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martedì 12 aprile 2016

C’era una volta un industriale che era anche scrittore

Gualino è stato un grande industriale, il più inventivo e attivo forse del primo Novecento: armatore (Snia, Società di Navigazione Italo Americana), creatore dell’industria chimica (Snia Viscosa e Rumianca) e del cioccolato (Venchi Unica), nonché della Lux Film, e socio di resistenza di Giovanni Agnelli, il “nonno”, nei primi anni 1920, quando i Perrone di Genova (cantieri Ansaldo) tentarono  di prendergli la Fiat. Un protagonista dell’industria e della finanza per quasi mezzo secolo. Anche se – o anzi perché – avversato da Mussolini, che ne fece il bersaglio di un suo periodico Mani Pulite: lo mandò in carcere con l’accusa di bancarotta fraudolenta, e poi al confino, e infine lo interdisse da ogni incarico – gestiva le sue aziende tramite procuratori. Fu anche un mecenate, per scelte proprie o mediate da Lionello Venturi, che molto lavorò per lui, di buona parte della pittura e l’architettura italiane tra le due guerre. E amava scrivere. Scriverà tardi un autobiografico “Frammenti di vita” sulle sue molteplici attività. Tra carcere e confino scrisse due racconti fiabeschi, “Tim e Tom in America” e “Minna”, rimasti inediti benché apprezzati da Cecchi e arricchiti da disegni di Gentilini, resi noti di recente, il diario dell’isolamento, “Solitudine”, che sarà pubblicato nel 1945, e questo “Uragani”, la sua prima opera scritta e pubblicata, nel 1933.
Sono sceneggiature del crac del 1929 e dopo. Tra un banchiere, un principe russo emigrato e altri personaggi di prima fila, tra Wall Street e una impossibile sponda sovietica. Prose da cultore della materia ma prolisse, e oggi, dopo tanti crac, anche scontate. Però, che un Gualino si compiacesse di scrivere fa piacere al lettore: un’eccezione e più che una curiosità. Della serie si stava meglio quando si stava peggio.
Riccardo Gualino, Uragani, Il Sole 24 Ore, pp. 95 € 0,50

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