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sabato 25 agosto 2018

Il giallo da tavolo

Un classico di scrittura in collaborazione, tra una dozzina di membri del Detection Club, il club inglese degli scrittori di gialli, tra essi Chesterston (limitatamente alla presentazione), Agatha Christie, Dorothy Sayers. Il Club non ha e non aveva statuti né ricette, giusto un paio di pranzi informali l’anno, fra scrittori di “gialli all’inglese” – oggi sessanta. Nel 1931 decise, per darsi uno scopo, di provare il romanzo a più mani.
Un esperimento, dunque. In anni in cui il genere era in voga, specialmente in Francia, e il molto britannico Detection Club volle sperimentarlo. Una voga che non ha lasciato prodotti memorabili. Neanche questo ammiraglio flottante. Che però si fa leggere, per più motivi.
Il primo è negativo: un effetto di saturazione. L’insopportabilità del giallo all’inglese, come qui viene chiamato, del whodunit  o chi è stato. Di cui ormai tutti sappiamo tutto, dopo tanti anni di Poirot in tv, con le sue interminabili spieghe finali. Dorothy Sayers deve spendere venti pagine di whodunit per un racconto di trenta. Gli indovinelli si accalcano alla noia, oltre che impossibili da memorizzare.
Più curioso è che ogni capitolo sia in realtà un racconto conchiuso - in appendice se ne dà la soluzione, almeno di nove casi sui dodici. È cioè un plot conchiuso. È un pregio o un demerito per il plot, per il posto del plot nell’arte del racconto? Il “chi è stato” è naturalmente impossibile, cioè arbitrario, ma si procede lo stesso allegramente. Lo è sempre stato, solo che questa collettivo lo mette in evidenza – Anthony Berkely si deve incaricare, nell’ultimo lunghissimo contributo, settanta pagine, “Clearing the mess”, di mettere le cose a posto.
Come giallo è incongruo. Milward Kennedy lo dice nel suo capitolo, il VI: ”L’ispettore Rudge era subconsciamente conscio che le sue ricerche erano diventate innecessariamente dispersive, e che nessuna di esse si era meritata finora l’aggettivo di «completa»”. È un campionario di stili diversi, qui facilmente accostabili. Agatha Christie per esempio svetta per la complessità, al limite dell’incomprensibile, dei suoi whodunit. E una sorta di manuale del “giallo all’inglese”. Che è in realtà un gioco. Simon Brett, che introduce la riedizione, lo apparenta ai “parlour games” vittoriani, giochi da tavolo, in voga ancora tra le due guerre: giochi di parole, di logica, anche di resistenza fisica.
Il prologo di Chesterston è stato scritto all’ultimo, per tenere conto di tutte le derive dei vari contributi. Ogni autore prende il testimone dove lo ha lasciato il precedente, e lo lascia arbitrariamente dove vuole.
The Detection Club, The floating Admiral, HarperCollins, pp. 310 Lst. 8


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