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giovedì 2 febbraio 2017

Il mondo (è) di Putin

Non solo Depardieu tiene i conti a Mosca, Grillo e Salvini ne hanno fatto la loro capitale, e Farage con Le Pen. E Trump. E Fillon. E Sarkozy. Non per soldi, malgrado le tante malignità. E benché la Russia sia impoverita dagli embarghi e anzi “allo sbando”.
È anche una mania. Putin ha gestito la campagna presidenziale americana, nell’immaginario di un certo Occidente. Ora sta gestendo quella francese: Fillon è un suo protégé,  anche Sarkozy, insieme con Le Pen. E chissà che non ci abbia messo lo zampino nella Brexit – prima o poi non mancheranno indizi. .
Ma qualcosa ci dev’essere sotto, di più solido. Perché il fatto c’è: Putin, debole, sole e tutto, è in questo momento al centro delle più importanti questioni mondiali, militari, diplomatiche, politiche, religiose, e perfino, malgrado la vulnerabilità in questo campo della Russia, economiche.
La resistenza tradizionalista
Il mensile americano “The Atlantic” ne dà una lettura politica che vale la pena scorrere, sotto il titolo “È il mondo di Putin” – sottotitolo: “Come il presidente russo divenne l’eroe ideologico dei nazionalisti ovunque”:
Putin, personalità “comunque di statura fuori misura”, e il faro e la calamita del populismo – da intendersi come insoddisfazione generica: “Ha ottenuto questa prominenza perché ha anticipato la rivolta populista globale e ha contribuito a darle forma ideologica. Con la sua critica apocalittica dell’Occidente – che gioca anche con le paure di una risposta della cristianità debole al terrorismo islamico – Putin è diventato una mascotte della resistenza tradizionalista”.

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