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sabato 25 marzo 2017

Decidono le periferie

L’opinione e il voto non si dividono più sociologicamente secondo le due partizioni tradizionali, urbanesimo e ruralità. Evocate in occasione della Brexit, e poi dell’elezione di Trump, sono in realtà categorie da tempo evaporate. Negli Usa come nel Regno Unito la popolazione rurale non supera il 2 per cento della popolazione. E ancora: è una quota della popolazione legata all’agricoltura, ma stanzialmente urbana, non più disseminata in aree isolate piuttosto che in conglomerati.
In via indiretta la vecchia partizione sembra avere influito sia sulla Brexit che sull’elezione di Trump. Nelle 124 contee americane con più di mezzo milione di abitanti, nelle quali risiede il 48 per cento dell’elettorato, Hillary Clinton ha vinto, col 59 per cento dei suffragi, contro il 37 per cento di Trump. Nelle 2.844 contee con meno di mezzo milione di abitanti, il 52 per cento dell’elettorato, ha vinto Trump, col 56 per cento contro il 38 – queste contee hanno contato per il 65 per cento del voto di Trump, i grossi conglomerati per il 35. Sulla Brexit è noto che il massiccio “no” di Londra si è confrontato con un vasto “sì” provinciale.
Nell’ambito di questa divisione, tuttavia, è la nuova categoria della suburbanità oggi prevalente, e decisiva. E, a essa correlata, la vecchia e dimenticata discriminante del reddito. Legata alla vecchia concezione sociopolitica del classismo e quindi oggi trascurata, e invece influente – in Italia si direbbe decisiva.
La condizione suburbana è tipica delle città cosiddette metropolitane, che gravitano, anche su un raggio molto ampio, attorno a un nucleo storico-stabile caratterizzante. Comunità miste, per razza, censo, professionalità. Ma tutte comunque centrate sul vecchio nucleo cittadino, sul quale convergono per l’attività quotidiana, e a cui si sentono legate per svago, consumi e identità. Un ceto interclassista, tradizionalmente e vocazionalmente slegato da fedeltà di partito. Esprime il cosiddetto “voto di opinione”, che dopo aver oscillato, in Italia, lungamente attorno al 5 per cento, sui 2-2,5 milioni di elettori, per tutto il secondo Novecento, ha oggi proporzioni più che quadruplicate, in grado di condizionare ogni elezione. Con la mobilità elettorale, e con l’astensione.

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