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domenica 11 giugno 2017

La vera storia di Praga

Una serie di quadri, più che due racconti, del “paese della febbre e dell’infanzia”. Pieni di voglie e di energia, a 24 anni, quasi una primizia, nelle pause dell’assorbente relazione con Lou Andreas Salomé che lo apriva a se stesso. Di maniera però, più che acerbi. Contro il nazionalismo.
Rilke, praghese di nascita, conserva della città l’immagine di “enigma e disordine”. Vi aveva passato un’infanzia triste per le liti tra i genitori.  In un contesto culturale che rievoca come “un contatto maledetto tra due corpi linguistici indigesti l’uno per l’altro”.  Ma scrive i racconti per superare la divisione, in qualche modo, con l’ottimismo. Molto si dice sui Tedeschi che escludono i Cechi, li disprezzano.
Cosmopolita per eccellenza, Rilke non ama il nazionalismo, i “nobili e bei discrosi del’entusiasmo anzionale”. Ma lo rappresenta, seppure con ironia e compassione. I cechi sono contro i tedeschi, ma senza odio. “L’odio rende tristi”, ragiona il gobbetto Bohusch dietro cui Rilke si nasconde: “I Tedeschi possono fare tutto ciò che vogliono. Non capiranno mai il nostro paese, dunque non potranno mai prendercelo”. E i Cechi rappresenta nel secondo racconto nazionalisti, ma con juicio. “Secoli separano i Cechi colti dal popolo”, riflettono i giovani nazionalisti: “È questa la nostra tragedia, non i Tedeschi”.

Un apologo anomalo nella tanta letteratura su Praga: da tedesco, dell’occupazione tedesca, più che dell’innesto delle due culture. Unico tedesco di Praga, probabilmente, che scrive dei Cechi, dall’interno.
Rainer Maria Rilke, Due storie praghesi, e\o, pp. 160 € 4,90

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