martedì 9 dicembre 2025
Il governo si fa il primo gruppo bancario nazionale, senza opposizione
Il governo è entrato come un bulldozer
nel mondo bancario e del risparmio, nel silenzio, anche delle opposizioni.
Con Mps-Bpm-Mediobanca ha già il terzo gruppo bancario nazionale, e con l’assorbimento
in corso di Generali si farà il primo. Per bancassurance, che è il settore più
redditizio, e per attivi. Nel silenzio delle opposizioni, che pure su ogni
altra quisquilia sono in armi ogni giorno e ogni momento del giorno.
Ammuìna sui fondi russi
È
tema obbligato, da mesi, l’utilizzo delle riserve finanziarie e monetarie russe
in Occidente, e degli investimenti di soggetti russi in titoli del Tesoro sempre
in Occidente. Che non si può fare in base al diritto internazionale privato. E
a lume di logica: il mondo disinvestirebbe dal debito occidentale.
È
tema obbligato praticamente solo in Italia. Sulla base di una ipotesi della Commissione
di Bruxelles. Che però è una parte dei servizi finanziari della
Commissione. Ed è stata avanzata a titolo dissuasivo nei confronti di Mosca.
Una ammuìna finanziaria – faciti
‘a faccia feroci. Come quella degli aiuti militari all’Ucraina, che di mese
in mese si rinnovano, con processione di Zelensky in ogni capitale, ma non si vedono
sul campo.
L’amore per caso
Una gradevole commedia all’americana, con poca suspense,
e lieto fine assicurato. Un maturo ma giovane uomo d’affari è irresistibilmente
attratto da un’aspirante ballerina un po’ sventata, conoscenza occasionale di
aeroporto – da cui iltitolo. Che convive con una coetanea incinta, di uno che
non ne vuole sapere, nemmeno di lei. E con un farfallone servizievole, il
“devoto delle donne” - a tempo perso toyboy
della padrona di casa cinquantottenne, per farsi ridurre l’affitto. L’aspirante
ballerina è ovviamene anche lei attratta, ma non ne vuole sapere: non vuole protezioni
né raccomandazioni.
Una tramina leggera. In una Napoli perfetta, senza
traffico, senza rumori, gentile e colorata. Un racconto che si anima da solo,
anch’esso senza spinte, né artifici né sorprese - sapendo il finale, si gode di
più (vediamo come ci si arriva)? O per l’aderenza degli interpreti ai
personaggi, un casting curato: Denise Tantucci e Francesco Arca nei
ruoli principali, i debuttanti Erasmo Genzini e Anna Lisa Pierro compagni di
casa, e di contorno grandi professionisti, Beppe Servillo vecchio zio che ha
ballato con Nureyev e Vassiliev, Mauro Graiani
omo-immagine, che scombina e combina i piani, Rosalia Porcaro cui basta
la sola presenza per dare corpo alla suocera che non ne vuole sapere.
Manfredonia, il regista dei Cetto La Qualunque, qui torna alle radici
familiari, dei Comencini. Della misura, nell’introspezione e nel ridicolo.
Giulio Manfredonia, Hotspot, amore senza rete,
Sky Cinema
lunedì 8 dicembre 2025
Secondi pensieri - 574
zeulig
Consapevolezza – Un lusso, Dostoevskij lo fa dire dal
memorialista delle sue “Memorie del sottosuolo”, a inizio racconto. E una condanna,
dopo un certo punto: la consapevolezza ci vuole, dice il narratore di Dostoevskij,
ma fino a un certo punto. Quella, p.es., “di cui vivono tutte le cosiddette persone
spontanee e gli uomini d’azione”. Quanto basta per (soprav)vivere e agire, modestamente.
“Sì, perché l’autentico, diretto, immediato frutto della consapevolezza è
precisamente l’inerzia”.
L’attivismo in particolare è stolido: “Lo ripeto, con forza anzi lo ripeto tutte
le persone spontanee e gli uomini d’azione sono tali appunto perché sono ottusi
e limitati”.
La filosofia allora? Come dire che la conoscenza (qui chiamata
consapevolezza) non ha senso né valore. Non buono. Una negazione inattuabile,
se non che, successivamente – successivamente a Dostoevskij - c’è stata la
conoscenza in forma di psicanalisi. E l’analisi, la psicoanalisi, non farà più
danni di quanti benefici (terapeutici) possa comportare? Dostoevskij – il suo
narratore - sapeva già di sì: “Forse che la persona consapevole può avere il benché
minimo rispetto di sé?”
P.es.: “La consapevolezza del torto subito tramutandosi in spirito di vendetta
riduce l’uomo a un vendicativo isolamento”.
Dostoevskij, certo, potrebbe parlare per sé, della tentazione, o del beneficio,
di isolarsi dopo l’ingiusto confino?
Intercultura – S’intende, più o meno scopertamente,
accettazione, se non pratica, di fedi diverse – fedi religiose. Di religioni
cioè, che invece sono patrimoni molto caratterizzati, quasi esclusivi, per
impianto e, soprattutto, per concezione storica, di molteplici eventi, accaduti
o procurati, azioni e reazioni. Come dialogare non nel senso di conoscere ma di
appropriarsi, fare proprie, realtà che sono per natura, per conformazione e
sviluppo, diverse e anche antitetiche, e molto spesso dichiaratamente ostili,
nei propositi o nella conformazione.
Irrazionale – S’intende tutto ciò che non è scientifico.
Mentre è “nativamente”, in radice, inizialmente, illogico, inconseguente,
assurdo, e anche volontaristico - voler uscire dal consequenzialismo, anche soltanto
dall’abitudine, dal modo di essere. Una conformazione che fa della razionalità non
l’innervazione del mondo, ma un cantuccio, o un circoletto, dentro una grande
nuvola, una meteora, una galassia.
Male – “Unde malum”, l’eterna questione di chi crede
in un Dio creatore-salvatore, può risolversi come la scrittrice Flannery O’Connor
argomenta nei suoi racconti – e nella corrispondenza: il male è il mondo, da
cui ci si salva per la grazia di Dio. Il
male come un sostrato, un campo, o un mezzo divino per essere benedetti da Dio,
prescelti, folgorati dalla sua grazia – dal suol arbitrio.
