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sabato 14 maggio 2011

Il mondo com'è - 63

astolfo

Mazzini - Nelle celebrazioni dell’unità si nasconde il Piemonte dietro Garibaldi, e si cancella, fra i tanti, anche Mazzini che ne fu il vero promotore (e Cattaneo, Ferrari, Montanelli, oltre che il neoguelfismo di Gioberti e il papa), e ne è il teorico più attuale, nel senso che ne è il più necessario. Il suo sogno era l’Europa delle nazioni. Dopo la Giovane Italia fondò la Giovane Europa. Il nazionalismo vide nel complesso negativo: se la libertà nazionale contro l’oppressione straniera era necessaria, il patriottismo rischiava di compromettere “la fratellanza dei popoli, unico principio generale”.
Mazzini fu con queste idee immensamente popolare, e all’origine del ’48 e del percorso che dodici anni dopo porterà all’unità. “All’Italia spetta l’alto ufficio di bandire solenne e compatta l’emancipazione. E l’Italia adempirà l’ufficio che gli affida la civiltà”. Lo disse nel 1839 e lo fece.
È vero che Mazzini nel 1834 era stato condannato a morte dai Savoia – insieme con Garibaldi. Ma i Savoia non erano finiti male?

Neoguelfismo – Singolarmente assente nelle celebrazioni del centocinquantenario, il piano dell’Italia federale di Gioberti e il ruolo di Pio IX nell’accelerazione dello spirito unitario. Le celebrazioni lo limitano all’unificazione. Che fu, certo, savoiarda e garibaldina. Ma lasciare fuori Gioberti, che fu anche presidente del consiglio nel 1848 a Torino, e il papa, da cui tutto il ’48 prese avvio, in Italia e in Europa, è inspiegabile e sembra assurdo. Non si rileggono nemmeno “Le mie prigioni”, che sono, oltre che anti-austriache, una forte testimonianza di fede religiosa.
Sembra ovvio perché Pio IX si tenne fuori sdegnato dall’unificazione, e anzi la avversò. Ma dopo esserne stato il primo e più giusto innesco. Deliberando all’accesso al trono nel 1846 la riforma dei Codici, la libertà di stampa, l’amnistia politica, la creazione di una guardia civica. Un delirio di entusiasmo lo circondò in tutta l’Italia, di cui resta traccia ora unicamente nei tanti inni celebrativi a lui indirizzati. Palermo anticipò il Quarantotto, sull’onda dell’entusiasmo suscitato dal papa. Anche a Parigi il Quarantotto fu anticipato dall’inno a Pio IX, dice Flaubert nell’“Educazione sentimentale”.
Flaubert non dice di quale inno si trattava: ce ne furono parecchi. Il 1 gennaio 1847 una grandiosa manifestazione di popolo, guidata dai Capi dei rioni, si svolse a Roma da Piazza del Popolo al Quirinale, allora residenza papale. Pio IX ricevette gli auguri per il nuovo anno, la cerimonia s’illustrò con un inno di autore ignoto musicato da Rossini, “Grido di esaltazione riconoscente al Sommo Pontefice Pio IX”. Diceva: “Su fratelli, letizia si canti\Al magnanimo core di Pio,\Che alla santa favilla di Dio\S’infiammò del più dolce pensier”.
Francesco Dell’Ongaro fece del papa il soggetto di uno dei suoi popolari stornelli: “Pio Nono è figlio del nostro cervello,\Un idolo del cuore, un sogno d’oro... \Chi grida per le vie : «Viva Pio nono!»\ Vuol dir: « Viva la patria ed il perdono». Filippo Meucci e il maestro Gaetano Magazzari composero un “Inno Pio IX” che, dice D’Ancona, “aveva un andamento solenne, quasi trionfale, e come certi sussulti di gioia”. Meucci, che scrisse anche il coro “In lode dell’immortale Pio IX” e un inno “Alla Guardia Civica”, sarà ministro di Polizia nella Repubblica Romana, e poi esule in Piemonte.
A Pisa, nella Toscana granducale e riformista che Pio IX aveva acceso di nuovi fermenti, si celebrò il 16 giugno 1847 l’anniversario dell’elezione del papa con manifestazioni popolari, luminarie, e canti. Uno dei quali, attribuito al Guerrazzi, diceva: “Su, fratelli! D’un Uom la parola\Or ne stringe in santissimo patto.\Essa è verbo che chiama al riscatto\Dell'Italia le cento città”. Analoga manifestazione il giorno dopo a Siena il granduca riuscì a proibire, con pochi feriti. Ma tutta la Toscana fu un pullulare di rivolte. E nei ducati di Parma e di Modena-Reggio, che l’Austria intervenne a presidiare. Indirettamente spingendo i liberali mazziniani all’azione nel Regno del Sud, a Reggio il 29 agosto 1847 e a Messina tre giorni dopo.
Per qusi tutto il 1848 il papa resterà popolare. In Germania sorsero a partire da marzo delle “Associazioni Pio”, che a ottobre erano già 400, con 100 mila iscritti, una cifra allora enorme nella pratica degli associazionismi. Poi il suo primo ministro Pellegrino Rossi fu trucidato dai repubblicani, un riformista, sul portone del Quirinale, il palazzo del papa, e Pio IX se ne andò sdegnato a Gaeta, nel regno di Napoli già nuovamente legittimista.

