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giovedì 12 giugno 2025

Letture - 581

letterautore


Arabia Saudita
– Oggi al centro delle “industrie culturali” (promozioni socio-politiche) di ogni tipo, architettoniche, green, calcistiche, tennistiche, etc., con numerosi testimonial ben pagati (tra essi Matteo Renzi, in qualità di ex sindaco di Firenze, con un ruolo molto semplice: dire ogni tanto che “l’Arabia Saudita è in pieno Rinascimento”) era per Elemire Zolla sconsolato, “L’eclisse dell’intellettuale”, 1959, “ormai l’unico posto del mondo che resista all’industria culturale”.  
 
Compromesso storico
– Lo storico –mite - Giuseppe Galasso ne rivendica – polemicamente - la primogenitura in nota a “La Calabria spagnola”, una delle sue ultime opere, 2012 (rifacimento di uno dei suoi primi lavori di storico, “La Calabria nel Cinquecento”, 1963). Spiegandone anche l’intrinseco ossimoro. Senza riferimenti all’uso berlingueriano, o politico, della formula, ma con curioso puntiglio, riferendosi  a se stesso come a terza persona:
“La formula del «compromesso storico» è stata usata – con consapevole anacronismo terminologico, voluto a fini pratici di semplicità e di icasticità espressiva – da G. Galasso in molti dei suoi lavori fin dagli anni in cui imperversava la polemica sulla cosiddetta «rifeudalizzazione», che avrebbe caratterizzato la storia politico-sociale del Regno nel secolo XVI. Poi, in progresso di tempo, la rifeudalizzazione (di cui Rosario Villari fu il maggiore sotenitore) ha perduto la massima parte della sua attrazione, se non è addirittura scomparsa, come tema storiografico di persuasiva  fondatezza”.
Rosario Villari è stato uno storico e un esponente Pci, promotore e poi direttore di “Studi Storici”, la rivista dell’Istituto Gramsci, membro del Comitato Centrale del Pci, e parlamentare. La polemica sulla “rifeudalizzazione” seguì la pubblicazione nel 1967 della sua storia del Regno di Napoli nella prima metà del Seicento, “La rivolta antispagnola a Napoli. Le origini, 1585-1647”. Il compromesso storico di Galasso è quello intercorso fra la monarchia spagnola di Napoli e la feudalità

 
Domani
– È il nuovo motto dell’Europa per l’ “Economist”, nello speciale che il settimanale ha dedicato al continente nel numero dell’1 giugno. Aperto col “Gattopardo” -  col “se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”, detto dal giovane Tancredi, garibaldino e futuro senatore, l’uomo dei tempi nuovi. Come dire dell’irresolutezza, dei buoni propositi e gli efferati fatti, del quieto vivere, della rassegnazione. Si sostituiranno nella koiné europea, nella lingua franca occidentale, i vecchi mañana  e bukra (insha Allah), l’indolenza e il rinvio in spagnolo e in arabo, con l’italianissimo domani?
 
Ebraismo
-  L’identitarismo viene dalla diaspora – che invece dovrebbe annacquarlo? Era l’idea di Kafka, a proposito dell’ambiente estraneo, in viaggio: se fatto in compagnia, le difficoltà cementano i rapporti, le amicizie. Lo ricorda Daria Galateria in “Atlante degli artisti in affari”, a proposito della visita all’editore Kurt Wolff, a Lipsia, nel 1912, cui Max  Bord costrinse il timido Kafka. Che, usciti dall’ufficio di Wolff, avrebbe a sua volta rimproverato l’amico per non avere proposto la guida turistica di cui vaneggiavano per fare qualche soldo. Ribadendo: “Vediamo noi stessi meglio di quanto ci vedano gli altri, perché noi stiamo viaggiando”.
 
Gadda
- Con “200 termini in spagnolo” Gadda mette “a distanza di sicurezza…. tutto lo gnòmmero (il nodo) di Gonzalo (sé medesimo)” nella “Cognizione del dolore”, per “parlare della mamma e della sua odiata villa in Brianza” – Daria Galateria, “Atlante degli artisti in affari”, p. 184.
 
