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lunedì 21 novembre 2022

Letture - 504

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Barrès – Proust lo elegge a vero autore del “Genio del cristianesimo”, la celebre opera di Chateaubriand, e non ironicamente. “L’ammirevole autore del vero ‘Genio del cristianesimo’, voglio dire Maurice Barrès” porta di rinforzo, nell’incipit di un articolo sul “Figaro” del 3 settembre 1912 in difesa delle cattedrali, “La chiesa del villaggio”, nella contestazione del cosiddetto “progetto Briand”, Proust lo chiama così, ossia l’intenzione del governo radicalsocialista francese, nell’ennesima lite con “Roma”, col futuro stato del Vaticano, di non finanziare più il recupero-restauro e il mantenimento delle grand cattedrali storiche. Proust, lo scrittore del Novecento che forse più di ogni altro ha “raccontato” la chiesa, da esperto di preghiere, canti, riti, ricorrenze, e perfino da devoto, era naturalmente contrario, delle cattedrali facendo anzi il segno distintivo della Francia, della storia, della cultura, dell’arte francesi. Il richiamo a Barrès in questa difesa è curioso in quanto Prost era da tempo su sponde opposte, dal caso Dreyfus, nel quale Barrès si era distinto per l’antisemitismo, sprezzante, in aggiunta all’antiparlamentarismo di cui si faceva il fiore all’occhiello. Ma Barrès frequentava alcuni dei salotti cari a Proust. La sua amante di lungo periodo, la contessa Anna de Noailles, Proust aveva eletto qualche anno rima, sempre su “Le Figaro”, a genio poetico del nuovo secolo. Entrambi collaboravano alla “Revue Blanche”, la rivista alora d maggior prestigio (Mallarmé, Verlaine, Péguy, Jarry, Claudel, Gide, Apollinaire, Jean Lorrain, tanti bei nomi vi collaborarono). L’ultimo libro di Barrès, “Gréco ou le secret de Tolède”, con molte riproduzioni, una novità per la Francia, era dedicato al conte di Montesquiou, per il quale Proust aveva un’affezione forse non finta – e al saggio Proust si rifarà, alle sue riproduzioni, per parlare del Greco nella “Ricerca”.  

Carlyle – “Il san Tommaso di Chelsea”, lo elegge Conan Doyle nel suo primissimo romanzo, “Il racconto di John Smith” - cioè di se stesso, una sorta di autobiografia da giovane. Santo per essere stato ferito da indiscrezioni e malevolenze dopo la morte: “Di tutti i tristi casi letterari”, dice lo Smith-Conan Doyle, creati dai “mosconi della letteratura”, “gli attacchi alla memoria del grand’uomo quando la terra era ancora fresca sulla sua tomba fu uno per me i più destabilizzanti”. Era avvenuto che lo storico James Anthony Foude, un amico cui Carlyle aveva affidato la sua corrispondenza e le sue carte alla morte, ne aveva scritto una biografia che lo metteva in cattiva luce, nei rapporti familiari e nel carattere.

Dante – Non c’era scandalo nel “Dante islamico” per Asίn Palacios, lo studioso spagnolo cui si fa ascendere la discendenza. Si volle Dante improvvisamente islamico per il sesto centenario, nel 1921 - a ridosso del revival dell’ispanoislamismo del primo Novecento, anche questo influiva - col grosso tomo “Escatologia islamica nella Divina Commedia”, pubblicata nel 1919, un lavoro di recupero delle fonti opera del sacerdote, filologo e arabista spagnolo Miguel Asίn Palacios. Ma lo studioso non si poneva in questa linea. Che Dante sapesse di Maometto e dell’islam, lui che sapeva tutto ed era curioso di tutto, era per Asìn Palacios solo comprensibile. Mentre l’escatologia musulmana c’entra perché non c’entra: c’era troppa distanza e diversità, anche in quel mare Mediterraneo allora unitario. E d’altra parte il mondo non è cominciato con Maometto, il mondo islamico – tutta la poesia dell’amore cortese è contenuta in quella araba dei secoli dall’VIII all’XImo, la quale era contenuta nell’ellenismo, con variazioni certo. E non è finito con Maometto.

Iniziando i raffronti, Asίn Palacios stesso, inavvertitamente, diceva la differenza incolmabile tra Dante e Maometto: tutto uguale, insomma simile, se non che l’inferno di Maometto è “riservato esclusivamente agli infedeli”.

Duemila – Conan Doyle, il padre di Sherlock Holmes, lo profetizzava nel 1883, nel suo primo romanzo, come l’età della cultura e dell’arte: un’epoca in cui le notizia di nera sarebbero state di questo tipo: “Brutale attacco su un Virgilio in bodoni”, o elsevier.

Firenze – È il nome per eccellenza, nella teoria di Proust dei “nomi” come distinti dalle “parole”, evocativo cioè, di un mondo, un’epoca, una cultura, dei colori, dei sapori, che assume in una prosa “giovanile” (in realtà del 1913, su “Le Figaro” del 25 marzo), “Vacanze di Pasqua”. A proposito di un viaggio in famiglia per Pasqua, proprio a Firenze, promesso dal padre e poi non effettuato – la Pasqua era fredda - ma vissuto da Proust lo stesso.

Charles Gide - Economista in cattedra, zio di André, s’impegnò, benché ugonotto, contro il cosiddetto progetto Briand (che Proust chiama “progetto Briand”), 1912, contro le chiese antiche, cattedrali comprese. Suo fratello maggiore Paul, il padre di André, giurista, con cattedra a Parigi, studioso della “condizione privata della donna nel diritto antico e moderno”, soprattutto nel diritto romano, era morto a 48 anni, nel 1880.

Pettegolezzo – È irresistibile, una tentazione, argomenta Conan Doyle all’inizio del suo primo romanzo, “Il racconto di John Smith”: “Una persona abbia cinquanta delle più nobili virtù e un solo piccolo vizio, incontinente il critico moscone si avventerà su questo” – “Addison era uno stimabile uomo di buon cuore - «ma un ubriacone», ronza il moscone. Burns era generoso e di mente nobile - «ma un dissoluto» ronza il moscone. Coleridge ci ha lasciato parole che respirano l’intimo spirito della virtù - «Oppio! Oppio!» sussurra il moscone”.

Queer - Michela Murgia non solo intitola “God save the Queer” la sua geniale, perfino comprensibile, teologia (“catechismo femminista”), ma usa anche una terminazione neutra (schwa? sembra un 3), per camuffare alcune volte il genere, che non sia maschile o femminile. Avrebbe divertito molto Arbasino, il re del queer, che ne fu lo scopritore per l’Italia e poi lo specialista, e si presume il praticante – Murgia l’ha scampata bella.   

Sicilia – È la primavera per antonomasia per Proust, colorata (azzurro) e profumata. Se lo dice a Parigi, al passaggio della stagione, che non può tardare (alle prime righe di “Vacanze di Pasqua”, “Le Figaro”, 25 marzo 1913): “Siamo a Parigi, è inverno, e tuttavia, mentre si dorme ancora a metà, si sente che comincia una mattinata primaverile e siciliana”.

letterautore@antiit.eu

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