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domenica 11 gennaio 2015

Quando la Germania aveva vinto la guerra

Una carta dell’Europa nel 1942, subito alla seconda di copertina, ripetuta a buona memoria in terza, alla fine del libro, è la parte più formidabile di questa storia. Che è poi la storia della guerra, della Germania, e di Hitler, su cui ancora il più è da scrivere – per ora restiamo acculati alla reductio ad Hitlerum, alla non discussione, che tanto indignava Leo Strauss, buon ebreo ma filosofo. Lilli Gruber vi intreccia una storia d’amore, che vorrebbe vera. Di una prozia durante la guerra, sudtirolese come lei, col fidanzato del suo paese che, avendo optato per la Germania, è arruolato da Hitler, muore in guerra, etc. Verosimile. Ma il bello della storia è il contesto, lo sfondo. Il senso, dice la stessa scrittrice, della Heimat  germanica. Con la cartina.
Il 1942 è la guerra vinta dalla Germania: dal Bug ai Pirenei, da Lubiana al circolo polare artico, con i Balcani e l’Italia infeudati. Il 1943 è un’altra storia. Il sangue sì, la lingua pure, ma dopo l’8 settembre, quando i tirolesi a Brunico tirarono fuori dalle cantine le opere d’arte che per venticinque anni avevano celato agli italiani, i tedeschi se le presero e le trafugarono. E anche il seguito non fu edificante. I tirolesi d’Italia avevano scelto in massa la Germania al referendum privato promosso da Mussolini. Poi si ricredettero, ma con dolore. Lilli Gruber ci ritorna su esuberante, dopo il successo del primo volet, “Eredità”, lasciando intuire una saga. Fa la storia felice di un’infelicità.
Sull’attendibilità storica non si può dire. C’è un solo precedente narrativo sul Sud Tirolo nella guerra, “Discrezioni”, di Mary De Rachewiltz, la figlia di Ezra Pound e Olga Rudge. Mary, cresciuta dalla nascita in una famiglia tirolese, pur nella discrezione, affettuosa (ha assunto perfino i tratti somatici tirolesi, che a lungo ha sottolineato con  l’acconciatura e l’abbigliamento), ne dà un altro aspetto. Molto meno da cavaliere errante. Ma la ricostruzione di Lilli è accattivante, se non persuasiva.
È la storia di un’infelicità di un mondo, a posteriori, felice. Oggi i sudtirolesi sono probabilmente, malgrado tutto, la comunità meglio acquartierata in una paese allogeno, tedeschi in Italia. Sicuramente la più ricca, in Italia e anche in Europa, e quindi nel mondo. Grazie anche alla loro operosità e intelligenza, certo: tradizionalisti e aperti al nuovo. Ma in ambiente favorevole. Erano tignosi prima, e i soli tedeschi antitaliani, l’autrice non trascuri questo particolare – lei che è una dei pochi in Sud Tirolo che hanno fatto gli studi in Italia. Prima non nel fascismo, che sempre portano a giustificazione: nel 1903, quando il Tirolo era austriaco, invasero Innsbruck per prendersi l’università e Francesco Giuseppe dovette abolire le cattedre italiane. È così che nasce una tradizione - questa avrebbe meritato di uscire in “Eredità”. Si sono rifatti diventando i più ricchi d’Europa, con i soldi di Roma.
Lilli Gruber, Tempesta, Rizzoli, pp. 387 € 18

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