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mercoledì 23 marzo 2011

Secondi pensieri - (66)

zeulig

Amore – Eterno ma ben mutevole, più di ogni altra nozione. Non c’è più l’abbandono né la sorpresa. Né i “grati rispetti” né la fedeltà. È un gioco di scacchi, che è poi una volgare one-upmanhip e un braccio di ferro, “ti tengo a bada”. Fra gli adulti, fra i giovani e i giovanissimi. Il fatto economico (consumo) è prevalente, esplicito Ersatz o compensatore universale. Perfino fra gli ecologisti: chi offrirebbe con gioia, e chi riceverebbe con gioia, dei fiori?
Non c’è più il gusto del’intimità perché non c’è più la passione? Non più rapporto a due, l’amore è una delle tante cadenze sociali. Meno apprezzato, meno apprezzabile, perfino del lavoro, che un tempo era semplicemente “rifiutato” – del lavoro nelle condizioni degradate della globalizzazione e della produzione di massa.
È l’effetto delle leggi? Le leggi che disseccano la coppia avrebbero reso la coppia stessa insignificante di fronte agli altri rapporti sociali. Non è così in Francia o negli Usa, dove il divorzio è normale da un paio di secoli. È l’effetto di un certo femminismo, che ha appiattito, con cristiana voglia di purificazione – purificare è sterilizzare (desertificare) – i rapporti personali. Senza tramutarli in amicizia o in comprensione – se non sempre entro lo schema dell’one-upmanship(ogni gioco di superbia si rifà a Dio). Un femminismo autoctono, già di seconda o terza generazione, anteriore dunque a quello politico, in cui i genitori hanno abbondantemente disseccato i figli.

Famiglia - È – dovrebbe essere – il luogo dell’amore. Per questo è in crisi: vi si scaricano tutte le tensioni, vere, somatizzate, storiche (femminismo) della contemporaneità. Il fattore generazionale può contribuirvi, soprattutto ora che il ricambio si accelera, ma solo in teoria: i ragazzi d’oggi sono molto più legati ai genitori di quelli degli anni Sessanta, della modernizzazione intesa come fuga o autonomia. Quello che manca è l’istinto dell’amore, supplito dalle pulsioni al mercato (consumo), ostensive-gratificanti.
L’amore genitori-figli, sottostimato da Freud come ogni altra pulsioni positiva e non distruttiva, è probabilmente il più bello (naturale): la famiglia africana e quella araba ne ricevono una particolare luce. È fiducia, è intelligenza, è ricchezza. Non essere amati è la dinamo della nostra nevrosi – dell’incapacità di amare.

Fantasia - È la dote più economica (cheap) che ci sia, un bene da magazzino popolare. Eppure molti ne mancano.

Femminilità – In tutte le epoche, e molto prima dell’ideologia mediterranea della sottomissione, o della Madre Divorante, è stata ritenuta fonte pura del piacere (gaudio), non come vaso ma come presenza. Solo oggi, per la prima volta, viene negata e derisa.

Fenomenologia – È vivace ma è falsa. E poiché si pone sulla via della verità, è insopportabile.
È opportuno liberarsi della sua pretesa di verità: strutturalismo, semiologia, anche l’ermeneutica. Nessun segno ha significato, vedi il linguaggio. Tutto, anche i segni, è opus incertum Che la fenomenologia però rischiara in modo sgradevole, come uno sciamano goffo.

Filosofia – È da tempo grammatica: morfologia, sintassi, etimologia. Lo stesso estetismo trito postmoderno è grammaticale (retorico). Il pensiero debole riedita la questione umanistica fra grammatica e filosofia, risolvendo questa in quella – all’opposto di Marsilio Ficino e Pico, che volevano risollevare, nonché la filosofia, la stessa retorica dalle trovatine dei grammatistae.
Molto faticosa questa identificazione nei francesi, Foucault, Barthes, Serres, Derrida, Blanchot… Laboriosa e inutile. Non appassionante anche, a parte le battute di spirito.

