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domenica 2 novembre 2014

Il mondo com'è (193)

astolfo

Europa – È ora orientale. Secondo il brocardo notarile “il morto s’impadronisce del vivo”?
Si vuole non più cristiana, e non più romana, perché è per la prima volta orientale. Con la trasmigrazione della Germania verso la sua anima orientale invece che occidentale. Con la sommersione democratica – tanti Stati, dal Baltico al mar Nero, che fanno la politica, e quindi la cultura, dell’Europa, su base democratica, uno Stato un voto. La questione ucraina non è marginale in questa Europa: nell’Europa tradizionale sarebbe stata un errore, o altrimenti una sfida cosciente alla Russia. Mentre Bruxelles (la Germania, la Polonia, l’Europa orientalizzata) la vuole questione di principio: democratica, civile, e quasi una frontiera. Anche se deve sponsorizzare politicanti e politici che altrove manderebbe in carcere, prepotente, ladri, concessori, corrotti, ladri.
È l’Europa della nova Frontiera, come il West americano, col punto cardinale opposto: avventurosa, di gente che non ha nulla da perdere, distruttiva, incosciente, e per questo robusta.

Feudalesimo – La categoria più diffusamente imputata alla storia italiana è invece assente. Salvo poche e limitate imitazioni-importazioni al Nord del sistema francese a ridosso del Mille. La categoria era parte onnicomprensiva del Diamat e quindi veniva applicata ciecamente anche all’Italia. Ma tuttora è in uso, specie nella storia del Sud. Che, semmai, è ingovernabile – per la parte che è di sua responsabilità – proprio perché non ebbe mai nessuna forma di feudalesimo.
L’unica forma politica ilaliana che si avvicina al feudalesimo è la signoria. Ma è ben più complessa e articolata.

Francesco – Il santo di Assisi molto censurò e innovò ma senza antagonizzare nessuno. Fu un confessore: combattente di molte idee e di nessuno in particolare. Fu sua, prima che Ignazio di Loyola, e più radicale, la rinuncia a una volontà o posizione personale, il “perinde ac cadaver” poi gesuita.
Resta notevole la teoria ottocentesca che il Rinascimento iniziò con Francesco di Assisi, la riumanizzazione della religione. 

Iran – In regime islamico ormai da quasi mezzo secolo, è animato dalle donne. Non è una constatazione scherzosa, semmai è tragica, ma un paradosso sì, che il primo e più integrale regime islamico sia animato dalle donne. Martiri, impiccate, carcerate, esuli, Nobel, scrittrici, registe, vigili custodi dei diritti. L’Iran è una civiltà antica, preesistente all’islam e dunque agli ayatollah. Ma la donna iraniana, che pure fu al centro del khomeinismo, delle manifestazioni oceaniche che convinsero lo scià a mollare, è ora il segno delle contraddizioni (ritardi, involuzioni) dell’islam, e della caduta degli ayatollah. Che nell’Iran dello scià, non remoto, erano indiscussa autorità culturale e morale, saggia, equilibrata, modesta. Mentre ora si pavoneggia con macchine blindate e scorte col kalashnikov.

Marx – È un liberale? Non è uno sberleffo dei suoi nemici ma un’avocazione degli appassionati e reduci del comunismo. Di un comunismo vittima esso stesso dell’ideologia dominante del libero mercato? Non sempre. Spesso ha ritrovamenti e radici culturali. Mario Alighiero Manacorda, il pedagogista morto un anno fa in tarda età, nell’ultima sua rivendicazione, “Perché non posso non dirmi comunista”, mette in campo anche Croce: “Davvero Marx ha opposto il comunismo alla tradizione moderna del liberalismo e della democrazia borghese? In realtà anche Croce sapeva che «l’estensore del Manifesto dei comunisti…nell’affrettar con l’opera e coi voti la fine della borghesia usciva in una grandioso e caloroso elogio dell’opera compiuta dalla borghesia»”. Di suo aggiungendo: “Tanto per cominciare, e tanto per la cronaca, Marx ha una formazione liberale”, il suo primo articolo, nel 1842, è contro la censura per la libertà di stampa. Più “in generale, il comunismo nasce, in sede teorica, sulle esigenze poste dalle ideologie liberali e democratiche”.
Manacorda spiega che “in Marx l’opposizione è tra comunismo e liberismo”, in quanto “ideologia dell’appropriazione privata dei mezzi di produzione collettivi, non è certo tra comunismo e liberalismo”. Ma se avesse aspettato ancora un po’?