Che spiega il male (ne dà una spiegazione), ma annienta Dio, la creazione.
Il male resta l’anti-creazione.
Stupidità –
È il nostro substrato, della psiche e dell’esistenza, giacché si procede
per trials and errors.
Il libero arbitrio è farcito di (è la voce della) stupidità.
“Signori, poniamo che l’uomo non sia stupido” – Dostoevskij, Memorie del
sottosuolo”, § VIII – “e in effetti, che egli sia stupido non lo si può proprio
dire, se non altro per l’unica ragione che, se fosse stupido lui, chi rimarrebbe
più da potersi dire intelligente?” (ed. Oscar, p. 44).
Verità – Resta -residua – dalle religioni. Ma anche lì con
dubbi.
È il contrario della confusione (mentale, emotiva), o della furbizia, per
quanto introiettata, e quindi indismissibile. Accertabile (esistente) benché
latitante, in dipendenza da “ordinamenti” storici.
Volontà - È
per natura incerta – volubile. “Se davvero si riuscisse un giorno a scoprire la
formula di tutti i nostri desideri e i nostri capricci, ovvero ciò da cui essi
dipendono, e le leggi precise per le quali essi si producono, e il modo in cui
essi effettivamente si appagano, e ciò a cui tendono nella tale e nella
tal’altra occasione, ecc. ecc., se si riuscisse cioè a scoprire la loro vera
formula matematica, magari allora l’uomo potrebbe anche smettere di volere, e
anzi, smetterebbe di certo” - F. Dostoevskij, “Memorie del sottosuolo”, § VIII,
Oscar p. 40.
zeulig@antiit.eu
Ombre – edizione speciale
“L’EUROPA
SOTTO ASSEDIO”
“Mosca si allinea all’attacco di Trump: «Condividiamo
la sua visione sul Vecchio Continente»
“Musk ancora contro la Ue: Quarto Reich”
Cohn-Bendit: “Vogliono eliminarci, è un nuovo patto
Molotov-Ribbentrop” (Cohn come Coen, non il con francese).
(la Repubblica”)
Amore e morte nella topaia
Una miniserie a forte impatto emotivo, con tentativi
di stupro, adulteri, due assassinii e un suicidio. Un dramma, una serie di drammi,
per niente, per nessun motivo e nessun obiettivo, se non la voglia da “piccolo-borghese
provinciale”, come si sarebbe detto una volta (la solita Bovary, più che lady Macbeth),
di andare a letto con chi vuole – insomma, amore e morte. Sopraffatto da una
musica debordante, come nelle cavalcate dei film – Šostakóvič fu fertile autore
di musiche da film, all’opera è arrivato praticando da ragazzo questa arte: mai
una pausa, un idillio, un sospiro.
Chailly, l’orchestra e il coro della Scala esaltano
il ritmo della scrittura musicale. La messinscena e gli interpreti l’appannano.
L’appiattiscono in una sorta di commedia all’italiana. No, di attardato, o neo
(v. il cinema coreano) neorealismo: troppi corpi sfatti, di cinquanta-sessantenni,
per una regia che li vuole preferibilmente in canottiera sudaticcia alla Bossi,
e anche nudi. E la poesia si perde. Anche il dramma, lo scontro degli opposti
egotismi. Si salvano i personaggi di contorno, per voce, intonazione e gestualità:
il basso Alexander Roslavets, suocero di Lady Macbeth, Ekaterina Sannikova, brillante
“operaia”, concupita dagli omaccioni, il baritono-basso Ivan Shcherbatykh, il capo-reparto
che la palpeggia. Le voci principali, Sara Jakubiak e Najmiddin Mavlyano, la
Lady e l’amante Sergej, sono incolori. Per
effetto della scena, dei costumi, dei debordanti poignets d’amour? Lei
ha un giustificativo: deve lavorare molto, per tutt’e quattro gli atti, su più
di un registro.
Si vuole “Lady Macbeth” un’opera femminista, ma non
lo è. Lei difende, sì, una serva da un tentativo di violenza sessuale. Ma è, si
sente, colpevole, perfino di fronte a una polizia corrottissima. E muore per i
dispetti di un’avida e furba compagna di sventura in Siberia. Semmai, un’opera
libertina. Sarebbe, con altro approccio registico che non questo alla Scala.
Una critica della “Pravda”, il temibile giornale del
partito Comunista Sovietico, alla prima stagione dell’opera, nel 1936, che si
vuole scritta o dettata da Stalin, una stroncatura senza appello, ne ha fatto
un oggetto di culto. E per molti aspetti lo è ancora. Per il soggetto: non si è
osato nulla di dremmaticamente così ardito. E per la tensione sonora, che è
costante. Ma, si direbbe, da vera “musica da film”, su una partitura a un solo tempo,
se ci fosse, l’“incalzante”. Qui peraltro su fondo ammosciante.
La regia, molto vantata, di Vassily Barkhatov (lui,
sì, personaggio da “Lady Macbeth”, con un gigantesco ciuffo biondo a volute
molto curate – ogni “uscita” gli deve prendere molta cura), ambienta il dramma in
una topaia. Anche nelle scene in cui, per dire l’affluenza che circonda la Lady,
si sta dentro un ristorante apparecchiato, di molti tavoli. Un fondale grigiotopo.
Per lo più di luci spente. E costumi marroncino.
Undici minuti di applausi, ma alla Scala alla prima sono ormai obbligati. Pochi alla tv, pochissimi per Rai1, meno di un milione.
Dmítrij Dmítrievič
Šostakóvič, Lady Macbeth del distretto di Mcensk, Teatro alla Scala
domenica 7 dicembre 2025
Ombre - 802
Ci sono due posizioni che ci concernono nel nuovo documento
americano di difesa nazionale, distinte e chiare. Una è che l’Europa della Nato
deve avere un potenziale e una strategia di difesa, , non possono – non devono,
non vogliono, le priorità americane sono altre - garantirgliela gli Stati Uniti.
