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Monumentale Leopardi, giovane, seducente e determinato
Un altro
Leopardi. Vivace oltre che vivo, e attivo, anzi intraprendente al limite dell’incoscienza,
sempre padrone di se stesso. In tutto determinato: ponderato, riflessivo, ma poi
determinato, senza concessione o compromesso possibile. Nelle eresie delle “Operette
morali” e in ogni altra opinione o posizione critica e\o politica. E sempre
giovane, da bambino e da adulto. Sempre solare, anche negli eventi e le situazioni
drammatiche. Perfino bello (come di fatto era! secondo ogni canone): inventivo,
allegro, seducente, sentimentale a suo modo. Senza soffermarsi sulla scoliosi,
o su gli altri problemi fisici, giusto la poca vista – che ne accentua la
seduttività.
Un approccio al
monumento Leopardi non meno filologico di quello consueto, del poeta gobbo, malaticcio
e isolato. Sotto la ferula paterna – uno che per venti dei suoi pochi anni se
ne tenne lontano, benché sprovvisto di mezzi… E, come per i rapporti familiari,
con molte più verità storiche accessorie. Del poeta che fu la bandiera dei
liberali risorgimentali di Milano, Bologna, Firenze negli anni 1820-1830, e un
po’ anche a Napoli. Dell’erudito colto e autorevole, e per questo forse
imbrigliato socialmente, confuso tra sentimenti e risentimenti, impedito negli
slanci del cuore. I sensi vivendo con la meraviglia del bambino implume. L’intellettuale
fermissimo nel suo credo materialista e disperato, su vita e morte, Dio e
mondo, libertà e tirannia, e sempre duro, sulla politica compresa.
Geniale, in questa
ricostruzione storicamente infine attendibile, l’affiancamento a contrasto, nelle
due parti del film, di Igino Giordani prima e poi di Antonio Ranieri. Di due figure
storicamente acclarate. Parmigiano l’uno napoletano l’altro, esuberanti bon
vivant. E invadenti nel nome della devota, ammirata, amicizia.
Una produzione generosa,
che resuscita i fasti degli sceneggiati storici della Rai, delle stagioni di D’Anza,
Majano, Bolchi: “L’amaro caso della baronessa di Carini” “Il mulino del Po”, i romanzi
russi, “Il piccolo Lord”- anni luce dalle asfittiche serie delle n piattaforme
che ci perseguitano, di pochi takes moltiplicati al computer per un’ora
o due, passatempi da cellulare (che curiosamente i critivi tv propagandano).
Per una regia inventiva e ricca. Tanto forte narrativamente quanto apparentemente
invisibile – classica. Sviluppatta su soggetto e sceneggiatura dello stesso Rubini,
col genialoide Pasquini. Dopo una scelta miracolosa dei visi e personaggi che
reggono le quattro ore: Leonardo Maltese, che riesce ad essere sempre credibile
nei vent’anni di vita in cui impersona Giacomo, un Caccamo che sembra Antonio
Ranieri fatto persona, sempre vivo, e Giusy Buscemi nella seconda parte, Fanny Targioni
Tozzetti. Tutti scelti e perfetti, attori di mestiere, comprimari “precisi”:
Boni (il conte Monaldo), Pennacchi (lo stampatore Stella), Preziosi (un
parroco), Lidi (Tommaseo). Indovinate anche le Paoline (Maria
Vittoria Dallasta la sorella di Giacomo, Roberta Lista quella di Antonio), e la cantante Marianna
Brighenti (Emma Fasano), musa di Giacomo degli anni di Bologna - il cui padre,
patriota e buon maestro di canto, finisce delatore. E la “cugina Geltrude” (Serena
Iansiti), fatta segno, sorpresa, del primo sboccio della sensualità. Grande inventiva,
dunque, anche nei personaggi secondari – ma bastava documentarsi un po’.
Fanny è uno dei
tanti personaggi nuovi e “giusti” del film, che Rubini e Pasquini tratteggiano a
tutto tondo: è ben la “Aspasia” del “ciclo di Aspasia”. Nobildonna regina dei
circoli di Firenze, moglie e madre esemplare ma in cerca d’amore, scoprirà in
morte del poeta quanto è stata amata. Per il “ciclo di Aspasia” che prima disprezzava,
e per l’abnegazione di Giacomo, di fronte al di lei trasporto, fisico,
disperato, per il farfallone Ranieri, di farla sentire amata. Un ultimo,
poeticissimo, controcanto all’“incapacità di amare” del poeta amabile, filosofo
disperato. Del riserbo intimo, o animalità inespressa, del determinatissmo ma irricettivo ragazzino Leopardi.
Sergio Rubini, Leopardi
– Il poeta dell’infinito, Rai 1, Raiplay
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