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martedì 14 gennaio 2020

La coperta iraniana è corta

All’improvviso gli ayatollah si sono trovati soli, e disarmati. La politica imperiale non regge di fronte ai problemi interni - un paese di cento milioni di persone che si agitano per il pane. Dopo aver speso sui 10-12 miliardi di dollari negli ultimi otto anni per la predominio nel Medio Oriente: la guerra nello Yemen, la guerra in Siria, la dotazione annuale degli Hezbollah in Libano, la sovvenzione di Hamas, La dotazione dei famelici gruppi sciiti in Iraq. Senza contare l’isolamento.
L’appoggio di Putin, determinante in Siria, non sarà mai un’alleanza. La Russia non è un partner, se non per l’aspetto militare. Ma per questo stesso motivo è temuta a Teheran, oggi come sempre. Può essere solo un falso scopo, o una bandiera da spendere nella politica mediorientale, e nulla più. Un rapporto per ora di reciproca convenienza in Siria, che può rompersi già negli sviluppi dei piani nucleari.
Lo stesso peraltro è lo stato degli affari visto da Mosca. Putin non doterà mai Teheran della Bomba. E nella politica mediorientale punta non da ora sull’islam sunnita, il primo nemico degli ayatollah, dalla Turchia alla stessa Arabia Saudita. In Siria ha bloccato e sconfitto la sovversione animata e finanziata dall’Arabia Saudita, ma da ultimo, quando la guerra civile era in stallo, e solo come carta da visita nei riguardi degli stessi sauditi, Putin non ha nessun interesse da far valere nella stabilizzazione in corso a Damasco.
Morto Suleimani, lo stratega della guerra per procura nel “Crescente sciita”, Iraq, Siria, Libano, Bahrein, perfino in Arabia Saudita, tra gli ayatollah torna forte il partito di chi non vuole avventure. E in prospettiva anche una onorevole convivenza col Grande Satana l’America.

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