministrata, se non per un breve periodo in coincidenza con l’interramento della ferrovia per magnificare il lungomare. Che portò all’assassinio di Ludovico Ligato, il presidente di Ferrovie dello Stato che aveva propiziato l’opera. Abbandonandosi a piccole mafie – che agivano alla luce del sole. E all’inerzia. Mentre le province di Cosenza e Catanzaro, e le neonate province di Vibo Valentia e Crotone marciavano spedite sulle regolarità della vita politica (sanità, istruzione, comunicazioni, regolamenti edilizi, etc.). Con università, ospedali, centri urbani regolati e curati.
Il passaggio di molti poteri alle ex province, specie le strade, ha ridotto il reggino a una realtà impraticabile. Anche fisicamente, visibilmente - oltre che politicamente, amministrativamente. Per frane, abusi, cattiva manutenzione. E niente ospedali: la Regione non riesce a venire a capo dell’inerzia reggina. Reggio ha avuto l’aeroporto da tempo immemorabile, ma i nuovi aeroporti di Catanzaro (Lamezia) e Crotone lo surclassano – ogni anno di Reggio si discute la chiusura.
 
Cronache della differenza: Puglia
Bari festeggia san Nicola, insieme a mezza Europa, da Rowaniemi a Venezia, di cui è compatrono con san Marco, e alla Turchia – dove a Myra (Demre) ancora lo celebrano, benché in ambito islamico. E di fama ora mondiale come Santa Klaus, il Babbo Natale. Era di culto nell’odierna Turchia - Costantinopoli contava 26 chiese a lui dedicate. Le spoglie furono rubate a Myra dai pugliesi, non dai veneziani: era il 1087 e Venezia era di là da venire, mentre Bari e la Puglia erano molto “levantini” – ancora nel dopoguerra avevano legami commerciali fino all’area del mar Nero.
Il trafugamento delle reliquie da Myra la città celebra il 7-9 maggio, con un corteo storico che è un festa anche per gli ortodossi, specie i russi.
 
Sentendo parlare i genitori di Tatiana, la giovane di Nardò, vedette di Instagram, si capisce perché ha voluto isolarsi per una settimana – non osando abbandonare la famiglia: due mondi antitetici. Uno passivamente tradizionale, seppure di buonissime intenzioni (i genitori hanno adottato Tatiana e il fratello, ucraini) e un modo di essere e vivere totalmente diverso – Nardò è una cittadina, ma pur sempre di provincia.

Tatiana non ne poteva più? Tra due mondi, due generazioni, un salto, nn un moto progressivo, un adattamento. Tale è il balzo che ha fatto la Puglia in pochi anni. Tutta la Puglia, non solo Bari, dalla Capitanata a Santa Maria di Leuca. 
 
L’ex presidente del consiglio e capo dei 5 Stelle Conte si può dire l’ultimo “uomo forte” della Puglia, di cui è originario, dopo Aldo Moro e Massimo D’Alema. Ma al voto regionale ha preso meno voti della Lega di Salvini. La Puglia si libera dall’assistenzialismo? Votando Lega?
 
All’impovviso è Foggia l’epicentro nazionale della malavita. Caporalato, pizzo, rapine, evasion fiscal, e pure la violenza giovanile. L’Italia ha bisogno - l’abitudine - di un centro del male. Su cui scaricare tutte le sue infamie. Era Palermo – non senza ragione – poi l’improbabile ‘ndrangheta, proclamata tale dai servizi segreti, ora Foggia. Senza una causa o congiuntura che vi porti. L’antimeridionalismo non sa più che inventare?
 
Si vota in Puglia per la Regione e molti capoccioni della politica restano fuori. Il più illustre è Vendola, ma anche altri, specie del Pd: il capogruppo al consiglio regionale uscente Paolo Campo, gli assessori Pd uscenti Stea, Amato e Lopane, Licia Parchitelli, candidate di Elly Schlein, e il potente direttore 5 Stelle della Cultura, Patruno. Mentre non si è potuto ricandidare il president uscente Emiliano, uno di quelli che brigavano per il terzo mandato. Un voto contro il padrinaggio?