L’altro è politico, e riflette l’attuale amministrazione: l’irritazione verso
un’Europa illiberale per essere troppo liberal – di sinistra all’americana,
woke nel gergo attuale: per il primato delle minoranze.
È generale, ma curiosa, l’indignazione per l’aggiornamento
della National Security americana – che al solito si imputa al “tycoon”. Curiosa
perché il documento dice la verità. Oggi forse in maniera più rude (non nel
contest o), ma lo dice da tre decenni, più o meno. L’Europa era famosa per le
“scoperte”, ogni tanto scopriva un’altra parte del mondo. Adesso che dovrebbe
scoprire che è nuda ha rigurgiti di pudore – cattivo Trump, cattivi americani.0
Ma, poi, si dice Europa ma è l’Italia: nei media transalpini
tanto sdegno – o è paura – non si trova. L’informazione in Italia è sempre al
tempo del Pci, dell’anti-americanismo.
L’Italia è andata ai sorteggi per il Mondale americano
di calcio nel “quarto pot” (potenziale) o “ovr” (valutazione complessiva) della
Fifa, l’ultimo, in questa fascia: Capo Verde, Curaçao, Giordania, Ghana, Haiti
e Nuova Zelanda. E ha problemi a vendere in tv la serie A.
Dopo anto battage contro, l’editore di estrema
destra alla fiera del libro di Roma può vantare di avere venduto tutto nei
primi due giorni, e di avere la fila dei visitatoti-curiosi. Magari non è vero.
Ma: 1) sicuramente è passato dall’anonimità di provincia, a San Casciano Val di
Pesa, a editore d’area di primo piano, e 2) difficile pensare che anti neofascisti abbiano pagato il biglietto,
10 euro, e si siano sbobbati una fila per solidarietà: Oppure: c’è una solidarietà
di destra, da perseguitati? Ahi, ahi!
La separazione delle carriere in magistratura, tra inquirenti
e giudicanti, è attiva in Portogallo da mezzo secolo, dalla “rivoluzione dei
garofani”, e funziona. Tanto che la riforma Nordio viene detta a Montecitorio
“alla portoghese”. Però il sindacato degli inquirenti portoghese fa comunicati per
dire che la in Italia è “un pericolo per la democrazia”. I giudici deludono non
tanto per non sapere o volere amministrate la giustizia ma per la rozzezza.
La giudice Albano, che a Roma ha presieduto il sinedrio
delle giudici incaricate di bloccare il progetto Meloni di tenere fuori d’Italia
gli immigrati irregolari in attesa del riconoscimento del diritto d’asilo (senza
la possibilità, cioè, di eclissarsi nelle more dell’accertamento, che è la
chiave della tratta mediterranea dell’immigrazione: metti piede in qualche posto
in Italia ed è fatta) va al festival Meloni, Atreju. È la “dialettica politica”,
spiega. Che i migranti si affidino ai mercanti, strapagandoli, anche se ogni tanto
muoiono, a decine, a centinaia. La politica del cinismo? Albano ha già fatto carriera
– presiede lo speciale Tribunale anti-Meloni – ma evidentemente non le basta.
Il presidente cinese Xi siede a una manifestazione all’aperto
con cappotto ad alti revers – la Cina ha clima continentale, il freddo d’inverno
è duro. Accanto a lui il presidente francese Macron sorride in giacchetta e camicia
aperta. L’immagine dell’Europa, frilli e autocelebrazioni.
Il giornale di Xi, il “Quotidiano del popolo”, la “Pravda”
cinese, del partito Comunista Cinese, fa la prima pagina con Macron in varie
pose, tre o quattro fotografie. Nelle pagine interne comunica in piccolo, comunica
lo sguinzagliamento della flotta cinese in tutte le aree contese, col Giappone,
con le Filippine, e con la Russia – con la quale fa congiuntamente esercitazioni
navali.
“Non tutti sano che tra gli anni Cinquanta e i Novata
non era permesso agli emigrati di ospitare i propri figli in casa, in
territorio elvetico”, Andrea Biavardi, il direttore di “Oggi”. I genitori di Biavardi
erano emigrati in Svizzera, ma sua madre per partorire dovette spostarsi a
Varese. Biavardi è del 1958.
Retromarcia del Pd su tutti i fronti, Torino, Napoli,
Firenze, Bari, Reggio Emilia, Bologna, che aveva eletto Albanese loro concittadina
ad onore, con le “chiavi della città”. Quelli di Jesi e di Fabriano invece tengono
duro, non si fanno restituire le chiavi. Tutti sindaci Pd di matrice ex Pci.
Che quindi non ha finito di fare danni? O è sempre il “partito dei sindaci”,
che invece che amministrare pensano a pazzo Chigi? Albanese, di che eroismo è portatrice,
giusto perché è un personaggio tv?
Sinner in vacanza non ha trovato un minuto o un social
per dire una parola in morte di Pietrangeli. Non per sbadataggine, è coadiuvato
da un esercito di collaboratori, all’immagine, alla pubblicità, ai social
stessi. Non è disattenzione. Come tutti i sudtirolesi, italiani ormai da un secolo,
Sinner accetta l’Italia perché lo arricchisce – chiedere a tutti gli altri tedescofoni,
dei tirolesi del Sud. Ma senza gratitudine, povere vittime.
Ilary Blasi, dopo avere tradito Totti, suo marito,
prende a perseguitarlo quando lui si fa un’altra vita. Tra le tante sue
iniziative, una denuncia per abbandono di minore. Solo perché una sera Totti è
uscito a cena con la sua nuova compagna. La bambina lasciando accudita da baby-sitter
– come i Carabinieri hanno accertato, che la Blasi aveva allertato. Su denuncia
della Blasi si fa un processo. E non per ridere. Poi si dice che si fanno leggi
contro i giudici. Iù che una legge ci vorrebbe un codice decenza nella giustizia.
Lo scrittore curdo di Turchia Burhan Sönmez, presidente
del Pen International, denuncia la mostra romana “Più libri, più liberi”: “La situazione
degli scrittori nel mondo” è in netto peggioramento, ”molti nostri membri sono
attualmente in carcere”. Con un innuendo come se fossero in carcere in Occidente.
