Cerca nel blog

venerdì 29 ottobre 2021

Ombre - 585

Il G 20 che si apre a Roma, venti capi di Stato e di governo, viene su “la Repubblica” a p. 14 – pagina pari, non di riguardo. Prima è pieno di cosa hanno detto o da dire Conte, Simona Malpezzi, Letta, Salvini, Fuortes – Fuortes assicura che i partiti non interferiscono alla Rai. Nonché John Podesta e Patrick Gaspard, Democratici americani, schierati per il nuovo Ulivo. Si erano dimenticati di fare il giornale, giusto il compitino?
 
Il papa che oggi vede Biden per l’aborto, il presidente indiano per abbattere l’ostilità indù, e il presidente coreano per aprire una mediazione con la Corea del Nord, viene su “la Repubblica”  a pagina 15, giusto un titolo, poche righe. Biden che a Roma oggi vede Macron, per ricucire la rottura diplomatica, non viene affatto. Provincialismo? Il G 26 che si aprirà dopodomani a Glasgow, e (non) deciderà sull’emergenza clima per la quale si riunisce, prende invece due pagine. Gli inglesi hanno migliori uffici stampa? Hanno la Regina?  
 
Roma ospita da oggi venti delegazioni di capi di Stato e di governo, da Biden in giù, un migliaio di personalità in movimento fra centro storico e Eur per tre giorni. Nei quali si giocherà la partita Roma-Milan, tutto esaurito, e si terranno  due manifestazioni, a San Giovanni e alla Piramide, le due aree fra il centro storico e l’Eur. Imprevidenza? Tolleranza? No, menfreghismo, a Roma niente è più prevedibile – organizzabile, controllabile.
 
Sindaco di Roma da dodici giorni ormai, Gualtieri non dice cosa intende fare, e non nomina il suo governo, collaboratori, assessori, dirigenti. Non fa neanche circolare qualche nome. C’è o non c’è? Il Pd romano, che non lo voleva candidato, non glielo consente? I giornali non ne sanno nulla, neanche s’interrogano.
 
Fernando Gentilini avvia una serie “Finis Terrae” su “la Repubblica” spiegando la Libia con Erodoto. Andare a vedere la Libia no, a un’ora di aereo? Gentilini è il diplomatico-scrittore? È stato ad Addis Abeba, poteva scendere una volta a Tripoli, o Bengasi. O a Giarabub, dove il “re” Idris se ne stava rintanato, non senza motivo – re, forse, della sola Cirenaica. Sarà l’effetto dell’abbandono della geografia a scuola, ma com’è possibile che la Libia resti sconosciuta all’Italia?
 
O è l’effetto dell’obliterazione delle tribù nella storiografia – in una sorta di politicamente corretto della storia? Ma, anche se fosse, ai giornali non è permesso. È comunque bizzarro che l’Italia, che è stata in Libia per un secolo abbondante, fatichi a capire che il paese è tribale, irrimediabilmente – come del resto l’Iraq e l’Afghanistan, altri campi di esercizio della democrazia occidentale, di partiti, elezioni e altri simulacri.
 
Il prof. Gualtieri neo sindaco di Roma scopre che il patrimonio edilizio del Comune, almeno 40 mila case e appartamenti, non rende nulla e anzi costa. Affitti irrisori, in gran parte nemmeno pagati, per una burocrazia gestionale da pagare comunque. Si è fatta una crisi comunale, nel 1993, la seconda giunta Carraro, perché rea di avere commissionato un censimento del patrimonio a una ditta affidabile. Il primo provvedimento del commissario fu di disdire l’appalto. È cambiato il Pd di Gualtieri rispetto al Pci, il Pd romano, di vecchi-giovani maneggioni?

“Ripensare l’illusione del mercato” è titolo del “Sole 24 Ore”, seppure nel supplemento domenicale: “Come affrontare inefficienze e disuguaglianze prodotte da un modello che non un funziona?” Inefficienze? Disuguaglianze? Modello erroneo? È solo una recensione, di due libri molto critici, Boitani e Block, ma si aprono le dighe? La verità è agli occhi di tutti.

Imperversano al cinema, mediati dai festival, film asiatici e americani - del Sud America inizialmente ora del Nord - da commedia all’italiana. Ma in salsa neo realista e non bonariamente trasgressiva, di critica borghese: film di poveri contro ricchi. A effetto però rovesciato, soprattutto quelli coreani e nordamericani (ma di registi-e asiatici-che): di quanto sono brutti e sporchi i poveri. Ma film osannati come progressisti.
L’avversativa al terzo grado (di un’avversativa di un’avversativa) fa un’asserzione positiva - sono film buoni con i poveri, i senza diritti? O è una doppia, tripla, confusione? Sono tempi di disincanto, acutamente anzi classisti, ma assolutamente vogliamo evitare di dircelo.
 
I poveri brutti, sporchi e cattivi sono, si penserebbe, quanto di più scorretto politicamente si può pensare e dire. Invece no: il politicamente corretto solo protegge-impone le minoranze intellettuali, concettuali – essere nero, essere donna, essere gay, non essere. I poveri invece sono e basta.

Nessun commento: