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domenica 1 febbraio 2015

Secondi pensieri - 204

zeulig

Confessione – È genere romantico, data dalle “Confessioni” di Rosseau, ed è una forma di narrativa. In precedenza era di altra natura, con effetti incisivi sulla riflessione. Quelle di S. Agostino fanno parte dell’esperienza religiosa, dove l’introspezione è necessaria. Montaigne si guarda poco, e sempre come reperto, in forma analitica, critica.
Il proliferare contemporaneo del genere, fino alla forma istantanea del selfie, è prova che la contemporaneità è sempre romantica. Magari in fine di ciclo: alla fine i movimenti sono scomposti. 

Globalizzazione – Ha scosso tutte le sociologie delle religioni, e del capitalismo, di cui la Germania ci ha afflitto per oltre un secolo, Max Weber, Sombart, Simmel – nel quadro, si può aggiungere, di una religione intesa asfitticamente, da Marx come da Durkheim (entrambi nati in famiglie ebraiche), e dallo stesso Weber. La globalizzazione, cioè l’apertura dell’“Occidente”, la più grande area di produzione e consumo del mondo, alle importazioni libere: niente di più.
Sombart, e in fondo lo stesso Marx prima e Simmel dopo, riconducevano il capitalismo – ne facevano colpa – all’ebraismo (Bibbia compresa, dove non se ne trova una virgola). Max Weber all’“etica protestante”. In un primo tempo (“L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”) al pietismo nell’ambito del luteranesimo – il luteranesimo vicino alla pratica e alla sensibilità cattoliche. In un secondo momento (“Le sette protestanti e lo spirito del capitalismo”) al calvinismo, meglio ancora nella sua derivata puritana.
Molte pagine lo stesso Weber ha consacrato alla “mentalità” religiosa cinese, indiana, giapponese etc., confessando però di saperne poco: il confucianesimo è burocrazia, l’induismo sacerdozio, etc. Nell’introduzione alla raccolta weberiana “La sociologia della religione” dieci anni fa lo stesso ordinatore, Pietro Rossi, era in dubbio: “Se in un determinato ambito storico la religione si è rivelata la premessa indispensabile della specifica mentalità del capitalismo moderno, è lecito presumere che altrove essa abbia esercitato una funzione analoga oppure, al contrario, abbia impedito l’affermarsi di forme di economia capitalistica”. Cioè: chi se ne frega?   

Innocenza – È vittima da ultimo – da un buon quarto di secolo – della trasparenza. Che in questa età della trasparenza significa solo il denudamento dell’individuo per lasciarlo inerme al mercato, un’operazione commerciale subdola: lo sfruttamento dell’innocenza. Il problema è: quanto consenzienti?
Ma non solo. Si prenda la pretesa trasparenza dello Stato, della politica, delle banche, della coppia, della comunicazione, della giustizia.  Non c’è nulla di più segreto di questa trasparenza: artefatta,  ambigua, traditrice. Di meno sincero, amorevole, non aggressivo, del dirsi tutto. Di meno vero delle intercettazioni, selettive e manipolate. Di più oscuro della comunicazione.
Avviene quando le cose non avvengono ma sono fatte avvenire. Se non nel fatto, nella loro presentazione e significanza.  L’agente (le cause, i moventi, i modi) è l’ermeneuta della cosa, e quindi ne è la sostanza. Anche nella forma volgare dei “cui prodest”.
Non ci sono cose vergini: conoscenze, confidenze, trasparenze, intercettazioni (anche di uno sguardo, una pausa, una bugia a fin di bene, una trascuranza, una nota sbagliata). Ma è diverso il caso in cui ci si appropria della verginità.  Mai la privacy è stata così calpestata come in questa epoca di trasparenza, di autorità garanti, di informazione libera per tutti, universale, istantanea. Anche per una voglia di esibirsi - denudarsi, esporsi – liberata e nobilitata. È una merce. Materia d affari, anche nella giustizia.

Letteratura – È teatrale, sempre. Per natura, quindi? Nel senso che è appoggiata, atteggiata. Anche quando si vuole senza stile – è lo stile del non stile. La narrazione è un calco, la buona narrazione un calco sapiente, ed è sempre una rappresentazione, un teatrino senza scene, luci, costumi. L’azione, anche la meno elaborata o approfondita, incide, scuote, Sofocle e Sade no. Anche la filosofia incide direttamente sulla realtà, il pensiero. La parola non è sempre inerme – la stessa politica è parola. Letteratura però non si dà se non trasfigurando la realtà, gli eventi. 
Questo spiega in buona misura l’inattendibilità o inaffidabilità dell’intellettuale, al fondo sempre un letterato, nella vita politica e pratica, dell’uomo della parola. 

Psicoanalisi  - È un’estensione, storicamente e geneticamente, del positivismo. Un’espansione enorme, per l’intimidazione che legalizza. Pena il rifiuto dela verità, nientemeno. Ogni persona perbene è un delinquente potenziale  - molti santi lo furono di fatto. Ergo. Ma bisogna sublimare? Oppure no, è un tradimento della verità della cosa? Quanti, soprattutto donne, avrebbe potuto uccidere Freud? Magari con competenza, giusto per sé.

Puritanesimo – “Solo l’etica razionale puritana orientata in senso ultramondano ha realizzato compiutamente e coerentemente il razionalismo economico intramondano”. Ciò Weber definisce “un paradosso” nella sua contestabile “Sociologia delle religioni”, mentre ne rileva tutti i presupposti per evidenziare l’appropriazione del divino a scopo di commercio – l’etica “razionale” che “coerentemente” fa divini i propri interessi  (“il razionalismo economico intramondano”).

Religione – Se ne accetti l’analisi d Max Weber, come della mondanizzazione della divinità. Come apparato, stregonesco. Anche mistica, e aperta alla (succube della) grazia, ma un’organizzazione del sovrumano a immagine e uso del mondo. I non credenti allora sono anch’essi a loro modo religiosi. Dialetticamente, e nell’uso del tempo, del pensiero, della parola. L’areligiosità è agnostica, di un agnosticismo di fatto, irriflesso. Il “vivere come bestie” di Dante, che non necessariamente è “bruto”.

Speranza – Non è mai stato un grande tema fuori del biblismo – l’attesa. Benché sia sempre una virtù teologale. O comunque derisoriamente. “La speranza è in fondo – diceva l’Antico”, il tratto più celebre è di D’Annunzio, “Il sudore di sangue”. La cosa più notevole è cioè un rifacimento del detto “la speranza è l’ultima a morire”.

zeulig@antiit.eu

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