Mentre sono tutti in carcere nei paesi mussulmani, la Turchia soprattutto,
l’Algeria – e qualcuno in Venezuela e in Cina.
Dopo il siluramento, obbligato, di Yermak, l’alter
ego di Zelensky, si fanno lunghe liste di affaristi e affari sporchi in questi
anni di guerra, e quasi sempre con le forniture belliche. Prima non si sapevano
o non dicevano? Si sapevano, se le ricostruzioni sono così accurate, dettagliate.
Non ha trovato molti cristiani il papa in Libano, dove
erano i più numerosi dopo gli islamici -come un tempo in Palestina, in Iraq, in
Siria, in Turchia. Gente pacifica, ma lo stesso invisa a islamici ed ebrei,
anche non integralisti – in Egitto ci hanno provato, ma i Copti si sono difesi,
col potere non con la chiesa.
È sempre record di occupati, e di occupati a tempo
indeterminato. Con lo spread sotto quota 70. Sono numeri importanti per l’Italia
– soprattutto se messi in rapporto con l’abbandono della siderurgia e dell’automotive,
del settore metalmeccanico nell’insieme. Ma nessun commento positivo. Ragioni di
opportunità politica? Cioè, i media importanti sono per il Pd? Che però
appartengono a ricchi e riccastri, Elkann, Caltagirone, Cairo. Il Pd è la
scelta dei ricchi e riccastri?
Né si può dire che gli editori ricchi e riccastri navighino
“a sinistra” perché è di sinistra il p0bblico dei lettori. Dato che i lettori
sono in calo costante. È solo opportunismo: l’opinione pubblica è infetta.
Vincono tutti le elezioni, un po’ a destra, un po’ a
sinistra. Ma prendono meno voti, a destra e a sinistra. Vincono le percentuali.
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Capodanno con Topolino
“Una cena speciale” è quella di San Silvestro per
Montalbano, di una superinventiva che è tenuto a escogitare per passarlo da solo
in casa di Adelina pea mangiarsi “otto suplì”, come una corsa a ostacolì per evitare
tutti coloro che lo vorrebbero al “veglione”. Finisce male, nel senso che finisce
a un veglione in maschera, di maschere di Topolino, il peggio del peggio, perché
Livia si materialzza all’improvviso e, non
invitata da Adelina, “siccome che Adelina e Silvia non si facivano sange”, si è
impuntata. Ma lì ha una sorpresa che gli risolve molti problemi. Anche con gli
arancini.
È l’aneddoto migliore… Testi un po’ annacquati – a
Capodanno siamo tutti buoni?
Si riedita la raccolta del 2012 con grafica attraente,
ma di rilettura stanca.
Aa.vv., Capodanno in giallo, Sellerio, pp. 280,
€ 12
sabato 6 dicembre 2025
Trump impone all’Europa la difesa comune
La vera novità della National Security
Strategy americana che indigna l’Europa è che gli Stati Uniti vogliono che l’Europa
impari a difendersi. Detto brutalmente, nello stile di Trump (ma forse nemmeno:
nei media americani, pure attenti a ogni detto o fatto di Trump, non se ne parla),
che però è anche l’unico linguaggio che l’Europa capisce.
A ottanta anni dalla fine della guerra l’Europa
non ha una difesa: una organizzazione militare, armata adeguatamente, con piani
strategici aggiornati. La difesa è anzi la cosa da cui finora più ha rifuggito.
Era stata la primissima idea di Europa,
insieme con la Ceca (carbone e acciaio in comune). René Pleven, ministro della Difesa
e poi presidente del consiglio a Parigi nel 1950, discutendosi della riammissione della Germania alla spesa
militare, propose di imbrigliarla in una Comunità europea di difesa (Ced): la
Ced fu firmata, dai futuri fondatori della Comunità europea, ma la stessa Francia
la bocciò nel 1954 con referendum. Poi se ne è molto parlato, ma per non farla.
La Ue che grida “al lupo, al lupo” contro
Putin, che afferma che la Russia sta per invaderla, che si svena con ondate
inutili di sanzioni, ne è il segno: l’Europa è imbelle. Spende molto in armi,
ma a nessun effetto: armi da parata. Spende per cinque (o sono sei?) caccia
diversi, otto (o dieci?) carri armati diversi, missili di ogni tipo e provenienza,
e nessun piano strategico comune, o coordinamento, a parte le chiacchiere, e le
scartoffie.
Cronache dell’altro mondo - migratorie (371)
“Il clero di San Diego offre sollievo agli
immigrati – e uno scudo contro l’Ice (Immigration and Customs Enforcement – la polizia
di frontiera, n.d.r.). In nessun’altra città la comunità religiosa si è mobilitata
su così larga scala per difendere gli immigrati dal governo federale”.
Nel caso che si segnala si tratta della
comunità cattolica. A iniziativa del primo vescovo nominato in America da Leone
XIV, a maggio, Michael Pham, un vietnamita arrivato negli anni 1980 come
rifugiato. Con l’ausilio del parroco di Nostra Signora di Guadalupe, nel Barrio
Logan, Scott Santarosa. Che s’incrocia in abito talare, ma “è la versione statunitense
di un teologo della liberazione”.
“All’inizio della guerra agli immigrati
del Trump 2, il vescovo di San Diego, Michael Pham, scoprì che l’Ice era meno
propenso ad arrestare in massa gli immigrati in presenza di membri del clero.
Così decise che il clero si sarebbe recato in tribunale ogni giorno di
sessione, e affidò a Santarosa la gestione del progetto – noto come Faith, “faithful
accompaniment in trust and hoe”.
Santarosa ha creato un San Diego
Organizing Project, al quale collaborano un centinaio di volontari. Che presidiano
gli uffici dell’Ice e i tribunali.
(“The Nation”)
Toccherà rifare il “Viaggio” di Céline
L’amministratore delegato e direttore editoriale di
Adelphi analizza “Londra”, il corposo inedito ricomparso “un po’ misteriosamente
una sessantina di anni dopo la morte dell’autore”. Per cercare di datarne la scrittura.
