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domenica 12 gennaio 2020

Due o tre cose che (non) si sanno sull’Iran


L’Iran non è un paese arabo. Bisogna dirlo? Sì. E fa differenza? Sì, se ne differenzia in modo radicale, per molti aspetti.
È una società urbana, anche se disseminata sparsamente sul territorio. Istruita. Islamica ma non nemica del mondo. Con un forte senso della cultura – della storia. E con un forte realismo - ben cosciente che non può, e comunque non ha interesse, a fare la guerra agli Stati Uniti, come si crede.
L’Iraq, che si differenzia dall’Iran per una consonante, è all’estremo opposto: una società tribale. Come la Libia nel Mediterraneo, a fronte dell’Egitto - anche della Tunisia.
Gli ayatollah, che governano l’Iran da quarant’anni, sono sicuramente una teocrazia, dalla mano dura, anche se si fanno eleggere. Ma sono persone colte, che amano discutere. Hanno posizioni anche diverse e perfino opposte, su problemi specifici e in generale, anche sul regime, e le fanno valere: tra di loro si rispettano. Il loro governo si può assimilare in Italia a quello degli Stati della chiesa.
In Iraq i capi sciiti, specie quelli che si rifanno agli ayatollah, sono dei ras politici, prevalentemente a base tribale.   
In Iran c’è uno Stato. Un governo che governa, una polizia, le forze armate, in un disegno politico. In Iraq, come in Libia, no. Ci aveva provato Saddam Hussein, e in Libia Gheddafi, ma li hanno abbattuti – l’Occidente li ha abbattuti in nome della libertà, tribale.  
L’Iran è la Persia, di cui eredita la storia - in parte, anche inconsciamente, la fa valere. Quando l’impero persiano è finito, sotto i colpi di Alesandro Magno, dominava una buona metà del mondo conosciuto, dal Mediterrano, Grecia esclusa ma Egitto compreso, fino all’India e nell’Asia centrale. La sconfitta non cancella la Persia, la comunità di cultura e storia. Che è riemersa quale parte intelligente, e spesso dirigente, dell’islam, anche se non ne ha mai ospitato nessuna delle dinastie imperiali – ha avuto ancora re ma non conquistatori.
L’iraq vanta un passato forse ancora più impressionante, l’area dei fiumi, la Mesopotamia: Sumeri, Babilonesi (nella babilonese Ur nacque il padre Abramo), Assiri, poi parte pregiata dell’impero persiano, di quello romano, poi sede per cinque secoli dell’impero islamico abbaside, dal VII al XIImo. Poi più nulla. Il nome deriva dal persiano, per “terre basse”, in raffronto all’altopiano iranico. Con una popolazione sparsa, di 40 milioni. Regolata dalle tribù, dalla creazione dopo la prima guerra fino a oggi. L’Iraq è non meno ricco – non più povero - dell’Iran: il il reddito pro capite medio nei due paesi si aggira sui 5 mila dollari l’anno. Ma senza governo, o Stato.
L’Iran si è risollevato col  disegno imperiale dell’ultimo scià, Reza Pahlavì. Di cui Khomeini si è impadronito, pari pari – modernizzazione forzata esclusa.
Khomeini aveva passato undici anni in autoesilio - contro la modernizzazione dello scià - in Iraq, nel luogo santo di Kerbala, ignorato. Diventò Khomeini in Francia nel 1978, protettto dai servizi segreti francesi, che ne diffusero anche il verbo, attraverso audio e videocassette. E abbatté lo scià, filoamericano.

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