Quarantotto – Flaubert ne fa l’epitome della (sua propria) incapacità. Della velleità confusa. Appena avvenne, dice nell’“Eduaczione sentimentale”, “si smascherò”. Visto da destra e visto da sinistra. A un certo unto, ricorda Flaubert, insorse lo spettro del socialismo, e i liberali batterono in ritirata – dalla rivoluzione, non dalla scena, che anzi occuparono con durezza.
È una interpretazione come un’altra, nemmeno originale, anzi la più diffusa. Ma Flaubert aggiunge qualcosa: che il socialismo sancì e impose la proprietà: “Allora, la Proprietà montò nei rispetti al livello della Religione e si confuse con dio (maiuscole e minuscole sono dell’originale, n.d.r.). Gli attacchi che le si portavano sembrarono sacrilegio, quasi antropofagia.”

Il Quarantotto comincia nel nel ’46, all’elezione di papa Pio IX, il 16 giugno di quell’anno. Pochi giorni e il papa promulgava le libertà che incendiavano tutta Italia. In tutta Italia si susseguirono delle manifestazioni. Che culminarono il 29 agosto 1847 col tentativo di sollevazione di Reggio Calabria. A cui segui l’1 settembre quello di Messina. Il Quarantotto vero e proprio inizia a Palermo, il 7 gennaio: in pochi giorni la Sicilia si libera delle truppe borboniche, chiedendo la costituzione del 1812, abrogata con la restaurazione nel 1816. Quanto di più lontano dalla politica oggi. In Italia e in Europa.

È la smentita a Marx. Che pure lo visse intensamente, da direttore di giornale e agitatore. Ma ne trascurò presto la portata, immergendosi nell’economia, già dichiarata “scienza triste” da Carlyle, alla vana ricerca della “struttura” della società. La rivoluzione liberale, o primavera dei popoli, si volle politica, le riforme economiche le aveva ottenute e non le bastarono. Il 1989 è stato un grandissimo Quarantotto. Il sommovimento arabo di questi mesi lo è e non lo è: troppo diverse la parentela e la società, la storia, la cultura, l’urbanizzazione, la distribuzione del reddito.

Unità – Fratelli è la parola più ricorrente nel repertorio “Inni di guerra e canti patriottici del popolo italiano” messo assieme da Rinaldo Caddeo per la casa editrice Risorgimento di Milano nel 1915, alla vigilia della guerra, che ebbe largo e immediato successo. Non un’invocazione anarchica, né prodroma della parole d’ordine politiche di parte, compagno, camerata, ma indirizzata a tutti gli italiani. Oggi Galli della Loggia, studioso dell’identità italiana, dopo tanti libri la trova ancora sfuggente, da ultimo lunedì sul “Corriere della sera” (Lo stile di un paese senza identità”). Ma a questa assenza contrappone il giubilo per il royal wedding e per la morte di Osama come segni di democrazia: entrambi “ci fanno capire che cosa sono le società democratiche”. E questo perché le classi dirigenti in Gran Bretagna e negli Usa, di destra e di sinistra, al potere e fuori, partecipano dell’evento. Ma questo anche in Italia, bisogna dire, quando vince la Nazionale, quando muore un papa. Sono eventi minori rispetto al royal wedding?

astolfo@antiit.eu

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