“Il coro degli studiosi, con rare eccezioni, è unanime: Guerra e Londra”, due degli inediti fatti ritrovare
tre anni fa e già pubblicati, “sono stati scritti tra il ’34 e il ‘35”. Tra i due
grandi romanzi di Céline, dopo il “Viaggio al termine della notte” e prima di “Morte
a credito”. Colajanni non ne è convinto. Basandosi sulla corrispondenza, e sulla
mole del lavoro, spiega persuasivamente che i due testi dovevano fare parte del “Viaggio”,
ma poi sono rimasti fuori. Per motivi che non sappiamo. Anche se con probabili
rilavorazioni successive.
Un riesame che Colajanni basa sulla corrispondenza.
Ci sarebbero altri elementi, si può aggiungere, stilistici e (orto)grafici, per una diversa, più probabile,
datazione. Resta il fatto che “Céline a quei
manoscritti teneva moltissimo, e ha continuato a rimpiangerli per tutta la vita”.
Un saggio alla fine più complesso e ambizioso che la
datazione degli inediti. L’intervento su “Londra” porta a un riesame del “Viaggio”,
del progetto e della scrittura del “Viaggio”, l’opera prima (in realtà no, ma è questione complessa) e più importante di
Céline. Colajanni ne avvia la rilettura. E individua, attorno al “Viaggio”, una
sorta di “ciclo di Bardamu”, il nome diminutivo, ironicamente spregiativo, che
lo scrittore si dà nel primo ciclo di narrazioni, nei primi anni 1930.
Roberto Colajanni, I castelli in aria di Céline,
“La Lettura” 16 novembre 2025
venerdì 5 dicembre 2025
A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (616)
Giuseppe Leuzzi
Si legge su Instagram una tabellina degli
“espatriati” per regione, costruita all’inverso, dal meno al più:
10.Calabria 290.00
9. Puglia 300.000
8. Toscana 320.000
7. Emilia-Romagna 420.000
6. Piemonte 470.000
5. Lazio 510.000
4. Campania 530.000
3. Veneto
614.000
2. Lombardia 690.000
1. Sicilia 844.000
Uno scherzo? Non è detto il periodo, né la
fonte, né i motivi. Ma la migrazione dice una costante “normale”, un modo di essere
e di vivere come un altro.
Parla sul “Corriere della sera” Allegra
Gucci, che a 14 anni ha perso il padre Maurizio, fatto assassinare dalla madre
Reggiani, e per i sucessivi trenta si è occupata della mare assassina, in carcere
e fuori. Sempre insolentita, da bambina e dopo, dalla stessa. E dalla madre di
lei – “una dona malvagia”. Entrambe di Vignola, il cuore dell’Emilia tutta
cuore. Che eprò non si dice: la malvagità non fa parte del “racconto” Emiliano.
“Data Center, 14 nuovi progetti, per un investimento
da 2,5miliardi”. Tutti attorno a Milano. Ricchezza chiama ricchezza. Magari
saranno serviti da tecnici meridionali, magari formati al Sud, ma il “processo
di sviluppo” no si raddrizza, al meglio va per accumulo – chi più ha più ha.
Il “Sole
24 Ore” compila la graduatoria della “qualità della vita” in cu le ultime 25
posizioni sono di città meridionali. E nelle prime 40 c’è una sola, Cagliari - peraltro
39ma. Senza ironia. È una classifica dura, ma per Miano, per chi l’ha
compilata.
La giustzia settentrionale
Dialogo sul “Corriere
della sera” tra Giuseppe Guastella, corrispondente a Bruxelles, e Alessandra Moretti,
eurodeputata del Pd, inquisita dall’apparato repressivo belga:
“Lei è sospettata di associazione
criminale finalizzata alla corruzione”.
“Non mi viene imputato nessun passaggio di denaro. Non ho mai ricevuto
benefici, regali e vantaggi da nessuno e tanto meno dal Marocco o dal Qatar”.
“Le contestano viaggi in questi
due Paesi”.
“Smentiti documenti alla mano. Mi è stato contestato di aver viaggiato più
volte in Marocco, dove non ho mai messo piede in vita mia, come ho dimostrato
producendo i miei passaporti dai quali emerge chiaramente. Mi è stato
contestato che sarei andata ad assistere a una partita di calcio durante i
Mondiali in Qatar, e anche questo ho smentito. Mi è stato contestato di aver
fatto dichiarazioni in favore del Qatar, che poi sarebbe un mio diritto, ma ho
prodotto in commissione un video dal quale emerge che non è vero. Contestazioni
tutte smaccatamente false”.
Questo il giorno in cui il Belgio
arrestava l’ex ministro degli Esteri Federica Mogherini, in qualità di rettrice
del Collegio d’Europa, l’ambasciatore Stefano Sannino, direttore generale della
Commissione per l’area Mena (Medio Oriente e Nord Africa), e un ex direttore
del Collegio, Cesare Zegretti. Con sei imputazioni, tutte gravi: turbativa d’asta,
frode in appalti pubblici, conflitto d’interessi, violazione del segreto
professionale, violazione delle norme sulle gare d’appalto, e naturalmente
corruzione. Poi i tre sono stati rilasciati senza nessuna restrizione. Ma dopo
che la carcerazione aveva fatto la cronaca di tutto il mondo per tre o quattro
giorni, che Mogherini si era dimessa, che Sannino se n’era andato in pensione.
Un processo mediatico, di grande impatto. A carico di tutti italiani.
È il secondo. Il primo è quello
detto “Qatargate” nel qale ha impattato Moretti. Anche qui arresti, tre anni fa.
Di tutti ialiani – con la vice-presidente del Parlamento europeo, Eva Kaili,
greca, perché moglie di un italiano. Il giudice di quel caso finì lui per primo
malamente, e il processo dopo tre anni ancora non è stato istruito. Il Belgio non
era il posto giusto per un’Europa che avesse avuto ambizioni. È razzista – lo è
stato feroce con gli italiani quando aveva le miniere – ed è tribale. Non per
nulla inviso ai franecsi, quando era francofono – anche ai francesi esuli, Victor
Hugo, Baudelaire. Insomma, un Nord con molti limiti, conclamati. Ma si prende
sul serio – viene preso sul serio dai media italiani. Il Nord ha sempre
ragione - Nord, basta la parola.
