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lunedì 14 novembre 2016

Hitler è vivo e combatte insieme a noi

Un giallo interessante, si fa leggere benché prolisso. Ma come esemplare di ucronia, del mondo come avrebbe potuto essere, è solo l’idea: lo svolgimento è cauto.
Siamo nel 1964. Nella Berlino monumentale che Hitler ha disegnato con Speer. Si celebrano i suoi 75 anni. Nell’attesa di una visita riparatrice del presidente americano Kennedy – Joseph, il padre “gangster, affarista e antisemita”, anche lui di 75 anni. Dopo la pace firmata nel 1946: in risposta a Hiroshima, che fece capitolare il Giappone, Hiller aveva inviato una V-3 sul cielo di New York, per significare la sua capacità di distruzione. L’Inghilterra affamata ha firmato la pace nel 1944, mandando Churchill “e i suoi guerrafondai” in esilio in Canada, con la regina Elisabetta - suo zio Edoardo VIII è di nuovo sul trono. C’è anche la Comunità Europea a Berlino, con un Parlamento nel quale dodici Stati sono rappresentati, ma conta poco.
La città ruota  attorno alla nuova stazione Gotenland, che collega al Reich l’Oriente germanizzato: la Moscovia, il Governatorato Centrale, l’Ucraina sempre fedele, e l’Ostland balcanico – i Baltici non fanno destinazione a parte. La Crimea non è di Putin ma di Hitler, la Costa  Azzurra orientale. Sebastopoli è il Porto di Teodorico. Le polizie sono efficienti. Gli “asociali” sono tollerati ma sorvegliati, quelli che dicono le barzellette, non fanno il saluto al Führer e non contribuiscono al Soccorso Invernale. Il Reich si gode il meglio dell’Europa che ha conquistato: profumi francesi, seterie italiane, pellicce scandinave, sigari olandesi, caffè belga,caviale russo, televisori britannici. I figli sospettano e denunciano i padri, come i piccoli Morosov di Stalin.
Ma Hitler non ha vinto la guerra: si combatte ancora all’Est, in Polonia e negli Urali, anche se solo contro sacche di guerriglia, alimentate dagli Usa. Un conflitto mascherato, che viene chiamato della Guerra Fredda. E non regna in patria: i giovani sono inquieti, ascoltano le radio americane, leggono Grass e Orwell, Graham Greene e Salinger, contestano i genitori, e lo Stato. Si mandano per posta, e scoppiano, pacchi-bomba. Si fanno attentati nella stessa Germania, opera di polacchi, lettoni, estoni, ucraini, cechi, croati, caucasici, georgiani – “rossi? anarchici? chi lo sa, di questi tempi potrebbe essere chiunque”. Una grossa cospirazione si prepara all’interno. Il morto è un vecchio compagno di Hitler nel putsch della birreria nel 1923. È come se la guerra si fosse prolungata. Ci sono anche le vedove di guerra che vogliono risposarsi.

Il clima è da “arrivano i nostri”, mentre l’ucronia è abbastanza seria, anche senza Hitler. 
Robert Harris, Fatherland

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