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sabato 19 novembre 2016

La banda del buco alla Repubblica

La Repubblica è quella di Scalfari, il giornale. “Il racconto di uno dei fondatori”, recita il sottotitolo. Furono numerosi, ma Giovanni non lo era. Scritto per l’editrice de “Il Fatto”, il giornale concorrente. Una resa dei conti personale, contro De Benedetti che sostituì Valentini all’“Espresso” con Rinaldi. Ma a volte si presume troppo di sé.
Si legge facile, non resta nulla - a volte si presume troppo di sé. C’è Monica Mondardini “Crudelia Demona”. C’è Mario Calabresi “l’orfano d’Italia”. Della fusione con “La Stampa” non c’è nulla. Di Omnitel c’è il pettegolezzo: Valentini che fa avere a De Benedetti dal missino ma compaesano Tatarella, vice-presidente del consiglio dell’odiatissimo Berlusconi e ministro delle Poste e Telecomunicazioni, la concessione delle frequenze Omnitel Pronto Italia, oggi Wind Infostrada.

Questa storia è lunga: c’è Scalfari che ogni giorno sollecita Valentini su sollecitazione di De Benedetti, e c’è l’invito risolutivo a casa Valentini di Tatarella e De Benedetti, con l’invio risarcitivo di un semplice mazzo di fiori dell’ingegnere alla signora anfitriona. Ma l’essenziale manca, la “creazione del denaro”, grazie al monopolio delle frequenze: una licenza costata niente e rivenduta dopo pochi mesi in Germania per 7,5 miliardi. Il miracolo della banda del buco, di cui in Solov’ev: c’era una volta una setta di dyromoliai, adoratori del buco, la cui religione consisteva nel praticare un buco nell’isba, poggiarvi le labbra, e ripetere: “Isba mia, buco mio, salvatemi!”. Non mentivano, dice il primo e unico filosofo russo: l’isba chiamavano isba, e il buco nel muro buco. Almeno finché del buco non fecero il regno di Dio in terra.
Giovanni Valentini, La Repubblica tradita, Paper First, pp. 142 € 112

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