Il “trattameto inumano” che Eva
Kaili, la vicepresidente greca sposata con un italiano, subì a Natale del 2022
in carcere – sedici ore in camera di sicurezza, senza cappotto e senza coperta,
con la luce accesa, con perdite copiose per il ciclo, senza potersi lavare – “è”,
secondo i suoi avvocati, “estremamente rara, la si usa nei crimini di mafia”.
Questa invece, se non fosse stata una tortura, si direbbe una vendetta:
italiani tutti mafiosi, nel tutto è mafia – nel Qatargate e nel Collegiogate
sono tutti settentrionali.
Il Sud indigesto a Pasolini
Nelle molteplici celebrazioni
di Pasolini si trascura la trascuratezza per il Meridione – quando non insorge
per l’urgenza sessuale. Non c’è traccia nella sua straripante opera. Nemmeno
quando per ragioni di location e di budget dovette lavorarvi,
come nel “Vangelo secondo Matteo”. Ha vari accenni, specie nelle prose
giornalistiche, a giovani napoletani, calabresi, africani, ma giusto per il
bisogno sessuale, vissuto come vergogna e quindi rifiutato con tutti i
comprimari – nulla al confronto con l’esasperato sentimentalismo di analoghe
esperienze della prima mitizzata giovinezza, nel Friuli di pianura. Il rapporto
speciale, “paterno”, che aveva instaurato con Ninetto Davoli, calabrese, ruppe
quando Ninetto decise di sposarsi.
Qualche apprezzamento, ma
locale, e sempre legato al sesso, giusto in “La lunga strada di sabbia”, il reportage
delle coste d’Italia che fece nel tra il giugno e l’agosto del 1959,
commissionato dal mensile “Successo”. Sembrerebbe di no, arrivato al Circeo
annuncia: “Il cuore mi batte di gioia, di impazienza, di orgasmo. Solo, con la
mia millecento e tutto il Sud davanti a me. L’avventura comincia”. Ma non sa
che dirne, eccetto qualche luogo comune – come il viso scuro dei mafiosi…
Giusto a Portopalo si emoziona: “La gente è tutta fuori, ed è la più bella
gente d’Italia, razza purissima, elegante, forte e dolce”.
Nel poemetto “L’umile Italia”,
della raccolta “Le ceneri di Gramsci”, 1957 (ma già pubblicato nel 1954, sulla
rivista “Paragone-Letteratura”), mette a fronte il Meridione, nella
fattispecie dell’Agro romano, di cupa tristezza, e la limpida luminosità del Settentrione.
Il Nord, connotato dal volo delle rondini, è puro e umile, il Sud è “sporco
e splendido” – l’antinomia del peccato. “È necessità il capire / e il fare: il
credersi volti / al meglio”, cercando di lottare, pur soffrendo, senza
lasciarsi andare alla “rassegnazione-furente marchio/ della servitù e del sesso
-/ che il greco meridione fa/ decrepito e increato, sporco/ e splendido".
Reggio Calabria, o
del sottosviluppo
Per il secondo o terzo anno
consecutivo “Il Sole 24 Ore” mette Reggio Calabria all’ultimo posto per qualità
della vita. Scandalo, proteste, il lungomare, lo Stretto, il museo, l’aria, l’università,
i licei, l’ospedale etc. - e poi, non è la città cn il clima migliore a dicembre, “Men’s Health” dixit? In buona fede, chi abita a Reggio fatica ad accettare
la degradazione. Per chi vive nel reggino no, compresa la cintura di paesini che
fanno la conurbazione di Reggio, da San Roberto e gli altri santi viciniori, a Fiumara,
Villa San Giuseppe, e giù, per gli stessi ex paesi ora rioni periferici della città,
Spirito Santo, Consolazione, Ravagnese, eccetera: lo stato di abbandono è
visibile, fisico, nella viabilità, nella segnaletica, nel disordine edilizio, nel
disordine. Come una putrefazione.
Dello stesso tipo è la
percezione nelle tre grandi aree della provincia, di cui Reggio è la “città
metropolitana”, che perciò dipendono da Reggio: la Piana di Gioia Tauro sul
Tirreno, la Jonica che ora si vuole Locride sull’altro versante, e nel mezzo le
pendici dell’Aspromonte. Di povertà in froma di degrado – in mezzo a consumi privati
in stile lombardo, voyant.
Nonché lo sviluppo, al Sud, comunque
a Reggio e dintorni, sarebbe più utile studiare il sottosviluppo, come si
sperpera il capitale invece di metterlo a frutto. Bisognerebbe studiare il
sottosviluppo perché delle tre province calabresi Reggio era in partenza, ancora
nel secondo dopoguerra e per tutti gli anni 1960, la più ricca e la meglio organizzata.
Poi, all’incirca con la rivolta “Reggio capitale”, si è abbandonata. La città
non si è amministrata, se non per un breve periodo in coincidenza con l’interramento
della ferrovia per magnificare il lungomare. Che portò all’assassinio di
Ludovico Ligato, il presidente di Ferrovie dello Stato che aveva propiziato l’opera.
Abbandonandosi a piccole mafie – che agivano alla luce del sole. E all’inerzia.
Mentre le province di Cosenza e Catanzaro, e le neonate province di Vibo
Valentia e Crotone marciavano spedite sulle regolarità della vita politica
(sanità, istruzione, comunicazioni, regolamenti edilizi, etc.). Con università,
ospedali, centri urbani regolati e curati.
Il passaggio di molti poteri alle ex province, specie le
strade, ha ridotto il reggino a una realtà impraticabile. Anche fisicamente, visibilmente
- oltre che politicamente, amministrativamente. Per frane, abusi, cattiva
manutenzione. E niente ospedali: la Regione non riesce a venire a capo dell’inerzia
reggina. Reggio ha avuto l’aeroporto da tempo immemorabile, ma i nuovi aeroporti
di Catanzaro (Lamezia) e Crotone lo surclassano – ogni anno di Reggio si discute
la chiusura.
