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giovedì 6 novembre 2014

Perché Draghi non si dimette

Arrivato all’interesse negativo sui depositi, senza alcun risvolto positivo sull’economia, né nei consumi né negli investimenti, un banchiere centrale dovrebbe trarne le conseguenze. Finanziare cioè lui stesso gli investimenti, rifinanziandone la parte pubblica, e indirettamente quella dei privati. Draghi lo sa ma non lo fa. Dice di volerlo fare, ormai da due anni, e non lo fa.
In questi due anni l’eurozona si è qualificata per l’unica area sviluppata deflazionata, e a rischio recessione. Ma Draghi non si muove. I suoi guardiani, la Bundesbank con gli accoliti di Olanda, Estonia, Lettonia, Austria e Lussemburgo, non glielo consentono. Il suo predecessore Trichet nel 2011 se ne infischiò e fece quello che doveva fare, per salvare l’euro se non per rilanciare le economie europee. Draghi non lo fa.
Contro Trichet si dimisero i consiglieri tedeschi della Bce. Non successe nulla. Se Draghi si dimettesse contro i consiglieri tedeschi e assimilati, lo scossone sarebbe tale che forse l’economia infine ripartirebbe. Ma Draghi non lo fa, benché stia per essere il presidente della rovina della Ue.  Si dice per carattere, che è un “aggiustatore”. In realtà ha fatto soltanto le cose che Berlino ha chiesto. Non c’è salvezza in questa Bce. 

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