Migrazione – Si può dire l’eccellenza italiana del millennio, nel mezzo della crisi economica sempre meno riparabile. Dei ricercatori italiani ovunque all’estero. Del salvataggio in mare e l’accoglienza di migliaia ogni giorni di profughi africani e asiatici. Con perfetta organizzazione militare e civile: niente epidemie a terra, molte vite salvate in mare. Si tratta solo di avvistamenti, abbordaggi e trasbordi, non di operazioni militari di alta precisione. Ma di tempistica sì, di coraggio anche, nell’esposizione ai contagi, e di abilità se non altro manuale. Piace pensare che le marine di altri paesi non vi si impegnino non per sdegno ma perché incapaci, perché non saprebbero “maneggiare con cura”. Mentre c’è chi si limita, in Spagna, o all’Est, ad alzare muti. Una logistica d’eccellenza e pubblica, in un paese in cu il pubblico si ritiene inefficiente perché incapace, e la logistica privata è in buona misura da scoprire.

Roma – Se ne è perso, col Muro, il mito. Per la prima volta dalla fine dell’impero romano. Un mito che fu vivo anche coi suoi critici. Dante, antipapista e quindi antimano, da ghibellino e imperiale, del sacro romano impero, si compiace di ricordare che Cristo era nato cittadino romano. Questo non è vero – l’avrebbe salvato, come poi san Paolo. Ma è vero che Virgilio è, inconsapevole, involontario, profeta del Cristo.

Si è oscurato il mito per prima in Vaticano. Con l’abbandono del latino, col Concilio Vaticano II. E ora col papa Francesco, che al Concilio di rifà in una visione “globalizzata” della chiesa, molto al passo coi tempi.
Giovanni Paolo II ne è stato lì’ultimo impersonatore, e quasi lui steso un ultimo trionfale imperatore. Seguito da papa Ratzinger, seppure in forma umbratile, e più per essere latinista e germanico. Ora anche la chiesa di Roma si vuole senza centro e senza sede. E l’Italia stessa, nell’anarchism dilagante che si dice il segno e anzi il primato italiano del millennio: del rifiuto del politico, del Parlamento, della centralità (unitarietà) del corpo politico e sociale. Nella più oltranzistica, benché ferale, avocazione dell’ideologia individualistica. Da vittime, a tutti gli effetti visibili, dell’ideologia del mercato, indifesi, intontiti.

Italiani e tedeschi sono stati uniti, pur nella diversità, dalla comune avocazione del mito romano – del diritto, del’unità, dell’impero. Per Roma, anche, hanno a lungo litigato: dal Barbarossa al Mommsen, il rimprovero costante della Germania al’Italia è di essere inferiore all’eredità romana, che invece con più vigore e verità si perpetuava in Germania. Nel nome di Roma si progettarono e classificarono, all’epoca e nella filosofia, un Rinascimento carolingio, uno ottoniano, e uno franco, tra il Settecento e il Mille.
L’abbandono di Roma è forse epocale. Si veda il Vaticano,  oltre all’Italia scentrata. Ma anche l’effetto della rivolgimento della Germania verso Est, verso la sua faccia orientale. Dopo secoli di politica occidentale, sul Reno e verso il Mediterraneo – da ultimo, nel dopoguerra, obbligata dalla guerra fredda e dai russi a Belio. Ora, liberata, la Germania si scopre centro-orientale, polo d’attrazione di quell’Europa slava e balcanica finora tenuta in riserva.

Si può anche pensare che l’Europa e l’idea di Europa ondeggino per l’abbandono della radice romana, per quanto artefatta o guasta.

astolfo@antiit.eu

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