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mercoledì 1 febbraio 2017

La poesia è un piacere

Uno scrittore e saggista che non si può leggere senza latino, era la sua seconda lingua. Da Orazio e Virgilio, naturalmente, a sant’Agostino. Con un po’ di greco – la poesia è creazione, ποίησiς. E di ebraico. Un critico militante, su un vasta serie di libri del giorno, e un quasi accademico. Si veda il  saggetto su Shelley. Quello sorprendente sul dramma greco, melodramma “in tutti i sensi”: per l’insulsaggine dei casi e gli argomenti, per i soggetti e personaggi, eccessivi, e per la musica e la coreutica che li sostanzia. O “Il razionale del verso”, trattazione pedante, sulla prosodia greca e latina e la prosodia francese e inglese.
Un critico militante polemico più che condiscendente. “Il principio poetico” immortala molti contemporanei presto dimenticati – e l’edizione Mondadori, 1949, l’unica che se ne sia fatta, non ha una sola nota esplicativa delle migliaia di riferimenti: erano i lettori settant’anni fa in grado di supplire da soli? Ma sempre con varie chicche: nel “Principio” c’è anche Boccalini, “Ragguagli di Parnaso”, nei “Marginalia” Marco Antonio Flaminio, che anche lui poetava in latino.
Sempre personale nel giudizio. Ossessionato dal plagio, di Longfellow trova che ha copiato da Tennyson, Tasso da Lucano e Sulpicio, e innumerevoli altri meno noti scova. Petrarca dice non grande poeta, ma patriota e repubblicano sì, e umanista benemerito, applicato alla ricerca dei classici da salvare. “George Balcombe” ripetutamente decreta il miglior romanzo. Ma leggeva e apprezzava Dickens, Hawthorne e altri contemporanei degni, Defoe, molto Settecento francese.
Poe-poesia è gioco di parole banale, e anche sbagliato. Poe ha vissuto solo quarant’anni, di cui venti attivi, ma è come se ne avesse vissuti quattrocento: è uno e molteplice, questa raccolta di scritti critici lo propone in varie sfaccettature. Educato in Inghilterra. Poeta riconosciuto – spesso lo si trascura. Narratore innovativo, per i racconti di orrore e di suspense, per cui fu subito famoso, anche in Europa. Drammaturgo. Giornalista fertile, e di molteplici iniziative. In certo senso dominava la scena letteraria, per le polemiche che provocava. Nutrì del resto interessi anche poco letterari: per la fisica (col poema “Eureka” anticipava il Big Bang…), il mesmersimo, la crittografia, l’arredamento – ha scritto una “Filosofia dell’arredamento” nel 1840, un secolo prima di Praz.
I “Marginalia”, che danno il titolo alla raccolta, assortiti da una cinquantina di “Suggerimenti”, sono 225 frammenti di riflessione, brevi e lunghi, dei suoi ultimi anni, 1845-1849 – quelli tormentati dall’alcol e dall’oppio, dopo la morte di Virginia, la cugina sua moglie. Alcuni saggi precedenti, di arte letteraria, fanno loro da corona. “La filosofia della composizione” è una sorta di lezione di scrittura, che Poe esemplifica col suo poemetto “Il Corvo”, “che in genere è il più conosciuto”. “Il principio poetico” scandaglia la “natura” della poesia. Venirne a capo dice impresa non semplice e forse non possibile. Ma sa che non è “terra nebulosa della metafisica”, e anzi “per un decimo forse dipende dall’etica, ma di certo per nove decimi si riallaccia alla matematica”. E che  “il verso ha per origine il piacere che l’uomo trova nell’uguaglianza, nella proprietà” – “la percezione d’un piacere nell’uguaglianza dei suoni è il principio della Musica”.
Edgar Allan Poe, Marginalia

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