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giovedì 14 marzo 2013

Letture - 130

letterautore

Capolavoro - È accidentale? Ibsen lavorò e rilavorò molto su “Imperatore e Galileo”, il dramma d Guliano l’Apostata, considerandolo il suo capolavoro, che nessuno ricorda.
Nel Novecento c’è il capolavoro costruito, l’opera di una vita, la “Ricerca”, l’“Ulisse”, ma la revisione critica forse dirà altro – esaurita cioè la carica d’innovazione.

Classico - Sta per misurato. Ma la misura è non inventare la realtà, pur inventando. I classici, ha scoperto Tocqueville in America, sono aristocratici: scrivono per pochi, di temi scelti, e curano i particolari. Con opere peraltro non “irreprensibili”, poiché “ci sostengono dalla parte verso cui propendiamo”.

Ogni testo non ha sostanza se non mutevole, compresa “la famiglia confusissima e zingaresca dei codici di Platone”, avrebbe detto il non citabile grecista Coppola, fascistissimo, ma il fatto è quello, già al tempo di Petrarca. L’Enciclopedia, che fa il nostro mondo, il mondo contemporaneo, è quella dello stampatore Le Breton. Che tagliava e cuciva per sue esigenze d’impaginazione, risparmio, legalità. Diderot lo scoprì un giorno che volle leggere in bozze un suo articolo della lettera S. Non pro-testò per non figurare responsabile dell’opera. Ma non protestarono neanche gli altri autori. E i classici iperdistillati non sono passati per schiere di copisti incolti, burloni, ebri?

Sono classici per l’autorità di un grammatico oscuro, quali cose appartenenti alla prima classe dei cittadini, fra le cinque in cui l’ordinamento timocratico, in base al patrimonio fondiario, di Servio Tullio aveva diviso i romani. Dei latifondisti, insomma.

D’Annunzio – Fu diverso. Se ne celebrano i centocinquant’anni della nascita e si viene portati automaticamente a pensare che anche lui è nato, è cresciuto, è stato adolescente, giovane, ha avuto i capelli, si è innamorato, prima di diventare impresario di se stesso, di fare della sua vita un (piccolo) teatro. Si studia il caso – sainte-beuviano – dell’opera da legare o non alla vita dell’autore. Mentre siamo, da un secolo e mezzo ormai, nel caso dell’immagine, che oscura (prevarica) la persona e l’opera.
D’Annunzio è il caso macroscopico nelle lettere italiane dell’immagine che cancella l’uomo, e perfino lo scrittore. Sia pure l’immagine voluta e curata dall’autore. Siamo abituati a vederlo imbalsamato dopo Fiume, al Vittoriale, tra oppiacei e performances sessuali, probabilmente senza denti, mentre è stato giovane, e molto intellettuale – ha scritto almeno duemila pagine di articoli di varia natura, politici, letterari, e perfino economici.

Se ne può fare però solo una macchietta. Come da ultimo nello sceneggiato Rai su “Trilussa”: il regista Ludovico Gasperini, ottimo per tutto il resto, la recitazione svelta di Michele Placido, le scenografie, il montaggio, e un’incredibile Valentina Corti, che da sola fa tutta la storia, non sa evocare D’Annunzio, malgrado le celebrazioni del centocinquantenario, che come un cretinetti.

Grillismo -  La semantica è probabilmente il mezzo migliore d’identificazione – del movimento di Grillo come di ogni altro, per la verità, le parole sono pietre. Raffaele  Simone lo assimila oggi al populismo. Traccia su “Repubblica” le coordinate linguistiche del populismo, e le trova sovrapponibili al grillismo: una cornice d’immediata identificazione (la “guerra”, la “rivoluzione”), i nomignoli che ridicolizzano gli avversari, l’irrisione, lo “stile pubblico” eccessivo. Che però sono le caratteristiche dei totalitarismi, in Italia del fascismo, compresi gli eccessi pubblici (anche Mao nuotava, mentre Mussolini mieteva – o saltava il cerchio di fuoco?). Il populismo caratteristicamente si nega - si camuffa, si trasforma. Curioso transfert, per uno studioso dei linguaggi. Ma forse non è un lapsus – il politicamente corretto vuole in questi giorni il recupero di Grillo?
Le caratteristiche del fascismo per la verità sono sei: ci sono anche “il capo ha sempre ragione”, e le bastonature. Quella però nel grillismo c’è, e fondamentale. L’altra non ha più luogo d’essere, la giustizia sommaria si fa indolore, via internet: l’avversario si punisce col vituperio, le bastonature sono mediatiche.
Nel caso di Grillo il calco del fascismo, quello “puro e duro” e non quello delle barzellette, si doppia anche col programma, come questo sito ha spiegato: la “sovranità monetaria”, il proibizionismo, l’anticapitalismo, l’antiamericanismo, Israele,  l’Iran. Sono il calco della destra incorrotta, quella che Julius Evola rivendicava: “Il fascismo non è di destra”.

Narrazione – Ha vita propria. Ma in orizzontale. Una tessitura larga, piana, visibile. Non la storia che fa avanti e indietro, la freccia, ma un prato.

Scrivere - È una professione non da ora, per i giornalisti, i notai, anche gi avvocati, e gli stessi ingeneri, fisici, chimici. Ora è una professione, anche molto vasta, per autori. – per scrittori. Le scuole di scrittura sono fra le idee di “mercato della cultura” tra le più sfruttate. Solo in Italia ce ne sono almeno diciotto – più i seminari e i laboratori e costo ridotto.  Si organizzano tornei di scrittura, qualcuno anche gratuito. Si moltiplica l’autoedizione, a costi anche irrisori. Giocalibri ora lancia il libro scritto a quattro mani - due che non si conoscono si lanciano l’uno con l’altro un capitolo di un romanzo, l’ars combinatoria applicata alla scrittura.

Il realismo aiuta a scrivere, non c’è idealità nella scrittura, anche se ai classici si dà questo privilegio. La scrittura nomina le cose, dice bene Roscellino: Ma non bisogna esagerare, la retorica non ha censore peggiore dei suoi eccessi.

Storia - Non è una macchina calcolatrice, si dispiega nell’immaginazione, e prende corpo in risposte multiformi. Ma gli storici hanno le loro colpe. L’umanità si muove in modo continuo, anche se vario, mentre per capire le leggi del suo moto gli storici usano unità arbitrarie, discontinue: epoche, stadi, periodi, percorsi. E così, conclude Tolstòj, “ogni deduzione della storia si dissolve come polvere”.
È come se si volesse coprire con la storia la realtà: si fanno appelli, s’invocano leggi, si creano fatalità. Si può sperare di capire le leggi della storia “solo ammettendo all’osservazione unità infinitesimali, il differenziale della storia, le inclinazioni omogenee degli uomini”, concede il conte. Che però ammonisce: “La stranezza e comicità della nuova storia è l’essere simile a un uomo sordo che risponda a domande che nessuno gli fa”. Ogni storia è nuova, ed è nota.

letterautore@antiit.eu

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