Proto-femmininismo
– Aveva mille nomi, e mille funzioni, Iside Regina nelle “Metamorfosi” di Apuleio,  qualche millennio fa, all’XI libro:
“Io sono la genitrice dell’universo,
la sovrana di tutti gli elementi,
l’origine prima dei secoli,
la totalità dei poteri divini,
la regina degli spiriti,
la prima dei celesti;
l’immagine unica di tutte le divinità maschili e femminili:
sono io che governo
col cenno del capo
le vette luminose della volta celeste,
i salutiferi venti del mare,
i desolati silenzi degli inferi.
Indivisibile è la mia essenza,
ma nel mondo io sono venerata ovunque sotto molteplici forme,
con riti diversi, sotto differenti nomi.
Perciò i Frigi, i primi abitatori della terra, mi chiamano madre degli dei [Grande Madre, Cibele],
adorata in Pessinunte;
gli Attici autoctoni, Minerva Cecropia;
i Ciprioti bagnati dal mare,
Venere di Pafo;
i Cretesi abili arcieri, Diana Dictinna;
i Siciliani trilingui, Proserpina Stigia;
gli abitanti dell’antica Eleusi,
Cerere Attea;
alcuni Giunone; altri Bellona;
gli uni Ecate; gli altri Rammusia [Nemesis].
Ma le due stirpi degli Etiopi,
gli uni illuminati dai raggi nascenti
del dio Sole all’alba,
gli altri da quelli morenti al tramonto,
e gli Egiziani
valenti per l’antico sapere,
mi onorano con riti che appartengono a me sola, e mi chiamano
col mio vero nome:
Iside Regina.
O Regina del cielo,
tu feconda Cerere,
prima creatrice delle messi,
che, nella gioia di aver ritrovato
tua figlia, eliminasti l’antica usanza
di nutrirsi di ghiande come le fiere,
rivelando agli uomini un cibo più mite,
ora dimori nella terra di Eleusi;
tu Venere celeste,
che agli inizi del mondo congiungesti
la diversità dei sessi
facendo sorgere l’Amore
e propagando l’eterna progenie
del genere umano,
ora sei onorata nel tempio di Pafo
che il mare circonda;
tu [Diana] sorella di Febo,
che, alleviando con le tue cure il parto alle donne incinte,
hai fatto nascere tanti popoli,
ora sei venerata nel tempio illustre
di Efeso;
tu Proserpina,
che la notte con le tue urla spaventose
e col tuo triforme aspetto
freni l’impeto degli spettri
e sbarri le porte del mondo sotterraneo,
errando qua e là per le selve,
accogli propizia
le varie cerimonie di culto;
tu [Luna] che con la tua femminile luce rischiari ovunque le mura delle città
e col tuo rugiadoso splendore
alimenti la rigogliosa semente
e con le tue solitarie peregrinazioni spandi il tuo incerto chiarore;
con qualsiasi nome, con qualsiasi rito,
sotto qualunque aspetto
è lecito invocarti:
concedimi il tuo aiuto
nell’ora delle estreme tribolazioni, rinsalda la mia afflitta fortuna,
e dopo tante disgrazie che ho sofferto dammi pace e riposo”.


Russia -  Scriveva Proust a un’amica nel novembre del 1914, quando la guerra era già sanguinosa: “Se invece che con la Germania fossimo in guerra con la Russia, cosa si direbbe di Tolstoj e di Dostoevskij?”


Sartre – Di “profondo e (Dio ci perdoni) elegante talento comico” lo vuole la francesista Daria Galateria  (“Atlante degli artisti in affari”, 195-196). Perlomeno a Roma, per il progetto poi incompiuto de “L’ultimo turista”. Ultimo già nel 1952?
Se si ripercorre la sua enorme produzione e, soprattutto, le sue attività quotidiane, anche del pensiero, della riflessione, testimoniate variamente da Simone de Beauvoir nelle sue numerose memorie, un taglio azzeccato – giusto, vero.

letterautore@antiit.eu

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