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martedì 13 giugno 2017

Secondi pensieri - 309

zeulig

Canzoni – In “Nessun dorma”, la trasmissione di Massimo Bernardini su Rai 5 giovedì, all’evidenza registrata qualche mese prima, Ivano Fossati argomentava che la canzone è musica, scritta e cantata, e non letteratura – arte ma non letteratura. È l’argomento che Bob Dylan aveva sviluppato nella lezione da Nobel per la Letteratura 2016, inviata all’Accademia di Svezia e pubblicata martedì sul sito della stessa.
Dylan si difende dai sarcasmi sul Nobel alle canzonette. Si diceva che non avesse gradito il premio, invece si difendeva dalle ferite che sapeva gli sarebbero arrivate – gli sono arrivate: il Nobel lo ha soltanto gratificato. Nella lezione ritorna sul tema del discorsetto d’accettazione, sei mesi fa a Stoccolma - che è poi il sottinteso dello “scandalo”: sono le canzoni letteratura?
“Mai una volta”, Dylan concludeva l’accettazione, nella lunga vita di cantautore, “mi sono chiesto: sono queste canzoni letteratura?”  Ma - aveva precisato ampiamente prima - alla maniera di Shakespeare. Che era un uomo di teatro, aveva mille cose da fare, tra attori, impresari, scene e scenografi, spettatori, per chiedersi se stava facendo letteratura: “Le sue parole erano scritte per il palcoscenico. Da dire e non da leggere. Scommetterei che l’ultima cosa nella testa di Shakespeare era la domanda «è letteratura?»”.
A dicembre Dylan si difendeva con uno sberleffo: “Il pensiero che stava scrivendo letteratura non può essergli mai entrato in testa”, non a uno Shakespeare, era l’esordio. Nella lezione cita meno Shakespeare e irride meno i letterati.  Traccia il suo approccio, giovanisismo, alla musica folk. Discute la musica folk. Presenta le letture formative. Di tre delle quali, “Moby Dick”, “l’“Odissea” e “All’Ovest niente di nuovo”, espone lunghe riletture, per significare che la creatività, anche letteraria, viene fuori del canone.  
Le canzoni sono letteratura improbabile, concede. Ma, sottintende, come tutta la buona letteratura. Melville cosa voleva dire, chiede, mettendo assieme quel guazzabuglio di persone, storie, nomi, luoghi, citazioni, mondi diversi, alieni, ostili, che è “Moby Dick”? “Che significa tutto questo? Io e tanti altri cantautori siamo stati influenzati dagli stessissimi temi. Che possono significare tante cose diverse. Se una canzone ti emoziona, questo è importante… Quando Melville mise il suo vecchio testamento, i riferimenti biblici, le teorie scientifiche, le dottrine protestanti, e tutte quelle conoscenze di mari e velieri e balene in una storia, non credo che neanche lui si sia preoccupato – che cosa significa”.
E ritorna, sempre alla fine del discorso di accettazione di dicembre, tenuto dall’ambasciatrice americana a Stoccolma: “Le canzoni sono letteratura improbabile”. Ma al modo dei drammi di Shakespeare: “Le parole nei drammi di Shakespeare sono da recitare sulla scena. Come le liriche delle canzoni sono da cantare, non da leggere sulla pagina”.

Convivialità – “La Dogana”, il grande tempio cinese della cucina fusion a Roma, ha un tavolone per singoli, il vecchia table d’hôte o tavolo comune. Ma i commensali fa sedere sugli scomodi tabouret-seggiolini alti, dalla seduta stretta, cui bisogna avviticchiarsi con i piedi, di moda per gli aperitivi - a mezz’aria. L’era della comunicazione è dell’isolamento: che qualcuno accanto possa attaccare  bottone a pranzo o a cena è un fastidio. Schopenhauer , che viaggiava molto, da solo, parlava invece volentieri con gli altri avventori, benché gente normalmente di poco interesse, venditori, lupi solitari, avventurieri, presuntuosi il più delle volte a misura dell’ignoranza. Si pranzava volentieri al tavolo comune, e comunque senza problemi di contaminazione, ancora qualche anno fa al tavolo comune del “Latini” a Firenze o di Luciano (“Cesaretto”) a Roma.

Eternità – Non c’èternità perché non si può sorpassare il tempo. Il tempo è eternità (lo spazio è infinito)?

Giudizio – È mutevole. Per gli stessi canoni e gli stessi riferimenti. Per circostanze toriche o reali – eventi, fatti, cose – oppure personali (insorgenze, mood). Senza necessariamente “cause di forza maggiore”, accadimenti eccezionali, forzosi, invasivi. Muta come la realtà, se questa muta per un battito d’ali di una farfalla a Singapore – o era a Hong Kong.
Viaggiando per il Sud della Francia nel 1912, in treno e a piedi, Ezra Pound riflette come “i nostri valori di giudizio cambiano per il minimo cambiamento di condizione”. Che ci sia il gelo o la pioggia, o il sole. Che si vada a piedi, da soli, in compagnia, o su un mezzo di trasporto.
Cambiano anche per la semplice letura degli eventi o della storia, sempre variabile.

Riflessione – È fenomeno urbano, palatino, domestico. Tra amici, tra classi sociali – quali si definiscono e delimitano per il comune uso linguistico. Nella forma che Ezra Pound trova girovagando per la Francia della poesia cortese: “L’uomo di città ha la testa piena di astrazioni. L’uomo all’aperto ha la testa piena di oggetti”.
È fenomeno sociale: cambia, molto, sulla pubblica piazza (Socrate, Hitler) o in una cella, sia pure da reclusi volontari.
La riflessione è toponorme, o topopatica. Lo è per esempio, dichiaratamente, per scelta e convinzione, per Heidegger – nel rifugio (la Hütte), in montagna, in Svevia.

Tempo – È la prova di Dio, della creazione. Nell’infinità e nell’istante, ìl tempo di una vita.

Virtuale – È violento, nella trattazione che Baudrillard ne ha fatto prima di Internet. Per la forza della parola – della propaganda, la prospettazione, l’argomentazione. Ne troverà poi un esempio nella guerra del Golfo. Oggi la troverebbe col Russiagate. Che è come se fosse una guerra agli Usa, ma dall’interno degli stessi Usa. Forze opposte all’interno degli Usa (il complesso militare-industriale contro la spesa sociale, gli interessi costituti contro le forse democratiche, l’opinione artefatta contro l’opinione corretta) si combattono agitando le interferenze russe nella vita politica americana. La Russia è un po’ come il vecchio orso alla capanna del cacciatore di pelli. O il leone, in Africa, sul tetto della casupola di periferia.

zeulig@antiit.eu 

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