skip to main |
skip to sidebar
Berlinguer, famolo santo
“Il film indaga perché Enrico
Berlinguer è il politico più amato a quarant’anni dala sua scomparsa” – questo il
blurb di presentazione. La nostalgia si può capire, magari in chi
nasceva quando Benigni furbo si affermava col “Berlinguer, ti voglio bene”,
1977. Ma a quarant’anni di distanza c’è appunto la distanza. E non si capisce.
Forse perché visto dopo la
scorpacciata di apologie del papa Francesco, sa particolarmente di falso. Un’apologia
si regge se in qualche misura, per qualche aspetto, anche solo per la distanza o
la lontananza, è condivisa, accomuna Ma
qui quello che va in scena non è Berlinguer, sono gli autori e i loro –
possibili, previsti – spettatori. Per
dire: anche di paga Bergoglio si sono fatti una decina o dozzina di film tutti
insieme, come per Berlinguer, ma non altrettanto stucchevoli.
Pesa
poi anche la distanza, la prospettiva storica. E non si vede come si possa
glorificare un leader vita di partito
che ha distrutto il suo partito. Letteralmente, volutamente. Che si voleva
lontano dal sovietismo ma il suo partito non lo voleva altrettanto lontano, nei
finanziamenti, nell’organizzazione, nelle procedure. Che piuttosto che farne un
partito socialista o socialdemocratico lo ha appaltato all Dc. Alla Dc? Si veda
ancora oggi a Roma, nella comune, irrefrenabile, spudorata corruzione, in opere
e omissioni, in appalti e trabocchetti.
Una
trama di ricordi personali scelti e montati ovviamente “al punto”. Un’enfatizzazione
del disacco dal sovietismo – quado tutti sanno che il partito fu finanziato da
Mosca fino al 1989. Un personaggio che sarà stato anche simpatico (in
Parlamento e coi cronisti non lo era), ma al congresso del 1975, quando già
aveva lanciato il “compromesso storico”, al congresso del Pcus, il partito
comunista sovietico, ribadiva la la primazia “etica” dei regimi sovietici. Per
l’esattezza: “Un clima morale superiore. Mentre le società capitalistiche sono
sempre più colpite dal decadimento di idealità e valori etici”. Superiore negli
anni di Breznev? Mah.
E
la “questione morale” come scudo?. Morale di chi riceveva e gestiva non solo le
tangenti pretese da Eni e Finsider dal Pcus e depositate in Svizzera, ma anche
oro, pelli, e perfino dollari, in mazzette? Onesto a suo modo: nel 1984, poco
prima della morte, a Minoli che in tv gli chiedeva quale era la personalità internazionale
che più ammirava rispose: Janos Kadar, il capo del partito e del governo
ungherese che aveva rovesciato con i russi al rivolta del 1956. Uno che chiuse
il partito, piuttosto che farlo socialista, in “deriva solipsistica” (Piero
Fassino), con la sempre incresciosa “autoconsolatoria riaffermazione di
diversità” (id). Maneggiato peraltro da Tonino Tatò, un filibustiere politico,
la quinta colonna “democristiana” al suo fianco.
Per
quale motivo Miriam Mafai, buona comunista da una vita, chiedeva di
“Dimenticare Berlinguer”, nel 1996? “Col passare degli anni quella opzione
strategica (il “compromesso storico”, n.d.r.) appare sempre più chiaramente
come uno dei fattori – se non addirittura come una delle cause principali –
della difficoltà della sinistra italiana, e della crisi politica e istituzionale che ancora travaglia il nostro
Paese”.
Un
film “con il contributo della presidenza del consiglio dei ministri” - nel
2025? Prodotto dalla Fondazione Cespe, che dunque ancora esiste - la creazione di Eugenio Peggio (quanti problemi con Enrico...).
Farina,
“sociologo e saggista”, che “nel 2009, a vent’anni, crea enricocoberlinguer.it,
il primo sito web su Enrico Berlinguer”, è anche autore con Bianca Berlinguer di
un “Per Enrico, per esempio. L’eredità politica di Enrico Berlinguer”. Qual è? Ma
gli autori vanno a passo di marcia, “Enrico Berlinguer continua ad essere il leader
politico più amato della storia repubblicana”, e si risparmiano la risposta.
Pierpaolo
Farina, Berlinguer. A Love Story
Nessun commento:
Posta un commento