leuzzi@antiiti.eu

Scuola (di sesso) per generazione

Alla terza serie il format catalano Merlì vira sul generazionale. In aula professori amicizie all’antica e sesso eterosessuale. In classe turbe e pratiche di monosesso. Con un senso di innaturalezza - di schematico. Che per lo spettatore è stanchezza – ma anche Gassmann ha perduto lo sprint.
Audience in calo, lo vedono tre milioni – pochi per Rai 1. Curiosa la differenza culturale: il format risponderà allo spirito catalano, dei “primi sempre, in tutto”, l’Italia gradisce poco, va ancora col passo lento.
AA.vv., Un professore, Rai 1, Raiplay

 

giovedì 4 dicembre 2025

Cronache dell’altro mondo – giudiziarie quinquies (370)

“George Soros ha cambiato la giustizia penale in America. Il finanziatore liberal ha speso decine di milioni di dollari per influenzare decine di elezioni a procuratore distrettuale.
“Quando le pubblicità che denigravano il procuratore distrettuale Jonathan Sahrbeck iniziarono a diffondersi nelle cassette postali e in televisione circa tre settimane prima delle primarie democratiche del 2022, sia lui che il suo avversario rimasero ugualmente sbalorditi.
“Come molti attacchi alle campagne elettorali moderne, gli annunci provenivano da un comitato politico indipendente finanziato da un miliardario, in questo caso l’ex gestore di hedge fund e filantropo liberal George Soros, che dieci anni fa si era proposto di eleggere procuratori distrettuali che avrebbero indirizzato i criminali della droga e i minorenni verso la riabilitazione anziché verso il carcere, si sarebbero opposti alla cauzione in denaro per i reati minori e avrebbero represso la cattiva condotta della polizia”.
(“The Washignton Post”)
“Billionaire Nation” - la nazione dei miliardari -  è una serie del “Washington Post” che esamina come i più ricchi abbiano accumulato un potere politico senza precedenti.

L’effetto Di Pietro a Bruxelles – o l’Europa abbandonata

Eva è Eva Kaili, greca, socialista, giovane, bella, vice-presidente del Parlamento europeo. Rovinata a Bruxelles, nella carriera politica e nella vita, da un emulo di Di Pietro, un avvocato che si era fatto giudice istruttore per entrare poi da salvatore in politica, un certo Michel Claise (lo fece, un anno dopo avere imbastito il caso, ma ebbe solo 5 o 6 mila voti – peggio del giudice Ingroia). Carcerata e umiliata in vari modi, lei, suo padre, suo marito, la figlia, di due anni. Il suo avvocato ne fece subito denuncia, senza essere contraddetto: “Per sedici ore è stata in una cella di polizia, non in prigione, e al freddo. Le hanno tolto il cappotto e le è stata negata una seconda coperta. Aveva il ciclo con perdite di sangue abbondanti e non si è potuta lavare. La luce della cella è sempre rimasta accesa e lei non poteva dormire”.
La difesa-denuncia di Eva Kaili è d’ufficio. Ma Guastella è il decano dei giornalisti a Bruxelles, sa come si fanno le cose attorno al Berlaymont – e non aveva fatto un eroe in un primo tempo dell’avventuroso Claise, “il coriaceo giudice”, “celebrato in patria come integerrimo paladino dell’anticorruzione” (di Eva Kaili scrivendo tranquillo “arrestata in flagranza per corruzione”)?
Una storia di varia umanità. E di malagiustizia – lo scandalo per il quale Kaili è stata arrestata e torturata, il “Qatargate” dei cronisti giudiziari, nessun successore di Claise si è sentito di portare in tribunale, a fronte di prove false. In una capitale che si dimostra ogni giorno di più un handicap per l’Unione Europea, per razzismo, più o meno velato (fa scandalo solo di italiani), divisioni etniche, riserve sulla stessa Europa, burocrazia spaventosa. E ora pure i processi “mediatici”. I belgi non si scoprono ora.
Un po’ di autocritica sulla politica fatta dai cronisti giudiziari non sarebbe stata male.
Lodovica Bulian-Giuseppe Guastella, Il peccato di Eva, Fuoriscena, pp. 240 € 17,50