Cronache della
differenza: Puglia
Bari festeggia san
Nicola, insieme a mezza Europa, da Rowaniemi a Venezia, di cui è compatrono con
san Marco, e alla Turchia – dove a Myra (Demre) ancora lo celebrano, benché in
ambito islamico. E di fama ora mondiale come Santa Klaus, il Babbo Natale. Era
di culto nell’odierna Turchia - Costantinopoli contava 26 chiese a lui dedicate.
Le spoglie furono rubate a Myra dai pugliesi, non dai veneziani: era il 1087 e
Venezia era di là da venire, mentre Bari e la Puglia erano molto “levantini” – ancora
nel dopoguerra avevano legami commerciali fino all’area del mar Nero.
Il trafugamento
delle reliquie da Myra la città celebra il 7-9 maggio, con un corteo storico che
è un festa anche per gli ortodossi, specie i russi.
Sentendo parlare i genitori di Tatiana, la giovane di Nardò, vedette di Instagram, si
capisce perché ha voluto isolarsi per una settimana – non osando abbandonare la
famiglia: due mondi antitetici. Uno passivamente tradizionale, seppure di buonissime
intenzioni (i genitori hanno adottato Tatiana e il fratello, ucraini) e un modo
di essere e vivere totalmente diverso – Nardò è una cittadina, ma pur sempre di
provincia.
Tatiana non ne poteva più? Tra due mondi, due generazioni, un salto, nn un moto progressivo, un adattamento. Tale è il balzo che ha fatto la Puglia in pochi anni. Tutta la Puglia, non solo Bari, dalla Capitanata a Santa Maria di Leuca.
L’ex presidente del consiglio e capo dei 5 Stelle
Conte si può dire l’ultimo “uomo forte” della Puglia, di cui è originario, dopo
Aldo Moro e Massimo D’Alema. Ma al voto regionale ha preso meno voti della Lega
di Salvini. La Puglia si libera dall’assistenzialismo? Votando Lega?
All’impovviso è
Foggia l’epicentro nazionale della malavita. Caporalato, pizzo, rapine, evasion
fiscal, e pure la violenza giovanile. L’Italia ha bisogno - l’abitudine - di un
centro del male. Su cui scaricare tutte le sue infamie. Era Palermo – non senza
ragione – poi l’improbabile ‘ndrangheta, proclamata tale dai servizi segreti,
ora Foggia. Senza una causa o congiuntura che vi porti. L’antimeridionalismo non
sa più che inventare?
Si vota in Puglia
per la Regione e molti capoccioni della politica restano fuori. Il più illustre
è Vendola, ma anche altri, specie del Pd: il capogruppo al consiglio regionale
uscente Paolo Campo, gli assessori Pd uscenti Stea, Amato e Lopane, Licia Parchitelli,
candidate di Elly Schlein, e il potente direttore 5 Stelle della Cultura,
Patruno. Mentre non si è potuto ricandidare il president uscente Emiliano, uno
di quelli che brigavano per il terzo mandato. Un voto contro il padrinaggio?
leuzzi@antiiti.eu
Scuola (di sesso) per generazione
Alla terza serie il format catalano Merlì vira sul generazionale. In aula professori amicizie all’antica e sesso eterosessuale. In classe turbe e
pratiche di monosesso. Con un senso di innaturalezza - di schematico. Che per lo spettatore è
stanchezza – ma anche Gassmann ha perduto lo sprint.
Audience in
calo, lo vedono tre milioni – pochi per Rai 1. Curiosa la differenza culturale:
il format risponderà allo spirito catalano, dei “primi sempre, in tutto”, l’Italia gradisce poco, va ancora col passo lento.
AA.vv., Un professore, Rai 1, Raiplay
giovedì 4 dicembre 2025
Cronache dell’altro mondo – giudiziarie quinquies (370)
“George Soros ha cambiato la giustizia
penale in America. Il finanziatore liberal ha speso decine di milioni di
dollari per influenzare decine di elezioni a procuratore distrettuale.
“Quando le pubblicità che
denigravano il procuratore distrettuale Jonathan Sahrbeck iniziarono a
diffondersi nelle cassette postali e in televisione circa tre settimane prima
delle primarie democratiche del 2022, sia lui che il suo avversario rimasero
ugualmente sbalorditi.
“Come molti attacchi alle campagne
elettorali moderne, gli annunci provenivano da un comitato politico
indipendente finanziato da un miliardario, in questo caso l’ex gestore di hedge
fund e filantropo liberal George Soros, che dieci anni fa si era
proposto di eleggere procuratori distrettuali che avrebbero indirizzato i
criminali della droga e i minorenni verso la riabilitazione anziché verso il
carcere, si sarebbero opposti alla cauzione in denaro per i reati minori e
avrebbero represso la cattiva condotta della polizia”.
(“The Washignton Post”)
“Billionaire Nation” - la nazione dei
miliardari - è una serie del “Washington
Post” che esamina come i più ricchi abbiano accumulato un potere politico senza
precedenti.
L’effetto Di Pietro a Bruxelles – o l’Europa abbandonata
Eva è Eva Kaili, greca, socialista, giovane, bella,
vice-presidente del Parlamento europeo. Rovinata a Bruxelles, nella carriera
politica e nella vita, da un emulo di Di Pietro, un avvocato che si era fatto giudice
istruttore per entrare poi da salvatore in politica, un certo Michel Claise (lo
fece, un anno dopo avere imbastito il caso, ma ebbe solo 5 o 6 mila voti –
peggio del giudice Ingroia). Carcerata e umiliata in vari modi, lei, suo padre,
suo marito, la figlia, di due anni. Il suo avvocato ne fece subito denuncia, senza
essere contraddetto: “Per sedici ore è stata in una cella di polizia, non in
prigione, e al freddo. Le hanno tolto il cappotto e le è stata negata una
seconda coperta. Aveva il ciclo con perdite di sangue abbondanti e non si è
potuta lavare. La luce della cella è sempre rimasta accesa e lei non poteva
dormire”.