Finzione – Non è artificio. La finzione è un sistema conoscitivo parallelo: come se, rebus sic stantibus, lo specchio… L’artificio è una tecnica, basata sul falso (fake), la finzione è un sistema (trappola) di verità.

Foucault – Sesso, da intendersi membro virile, metafora del potere. Proprio oggi che la virilità non conta più nulla. O è quello del gay per (e contro) il gay? Un potere circoscritto, categoriale. E un potere plurale, in questo senso condiviso.
Ecco perché il pluralismo era – è – del membro virile. È anche un potere-contro – vedi il Foucault gioioso untore di Aids. Una democrazia del c. - doppio - si potrebbe anche dire. Gadda e il suo priapo mussoliniano sono un caso di sudditanza. Mano ai manici!

Futuro – È sempre “migliore”. Consente di aggiustare il tiro sulle cose che non vanno. E un’idea: l’idea del futuro, equivalente della speranza.

Identità - Non si può essere se stessi da soli: nelle epoche di riflusso – di microidentificazione, di stanchezza – è quindi un problema, insolubile. Anche perché, tema del Novecento, non è stato preso per i capi giusti, lungo tutto il secolo, da Freud (animalità), Pirandello (relazione), Joyce (disintegrazione), Heidegger (piccolo nazionalismo), Hesse, beat, Vattimo (adolescenza).

Freud l’identità vuole confliggente. È un tentativo di uscire dall’indistinto della natura in cui egli stesso precipita l’umanità, quindi di comprensione. L’identità conflittuale come una forma di assertion, di esercizio di potere. Perché tutte le forme conoscitive nostre, occidentali, anche i rapporti più intimi, sono forme di controllo, e quindi di dominio.
Ma resta forte l’identificazione di gruppo: la famiglia, il genos, la storia (cultura). Residuo dell’identificazione panica, fra terrore e rilassamento totale. Nella spinta all’individualismo (isolamento) che ha preso l’ansia di conoscenza-controllo, quell’identificazione beneficia anche dell’attrattiva della nostalgia.

Kant dice il senso della comunità forte presso i poveri, gli svizzeri per esempio, e i tedeschi di Vestfalia “Antropologia dal punto di vista pragmatico”: quanta ingenuità in questo pragmatismo), mentre per i ricchi patria ut bene. È lo spirito del rinascente capitalismo (mobilità, urbanizzazione, intrapresa). Non c’è nessuno che sia felice da solo. Né c’è cosmopolitismo senza radici.

La commozione e il “chissà se ci rivediamo” delle persone gravemente inferme esprimono il dispiacere per la perdita incombente degli affetti, la non oscura paura della morte. È il timore di un’attesa deprivazione, ma riguarda il rapporto con gli altri e non la perdita di se stessi.

Intolleranza - È connaturata più spesso ai migliori (puri, disinteressati, modesti, angelici). Intollerantissimi sono stai i Fraticelli, eredi di san Francesco, antisemiti, dispensatori di patenti di eresia e ogni ombra, che volevano semplicemente una chiesa povera. Se avessero vinto, il mondo avrebbero bruciato con i roghi. Lo stesso poi con i domenicani. E ora con i khomeinismi, i qaedisti, i salafiti.

Neo Impero – L’equilibrio del terrore necessiterebbe la moltiplicazione e la diffusione delle armi nucleari, testate e vettori: finita l’era dei due gendarmi, l’equilibrio non può che essere pluralistico. Una forma di democrazia nucleare, che però sarebbe incontrollabile, e quindi per se stessa nemica dell’equilibrio.
L’alternativa sarebbe sempe il disarmo generalizzato. Ma se Hobbes ha ragione, se un disarmo non è possibile, allora ecco l’imperialismo imporsi, nella forma dantesca o tardo-medievale del dominio dell’Uno, Astrea.

zeulig@antiit.eu

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