 

mercoledì 3 dicembre 2025

Se la “pastetta” Mps-Caltagirone è del Tesoro

Ma allora, se è vera la testimonianza di Orcel in aprile alla Procura di Milano, che Unicredit aveva offerto un premio del 10 per l’acquisto di Mps - l’aveva offerto alla dirigenza del Tesoro dopo averne parlato col ministro Giorgetti. E che la dirigenza ha rifiutato. Allora l’indagine milanese sul “concerto” non è politica, c’è aria di concussione e di corruzione. E qui si mette male per Mps, per i suoi nuovi padroni, e per la burocrazia del Tesoro. Perché non c’è neanche bisogno di dimostrare la concussione\corruzione, basta il “concerto”, che in questo caso è nei fatti.
“Su Mps una battaglia con due perdenti”, questo sito poteva titolare quattro anni fa, il 31 ottobre 2021
http://www.antiit.com/2021/10/su-mps-una-battaglia-con-due-perdenti.html
Quindi il gioco del Tesoro era partito prima del governo Meloni – col governo Draghi. Ministro del Tesoro Daniele Franco, altro grand commis della grande burocrazia pubblica (Banca d’Italia).
Il Tesoro è sempre stato il dicastero più professionale e considerato, vestale come nessun altro dell’interesse dello Stato – non si fa la “pastetta” Mps per incapacità. Ma è anche vero che Roma è “prensile”.

La sindrome del tribunale

Si ragiona sui media italiani (solo su quelli italiani) come se la Russia fosse davanti a un tribunale di Norimberga. Trascurando il fatto che ha vinto la guerra e non la perde. Che la Cina, e ora anche gli Stati Uniti, sono con la Russia. Che il tribunale che si vorrebbe, la Corte penale dell’Aja, non eisiste per Cina e Stati Uniti, oltre che per la Russia. Che a Norimberga si fece un processo politico, per quanto giusto, che comunque ora è impossibile fare. Che a Ue non solo non ha vinto la, guerra, ma è poca cosa negli assetti politici mondiali, che sono cosa diversa dal pil, rispetto alla Russia.
Stupidità non è, i dati di fatto sono evidenti – la stupidità vorrebbe compassione. C’è un moralismo d’accatto, vittimista, che dovrebbe lavare l’inconsistenza e\o l’incapacità. Se la guerra in Ucraina è la nostra guerra, ha ragione Putin: facciamola. Il problema è che gli Stati Uniti hanno voluto punzecchiare la Russia, e l’Europa ne paga le conseguenze.
Ma neanche questo si dice, neanche ora che gli Stai Uniti (non gli Stati Uniti dell’aborrito Trump, quelli di Clinton, di Bush jr., di Biden e di Trump) tengono l’Europa di scorta.

“Montalbano” al lavoro in Toscana

Sotto un titolo improbabile storie vere. Di incidenti sul lavoro, mortali. Che sono numerosi, quasi quotidiani, e sempre per colpe, gravi. Alessio Vassallo lascia i panni grevi dello “scannatore” del “Giovane Montalbano” per quelli barbuti e tristi dell’ispettore, vedovo inconsolabile, che torna a Lucca, all’ufficio provinciale del Lavoro, da Reggio (Calabria) dove ha vissuto a lungo. Con una bambina vivace da accudire. E una metodologia e una capacità di analisi in grado di fargli risolvere ogni caso – due per puntata. Un “Montalbano” meno teatrale, ma altrettanto simpatico, e più vero - la materia lo è, nuova. Con ambientazioni e tempi convincenti e misurati - come nei Montalbano . Il buco nero della morte del padre tiene le fila della miniserie.

Un vecchio amico del padre, Cesare Bocci, lo ospiterà provvisoriamente, accudendo con intelligenza e brio la bambina, mentre si spende tutto nel “sociale” – ma con qualche segreto inconfessabile, del tipo racket. Mentre due ex compagne di liceo, che al tempo “non lo vedevano”, al ritorno lo scoprono attraente e anzi irresistibile, Francesca Inaudi e Silvia Mazzieri.
È come dice la regista, “un ispettore senza pistola, che per risolvere i suoi casi non usa la violenza, ma la gentilezza, la competenza, lo studio, l’intelligenza, l’empatia”. Per storie ricavate dalla cronaca. Con metodologie, psicologie, maniere ricalcate sui libri di Pasquale Sgrò - lui stesso ispettore del Lavoro a Lucca per lungo tempo, proveniente da “Reggio” (Motta San Giovanni). Ma senza “regionalismi”.
La Rai non ha promosso la miniserie, che quindi ha debuttato senza le grandi file. I casi e la qualità della sceneggiatura meritavano di più.
Paola Randi, L’altro ispettore, Rai 1