La difesa-denuncia di Eva Kaili è d’ufficio. Ma
Guastella è il decano dei giornalisti a Bruxelles, sa come si fanno le cose attorno
al Berlaymont – e non aveva fatto un eroe in un primo tempo dell’avventuroso Claise,
“il coriaceo giudice”, “celebrato in patria come integerrimo paladino
dell’anticorruzione” (di Eva Kaili scrivendo tranquillo “arrestata in flagranza
per corruzione”)?
Una storia di varia umanità. E di malagiustizia – lo scandalo
per il quale Kaili è stata arrestata e torturata, il “Qatargate” dei cronisti
giudiziari, nessun successore di Claise si è sentito di portare in tribunale, a fronte di prove false. In
una capitale che si dimostra ogni giorno di più un handicap per l’Unione
Europea, per razzismo, più o meno velato (fa scandalo solo di italiani), divisioni
etniche, riserve sulla stessa Europa, burocrazia spaventosa. E ora pure i processi
“mediatici”. I belgi non si scoprono ora.
Un po’ di autocritica sulla politica fatta dai
cronisti giudiziari non sarebbe stata male.
Lodovica Bulian-Giuseppe Guastella, Il peccato di
Eva, Fuoriscena, pp. 240 € 17,50
mercoledì 3 dicembre 2025
Se la “pastetta” Mps-Caltagirone è del Tesoro
Ma allora, se è vera la testimonianza
di Orcel in aprile alla Procura di Milano, che Unicredit aveva offerto un
premio del 10 per l’acquisto di Mps - l’aveva offerto alla dirigenza del Tesoro
dopo averne parlato col ministro Giorgetti. E che la dirigenza ha rifiutato. Allora
l’indagine milanese sul “concerto” non è politica, c’è aria di concussione e di
corruzione. E qui si mette male per Mps, per i suoi nuovi padroni, e per la
burocrazia del Tesoro. Perché non c’è neanche bisogno di dimostrare la concussione\corruzione,
basta il “concerto”, che in questo caso è nei fatti.
“Su Mps una battaglia con due perdenti”,
questo sito poteva titolare quattro anni fa, il 31 ottobre 2021
http://www.antiit.com/2021/10/su-mps-una-battaglia-con-due-perdenti.html
Quindi il gioco del Tesoro era partito
prima del governo Meloni – col governo Draghi. Ministro del Tesoro Daniele
Franco, altro grand commis della grande burocrazia pubblica (Banca d’Italia).
Il Tesoro è sempre stato il dicastero
più professionale e considerato, vestale come nessun altro dell’interesse dello Stato – non si fa la “pastetta” Mps per incapacità. Ma è anche vero che Roma
è “prensile”.
La sindrome del tribunale
Si ragiona sui media italiani (solo
su quelli italiani) come se la Russia fosse davanti a un tribunale di
Norimberga. Trascurando il fatto che ha vinto la guerra e non la perde. Che la
Cina, e ora anche gli Stati Uniti, sono con la Russia. Che il tribunale che si
vorrebbe, la Corte penale dell’Aja, non eisiste per Cina e Stati Uniti, oltre
che per la Russia. Che a Norimberga si fece un processo politico, per quanto giusto,
che comunque ora è impossibile fare. Che a Ue non solo non ha vinto la, guerra,
ma è poca cosa negli assetti politici mondiali, che sono cosa diversa dal pil,
rispetto alla Russia.
Stupidità non è, i dati di fatto sono evidenti
– la stupidità vorrebbe compassione. C’è un moralismo d’accatto, vittimista,
che dovrebbe lavare l’inconsistenza e\o l’incapacità. Se la guerra in Ucraina è
la nostra guerra, ha ragione Putin: facciamola. Il problema è che gli Stati Uniti
hanno voluto punzecchiare la Russia, e l’Europa ne paga le conseguenze.
Ma neanche questo si dice, neanche ora
che gli Stai Uniti (non gli Stati Uniti dell’aborrito Trump, quelli di Clinton,
di Bush jr., di Biden e di Trump) tengono l’Europa di scorta.
“Montalbano” al lavoro in Toscana
Sotto un titolo improbabile storie vere. Di incidenti sul lavoro, mortali. Che sono numerosi, quasi quotidiani, e sempre per colpe, gravi. Alessio Vassallo lascia i panni grevi dello “scannatore” del “Giovane Montalbano” per quelli barbuti e tristi dell’ispettore, vedovo inconsolabile, che torna a Lucca, all’ufficio provinciale del Lavoro, da Reggio (Calabria) dove ha vissuto a lungo. Con una bambina vivace da accudire. E una metodologia e una capacità di analisi in grado di fargli risolvere ogni caso – due per puntata. Un “Montalbano” meno teatrale, ma altrettanto simpatico, e più vero - la materia lo è, nuova. Con ambientazioni e tempi convincenti e misurati - come nei “Montalbano” . Il buco nero della morte del padre tiene le fila della miniserie.
Un vecchio amico del padre, Cesare Bocci, lo ospiterà
provvisoriamente, accudendo con intelligenza e brio la bambina, mentre si spende
tutto nel “sociale” – ma con qualche segreto inconfessabile, del tipo racket.
Mentre due ex compagne di liceo, che al tempo “non lo vedevano”, al ritorno lo
scoprono attraente e anzi irresistibile, Francesca Inaudi e Silvia Mazzieri.
È come dice la regista, “un ispettore senza pistola,
che per risolvere i suoi casi non usa la violenza, ma la gentilezza, la
competenza, lo studio, l’intelligenza, l’empatia”. Per storie ricavate dalla cronaca.
Con metodologie, psicologie, maniere ricalcate sui libri di Pasquale Sgrò - lui
stesso ispettore del Lavoro a Lucca per lungo tempo, proveniente da “Reggio” (Motta San Giovanni). Ma senza “regionalismi”.
La Rai non ha
promosso la miniserie, che quindi ha debuttato senza le grandi file. I casi e
la qualità della sceneggiatura meritavano di più.
Paola Randi, L’altro
ispettore, Rai 1
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